Usa fra Fed e tensioni con Pechino, le prospettive per le ultime settimane del semestre

A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte Sim

Mentre poco alla volta si fa il conteggio dei danni causati dal virus all’economia, iniziano anche ad emergere alcuni temi che potrebbero caratterizzare i mercati nelle prossime settimane. In particolare, stanno emergendo due filoni:
un’inversione dei ruoli tra Fed e amministrazione Trump, la prima molto preoccupata per gli sviluppi post Covid e pronta a nuove manovre concertate con il governo. Dall’altra parte l’amministrazione Trump che, pur non negando la necessità di nuove manovre, non appare però essere particolarmente frettolosa al punto che Trump ha dichiarato ieri “Unlimited’ Fed tools available, but U.S. won’t need”.
Intensificazione del contraddittorio Usa/Cina su tre fronti:
– le accuse sui danni arrecati dal virus;
– la disputa commerciale sul rispetto dell’accordo di primi livello dal lato cinese;
– il tema Hong Kong, dopo che è emersa l’intenzione cinese di procedere a una legge sulla sicurezza di emanazione del Congresso cinese che comporterebbe forti limitazioni alle libertà individuali a Hong Kong.

Fino ad oggi, il forte flusso di liquidità immesso dalla Fed (il bilancio ha superato i 7mila miliardi di dollari dai 4250 ante virus) insieme alle manovre governative di circa 3000Mld$ (alcune delle quali a quattro mani con la Fed), aiutano a spiegare buona parte del forte recupero dei listini dai minimi di marzo. A ciò si aggiunga la probabile coda di un incremento del flusso retail sui mercati azionari Usa. Ne è testimonianza il forte incremento dei nuovi conti aperti presso broker online statunitensi tra marzo e aprile, in parte legato alla necessità di trovare nuovi approdi su cui scommettere diversi da quelli sportivi, in presenza del lockdown che ha impedito appunto lo svolgimento di diverse manifestazioni sportive.

Lo scenario delle prossime settimane potrebbe pertanto contemplare una maggiore enfasi sulle dispute aperte con la Cina da parte degli Usa il che porterebbe gli operatori a un maggior focus anche sui danni post virus all’economia con possibile temporanea penalizzazione dei mercati.

Tutto questo potrebbe rendere più agevole per Trump presentare solo a quel punto (verso fine giugno) un nuovo piano di stimoli molto incentrato su taglio delle tasse e varo di nuove infrastrutture anziché sul salvataggio degli stati in difficoltà come richiesto invece dai democratici, anche perché i governatori degli stati più indebitati presentato colore democratico. In altri termini la ripresentazione di una emergenza finanziaria indotta in parte dalle tensioni con la Cina e in parte dalla maggiore presa di consapevolezza dei danni micro e macro post virus, potrebbe facilitare l’approvazione di un piano secondo filoni più graditi a Trump in vista delle presidenziali di novembre. A quel punto un ulteriore forte intervento della Fed (ad esempio ampliando gli acquisti anche ad Etf azionari) rappresenterebbe la ciliegina finale.

Tutto questo sempre all’interno di un trend di fondo guidato dalla liquidità che consente in ogni caso di fare da paracadute ai mercati. I temporanei vuoti d’aria diventano pertanto solo un modo per richiedere altra liquidità. In questo contesto, il dollaro potrebbe completare la sua fase di apprezzamento entro giugno arrivando fino ad area 1,05 verso euro per le seguenti ragioni:
• temporanea fase di risk off;
• effetto scarsità del dollaro: le forti immissioni di dollari indotte dall’ampliamento del bilancio Fed sono per ora più che bilanciate dalle cospicue emissioni di Treasury pari a 2999 Mld$ nel trimestre in corso;
• attesa di ulteriori manovre Bce che contribuirebbero a indebolire l’euro in vista di un ampliamento quali/quantitativo del piano Pepp.

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