Per la serie “Anche i ricchi piangono”, nemmeno la ricca Svizzera si salverà dalla crisi ecnomica innescata dalla crisi del Coronavirus. Secondo quanto infatti riportato dal sito web della Rsi, l’economia elvetica soffrirà enormemente le conseguenze della pandemia. E a dirlo è il presidente di Economiesuisse, Heinz Karrer, secondo il quale si verificherà un’ondata di fallimenti con una successiva esplosione della disoccupazione a un livello inedito fin dai tempi della Seconda guerra mondiale. Ben peggio quindi di quanto visto anche negli anni Settanta a causa dello shock petrolifero.
Dati che sembrano essere confermati dal barometro congiunturale del KOF, del Politecnico di Zurigo, che in maggio è sceso ai suoi minimi storici a causa dell’impatto del coronavirus sull’economia elvetica. L’indicatore ha subito una flessione di 6,5 punti rispetto al mese precedente, arrivando a 53,2 punti. La caduta è stata ancor più forte di quella della crisi finanziaria del 2008-9.
Secondo Karrer la Svizzera e il Consiglio federale avrebbero fatto “molte cose giuste” nel breve termine, sia per le tasse basse sia in fatto di deregolamentazione. Ma adesso è importante uscire rapidamente dalla crisi, ha aggiunto. Per farlo, andrebbero per prima cosa eliminati i dazi doganali: nonostante il mancato guadagno da parte dello Stato, questo porterebbe benefici all’industria manifatturiera, che con le sue perdite di aprile ha contribuito molto al calo congiunturale rilevato.
Heinz Karrer sostiene anche che il debito di 30-50 miliardi di franchi causato dalla pandemia non dovrebbe essere incluso nel consuntivo, ma considerato separatamente e smaltito in una trentina d’anni. La riduzione progressiva potrebbe venire finanziata con l’utilizzo di riserve di credito del budget della Confederazione, con entrate straordinarie e con la distribuzione dell’utile della Banca nazionale.
Nel frattempo, in questo scenario, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha presentato a Ginevra il suo quarto rapporto sull’impatto della pandemia. Si è parlato di cifre drammatiche che colpiscono soprattutto i giovani: una persona su sei con meno di 29 anni, nel mondo, ha perso il proprio lavoro a causa della pandemia.
“Abbiamo calcolato che nel mondo il coronavirus ha distrutto l’equivalente di 305 milioni di posti di lavoro. A seguito della crisi del 2008 erano solo – si fa per dire – 22 milioni i posti lavoro perduti. Se poi si guarda a coloro che sono stati più colpiti, l’economia cosiddetta informale, coloro cioè che non hanno protezioni sociali e si guadagnano la vita giorno dopo giorno, in altri termini parliamo del 60% dei lavorati al mondo, 1,9 miliardi fra queste persone rischia di vedere la propria vita distrutta”, ha spiegato Guy Ryder, direttore generale ILO.