Diminuzione del risk premium, nuove opportunità nell’Eurozona

A cura di Nadège Dufossé, Cfa, Head of Asset Allocation di Candriam

Non siamo ancora fuori dalla pandemia e il percorso per uscirne sta diventando accidentato – almeno negli Stati Uniti – dove l’evolvere della situazione è meno prevedibile che in Europa. Per questo motivo manteniamo una view cauta a livello globale, integrando il rischio in modo molto selettivo.

I mercati guardano ancora al coronavirus, ma l’attenzione si sta spostando: ci si chiede ora se abbiano integrato la normalizzazione della situazione. Le valutazioni di bond e azioni non sono più a buon mercato a livello globale. A beneficiare maggiormente del rimbalzo sono stati i titoli di qualità, growth e i settori difensivi. Con l’aumento della mobilità, i mercati finanziari si sono in parte ripresi. La riapertura delle economie sta finalmente avvenendo e sta andando bene per la maggior parte dei Paesi. Anche la volatilità è diminuita e il sentiment di mercato è ora più neutrale.

Nell’area euro, dove lo shock ha evidenziato in particolare il divario tra Nord e Sud, la risposta politica sta migliorando in termini di coordinamento tra gli Stati membri. Di recente siamo passati da una sorpresa positiva all’altra: il virus è sotto controllo nella maggior parte dei Paesi della zona euro; il rischio per i Paesi periferici, meno solvibili, è diminuito con i molteplici interventi della Bce; abbiamo assistito a stimoli fiscali e solidarietà; si è fatto fronte al rischio di frammentazione. Poiché abbiamo osservato cambiamenti strutturali nell’Eurozona che potrebbero portare a una diminuzione più persistente del risk premium, abbiamo deciso di concentrare la nostra asset allocation sui settori value, come le banche, in generale sui mercati dell’Eurozona, e sulle obbligazioni dei Paesi periferici.

Anche negli Stati Uniti il governo e la Fed hanno fornito il più forte sostegno monetario e fiscale possibile. Tuttavia, si rimprovera al presidente Trump la cattiva gestione della crisi sanitaria e dei disordini sociali, e il suo tasso di approvazione sta diminuendo in un anno cruciale per la rielezione. La valutazione delle azioni statunitensi è relativamente meno attraente dopo un forte rimbalzo da marzo. Per questo motivo abbiamo deciso di sottopesare le azioni Usa.

Tuttavia, il coronavirus non è di per sé l’unica questione a cui prestare attenzione. Stiamo guardando infatti anche all’effetto domino, da dove inizierà e dove si fermerà, dal momento che al virus sopravviveranno i suoi danni economici. Il percorso di ripresa durerà certamente più a lungo dell’epidemia e così anche le risposte politiche. Un picco – o la disoccupazione persistente, i fallimenti e il calo degli investimenti – potrebbe avere un impatto duraturo sull’economia e noi continueremo a monitorare questi aspetti.

Sul fronte politico, le elezioni americane di solito guadagnano lentamente ma sicuramente importanza nei mesi prima del D-day. Tuttavia, nonostante l’avvicinarsi della data del 3 novembre, non sono ancora un tema caldo per i mercati. Il presidente Trump è stato pesantemente criticato per la sua gestione della pandemia, la crisi economica e dei disordini sociali in seguito alla morte di George Floyd. Mentre il suo tasso di approvazione è diminuito, non solo sono aumentate le probabilità a favore dell’avversario democratico Joe Biden, ma anche a favore di un Senato democratico, con i Democratici che già controllano la Camera dei Rappresentanti. Qualunque sia il risultato, le elezioni presidenziali di solito innescano una certa volatilità sui mercati finanziari e le prossime elezioni non saranno certo un’eccezione.

Allo stesso tempo la fine di giugno segna la scadenza entro la quale il primo ministro britannico Boris Johnson dovrà chiedere all’Ue una proroga per la Brexit, un tema che sta acquisendo sempre maggiore importanza. I negoziati sulle relazioni commerciali hanno fatto finora pochi progressi. Di conseguenza, cresce la preoccupazione di un no-deal al termine del periodo di transizione per l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Potrebbe finire in due diversi modi: un accordo “light” di libero scambio – che incorpori uno scambio delle merci a tariffa zero o a quote zero, ma con significative barriere non tariffarie sul commercio dei servizi – da raggiungere entro la fine dell’anno, il che è un’ipotesi realistica; oppure no-deal al termine del periodo di transizione (o semplicemente una crescente incertezza su un qualsiasi accordo o mancanza di esso), che colpirebbe soprattutto l’azionario Uk.

In questo contesto, consideriamo tutte le opzioni sul tavolo e il nostro universo d’investimento è ampio. Evidenziamo la necessità di copertura e di protezione sulle azioni tramite opzioni, oro e yen. L’Eurozona offre opportunità sia sul fronte azionario sia su quello obbligazionario. Abbiamo una posizione lunga sulle azioni europee e sui settori value rispetto ai titoli azionari Usa. Manteniamo un posizionamento lungo anche sulle obbligazioni dei Paesi periferici rispetto a quelle dei Paesi core. Restiamo underweight sulla duration.

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