Il gruppo genovese Gismondi 1754 a fine marzo registra ricavi in crescita del 57% a 0,7 milioni, ma sul 2020 pesano le incognite per il Covid-19. Il 2019 è stato invece un anno “straordinario”, caratterizzato dalla riorganizzazione societaria e culminato con il debutto in Borsa del 18 dicembre. I ricavi 2019 sono comunque aumentati del 4% a 5,9 milioni, ma l’Ebitda è sceso del 13% a 0,85 milioni ed i margini flettono dal 17,3% al 14,5% per i maggiori costi di marketing e lo slittamento di una vendita a gennaio 2020. Elementi che si sono riflessi anche sull’Ebit, diminuito del 32% a 0,6 milioni di euro e sull’utile, che si dimezza a 0,3 milioni, mentre l’esercizio si chiude con una liquidità netta di 3,4 milioni grazie ai 5 milioni raccolti con l’Ipo. Clicca qui per continuare a leggere l’analisi fondamentale di Market Insight.
Modello di Business
Gismondi è un’antica gioielleria italiana che opera, sin dal 1754, nella creazione, produzione e commercializzazione di gioielli di altissima gamma a marchio proprio. Il valore aggiunto del prodotto è determinato dall’impiego prevalente di pietre preziose e dall’elevata artigianalità che combina design classico e contemporaneo.
Massimo Gismondi, settima generazione della famiglia fondatrice, nel 2011 ha dato impulso al business della storica gioielleria con l’avvio del processo di internazionalizzazione.
Il brand è oggi distribuito a livello retail in boutique dirette in Italia e Svizzera (Genova, Milano, Portofino e St. Moritz), cui si aggiungono il franchising a Praga e altri 12 negozi multibrand, tra Italia, Usa e Russia. Inoltre, la commercializzazione avviene anche attraverso vendite concluse direttamente da Massimo Gismondi di gioielli tailor made (di cui segue personalmente creazione e produzione) in base alle esigenze dei clienti che lo stesso incontra all’interno delle boutique o nel contesto di fiere ed esposizioni o su loro richiesta (special sales).
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