Dopo il recente rally un periodo di consolidamento potrebbe essere alle porte. Superata la fase più complessa, legata alla diffusione su scala globale della pandemia di Covid-19, i mercati azionari hanno rapidamente recuperato terreno, complici da una parte gli interventi straordinari delle autorità monetarie e fiscali e, dall’altra, il miglioramento della situazione sul fronte dell’emergenza sanitaria, che ha permesso di avviare l’iter di graduale riapertura delle attività produttive. In particolare, l’indice azionario globale MSCI World in valuta locale è arrivato a recuperare oltre l’80% delle perdite accumulate da inizio anno e il rimbalzo è stato ancora più marcato per quanto riguarda gli indici americani, con il Nasdaq che ha registrato addirittura nuovi massimi storici. Ne è derivato un incremento della propensione al rischio degli investitori, complice soprattutto il continuo potenziamento degli stimoli sul fronte delle politiche monetarie: la Fed ha cominciato a comprare obbligazioni societarie (corporate bond) sul mercato secondario, la BCE ha rilanciato il QE pandemico (ha incrementato il piano di acquisto di titoli di 600 miliardi di euro, portandolo a 1.350 miliardi e allungandone la scadenza fino a giugno 2021) e la BoJ ha aumentato la dotazione dei programmi di sostegno alle imprese.
La Fed, tra l’altro, come riportano i verbali dell’ultima riunione del Fomc del 9-10 giugno, si è detta molto preoccupata per gli impatti economici del Coronavirus, in termini di crescita e posti di lavoro, e ha ribadito un pieno sostegno alla ripresa, attraverso una politica monetaria accomodante e tassi di interesse attorno allo zero per un lungo periodo di tempo.
Il Recovery fund, recentemente ribattezzato Next generation Eu, è stato definito da molti il “whatever it takes” della politica europea. Secondo la proposta della Commissione Ue, il fondo potrà assegnare fino a 750 miliardi di euro fra sovvenzioni e prestiti, suddivisi tra i diversi Paesi europei, in proporzione all’entità della crisi economica subita a causa della pandemia e finanziati attraverso emissioni obbligazionarie a medio lungo termine. La proposta, che è lontana da una vera e propria mutualizzazione del debito, ne introduce tuttavia una forma embrionale, in quanto a garanzia delle emissioni c’è comunque il bilancio europeo. Rappresenta, peraltro, un primo passo nella direzione di una maggior integrazione fiscale, dato che la Commissione potrà raccogliere risorse anche tramite nuove imposte. L’importanza del Fondo ai fini dello scenario macro si giustifica con il fatto che le risorse dovranno essere impiegate per investimenti sul futuro e saranno erogate a fronte di richieste in termini di riforme strutturali da parte dei Paesi interessati: questi elementi saranno fondamentali per aumentare la crescita potenziale dei Paesi e migliorare la sostenibilità del debito. L’accordo sul Recovery fund non è ancora stato siglato, vista l’opposizione di alcuni Stati, ma la volontà politica di trovare un’intesa sembra forte. Dalla prossima riunione del 17-18 luglio, ci si attende un quadro più chiaro.
Lato politiche fiscali, nuovi interventi espansivi sono stati annunciati in Francia e Germania, mentre negli Stati Uniti si discute di un piano di investimenti infrastrutturali da 1000 miliardi di dollari. Anche il flusso dei dati dell’ultimo mese è stato abbastanza rassicurante, confermando lo scenario base del team gestionale di Anima che la profonda contrazione economica del II trimestre potrebbe essere seguita da un consistente recupero nel III trimestre. A proposito, l’indice Citigroup di sorpresa economica per gli USA, che aveva segnato nuovi minimi storici il 30 aprile, è salito fino a registrare il livello più alto dal 2003.
Tuttavia, rimangono incertezze circa la sostenibilità della ripresa per il IV trimestre di quest’anno, dal momento che l’attuale recupero risulta trainato più dagli sviluppi sul lato dell’offerta, che non dal fronte della domanda, il che suggerisce che le pressioni sui prezzi siano destinate a rimanere contenute. Gli indicatori relativi ai paesi OCSE testimoniano una tendenza ribassista sia sull’inflazione headline che core, con una sola componente in contro-tendenza: i prezzi del cibo e delle bevande non alcoliche, che sono al di fuori dei radar delle banche centrali e certamente non ne minacciano politiche monetarie ultra-accomodanti. Inoltre, alcune misure a supporto del reddito andranno in scadenza durante l’estate e quindi bisognerà monitorare da vicino potenziali nuovi interventi da parte dei Governi. L’applicazione di possibili nuovi dazi dall’Amministrazione
Trump ed un deterioramento dell’evoluzione della pandemia sono ulteriori elementi che potranno creare volatilità in un contesto di crescita globale che rimane ancora debole.
In questa cornice, l’entità e la rapidità dell’apprezzamento degli indici azionari hanno contribuito a creare la percezione di una disconnessione fra mercati finanziari ed economia reale, considerati i vari condizionamenti che l’epidemia determina ancora sulla vita di consumatori e aziende e i dubbi sugli sviluppi futuri. Lo stesso FMI, nella nota di aggiornamento al suo Word Economic Outlook, pubblicata lo scorso 24 giugno, ha espressamente precisato come “il miglioramento del sentiment sui mercati finanziari appaia sganciato dall’andamento delle prospettive economiche, con conseguente possibilità di inasprimento delle condizioni finanziarie”.
La fase positiva dei mercati ha visto una battuta d’arresto nella seconda decade di giugno, quando l’aumento dei casi di Covid-19 in alcuni fra gli Stati americani più popolosi (California, Florida e Texas), l’aggravarsi della crisi sanitaria in America Latina e l’allarme per nuovi focolai in Cina e Germania hanno riportato incertezza in merito all’evoluzione della pandemia e alle sue implicazioni sulla ripresa economica. La probabilità che vengano implementati lockdown generalizzati su ampia scala sembra contenuta, dal momento che oggi si punta a bilanciare gli impatti di eventuali provvedimenti restrittivi sul fronte epidemiologico con le ricadute per l’economia. Ma l’evoluzione dell’emergenza sanitaria (si veda il Grafico 3) non rappresenta l’unica fonte di incertezza nel futuro prossimo. Al Congresso è sempre più acceso il dibattito sull’opportunità di prorogare alcuni programmi di sostegno al reddito e tutela dell’occupazione prossimi alla scadenza, anche alla luce della necessità di sovvenzionare una pluralità di stati ed enti locali sull’orlo del fallimento. In aggiunta, la perdita di consensi di Trump e dei Repubblicani fotografata dagli ultimi sondaggi sta iniziando a spostare l’attenzione degli investitori sugli effetti delle elezioni presidenziali di novembre: se Joe Biden dovesse vincere e il Senato passare ai Democratici, l’aumento della tassazione e della regolamentazione per le imprese non sarebbe apprezzato dai mercati. Trump potrebbe anche tentare di risollevare i suoi consensi inasprendo i rapporti con la Cina e gli altri partner commerciali. In questo contesto, i dubbi sulla dinamica della pandemia e la crescente attenzione sui rischi politici negli USA stanno radicando la nostra percezione che la fase positiva vissuta nelle ultime settimane possa essere in esaurimento, con gli stimoli dei policy makers e l’accelerazione ciclica del III trimestre ormai nei prezzi. Titoli ciclici e low quality hanno recuperato molto da metà maggio e il trend non sembra sostenibile in assenza di un flusso di dati sulla crescita che suggerisca una continuazione dell’espansione anche nel IV trimestre. Nel contempo, il supporto derivante dalle politiche economiche ultra-espansive e dall’enorme stock di liquidità, i progressi a livello terapeutico e scientifico e la scarsa probabilità di lockdown generalizzati nei Paesi sistemici inducono a mantenere una visione costruttiva per il medio termine. L’approccio sui mercati azionari resta, pertanto, tattico e flessibile con l’intenzione di cogliere le opportunità offerte dalle fasi di debolezza.
Mercati obbligazionari e valute
Giudizio costruttivo sull’Investment Grade
Il comparto dei titoli di Stato si è dimostrato molto sensibile agli interventi delle banche centrali e la fase di consolidamento dei rendimenti governativi sembra destinata a proseguire: le aspettative di ritorno e la volatilità prospettica sono basse. Da una parte, le Banche Centrali continueranno a limitare le pressioni al rialzo sui tassi (o rischierebbero di vanificare gli sforzi fatti per sostenere l’economia) e, dall’altra, non si intravedono fattori che potrebbero alimentare un rally significativo (i tassi negativi, in particolare, non sembrano un’opzione nel breve periodo per la Fed). Sarà importante sfruttare il trading range per massimizzare il valore che può essere estratto dai mercati. Resta positivo il giudizio sui BTP, favoriti dal potenziamento delle misure della BCE, dall’aumento dello stock di liquidità nel sistemo economico dopo l’asta T-LTRO III e dal rafforzamento dell’ar chitettura istituzionale europea, mediante l’istituzione del Recovery Fund. I margini di ulteriore restringimento degli spread non sono tuttavia significativi, specie considerando la nostra aspettativa di aumento della volatilità da settembre sulla scorta degli sviluppi politici.
Per quanto riguarda il mondo delle obbligazioni societarie, manteniamo la preferenza per gli strumenti a più alto merito di credito (Investment Grade), che rientrano sotto l’ombrello protettivo della BCE e sono riconducibili a società con bilanci solidi e facile accesso al mercato. Dove la qualità non è elevata, orientarsi verso società sistemiche potrebbe essere una strategia vincente, viste le maggiori probabilità di ottenere supporto pubblico in caso di necessità. Per quanto riguarda le valute si confermano la view negativa sulla sterlina e la neutralità su yen e dollaro.
Mercati azionari
Europa: favoriti i settori coinvolti dal Green deal
Durante l’ultimo mese il mercato azionario europeo ha vissuto due fasi ben distinte: in un primo tempo si è assistito ad un forte apprezzamento dei corsi azionari ed ad una netta rotazione dai titoli growth a quelli value; in seguito, un’importante correzione ha ridotto parzialmente la performance registrata nelle settimane precedenti. Il fattore principale di freno è stato l’aumento del numero dei casi di Covid-19 negli Stati Uniti, che ha riportato l’attenzione del mercato al tema della potenziale seconda ondata di casi della pandemia. Sebbene questo rischio sia presente, le probabilità di una correzione simile a quella di febbraio-marzo sono remote. Inoltre, le politiche fiscali e monetarie rimangono espansive e ciò rappresenta un supporto importante per il mercato. Considerando questi due aspetti, riteniamo che nel breve termine il mercato abbia ancora spazio per una performance positiva, prima di concedersi una possibile pausa nel corso dell’estate.
Inoltre la stagione degli utili è volta al termine: prendendo lo Stoxx 50 come campione, il 53% delle società ha superato le stime degli analisti sull’EPS, con una crescita media dello 0,6% (rispetto alla crescita 7,8% del 1Q 2019). I settori che hanno mostrato una crescita maggiore sono stati healthcare (+9,1%) e materie prime (8,0%). Viene confermata una view neutrale sui mercati europei privilegiando un approccio flessibile.
A livello settoriale, in Europa, la view diventa positiva sul settore delle materie prime: per incrementare tatticamente l’esposizione ciclica del portafoglio, è stato scelto questo settore, sia in virtù delle valutazioni piuttosto ragionevoli, sia come possibile beneficiario della riapertura delle economie globali e di investimenti infrastrutturali. Giudizio costruttivo sul comparto delle utilities, in seguito agli sviluppi del cosiddetto “Green Deal” (ovvero ad un trend di medio-lungo periodo collegato al consolidamento delle tematiche ambientali e alla crescita strutturale delle energie rinnovabili), e alla compressione dei tassi. Inoltre, viene mantenuto un sovrappeso sul settore della comunicazione, sia sulla componente media che telecom. Quest’ultimo, in particolare, beneficia dell’aumento del traffico sulle reti fisse e mobili e delle connessioni a Internet, riconducibile principalmente al crescente ricorso allo smart working. Visione costruttiva, infine, sul settore dell’information technology: le società del settore sono caratterizzate da una crescita strutturale dovuta a macro temi quali ad esempio i Big Data.
Italia: futuro prossimo legato al Recovery Fund
Dopo il periodo di lockdown forzato per contenere i contagi, il mercato si è concentrato sulla graduale ripartenza delle attività produttive, sulla cosiddetta “Fase 2”, – in Italia così come nel resto del mondo – e quindi sulle attese di ripresa economica. In prospettiva, i maggiori beneficiari della situazione attuale risultano essere i settori più esposti ai temi legati agli investimenti strutturali individuati dal Recovery Fund e che, nel breve, si dimostrino resilienti ad affrontare un contesto di distanziamento sociale: in primis, il settore tecnologico, che trarrà vantaggio dalla straordinaria accelerazione del processo di digitalizzazione e il settore delle telecomunicazioni, che dovrebbe beneficiare della maggiore percezione della strategicità di un’infrastruttura che garantisca una connettività efficiente. Inevitabile, poi, un incremento della spesa sanitaria, sia per gestire la fase di emergenza che, in futuro, per “assicurarsi” dal rischio che possano ripetersi episodi analoghi. Prudenza sulla parte più ciclica del mercato (industriali, lusso), in quanto crediamo che la ripresa dell’economia rimarrà soggetta a vuoti d’aria che esigono tatticismo nella loro gestione.
Gli investitori hanno reagito con entusiasmo alla fine del lockdown e alle notizie di politiche fiscali e monetarie espansive; tuttavia, la velocità e la dimensione del rimbalzo (circa 30% dai minimi del 16 marzo) ci spingono a ritenere che da qui in avanti si possa attendere una fase più riflessiva in attesa di conferme sulle modalità di di implementazione del “Recovery Fund” e di maggiore visibilità sulla tipologia della ripresa.
Si conferma pertanto un approccio cauto in termini di esposizione complessiva del portafoglio.
USA: investitori divisi tra contagi e balzo occupazione
Nonostante il record assoluto dei contagi di Covid-19, gli Stati Uniti hanno registrato una crescita più forte delle attese dell’occupazione: le riaperture accelerate decise dal Presidente Trump hanno dimostrato il loro effetto sul mercato del lavoro, che nel mese di giugno ha creato 4,8 milioni di posti, facendo scendere il tasso di disoccupazione all’11,1 per cento. Un risultato positivo sorprendente, che però è stato raccolto prima del 12 giugno e quindi non tiene conto dei licenziamenti avvenuti dopo le richiusure provocate dalla ripresa dei contagi. Le revisioni delle stime di utili aziendali intanto hanno smesso di peggiorare e si sta assistendo ad una stabilizzazione che interessa soprattutto i settori più ciclici. Trump ha festeggiato i dati positivi per l’occupazione, sottolineando che “l’economia sta ruggendo” e dimostrando che le elezioni presidenziali si giocheranno soprattutto sul terreno della ripresa economica, anche se molto dipenderà dal controllo dei nuovi focolai di Coronavirus. La view resta orientata alla neutralità.
Giappone: scarsa visibilità sugli utili
ll mercato giapponese non appare più a sconto, con le valutazioni tornate verso la media degli ultimi 10 anni. Per avere un ulteriore re-rating, sarebbe necessaria maggiore visibilità sul recupero degli utili, visibilità che al momento resta scarsa. Se l’economia globale dovesse mostrare ulteriori segni di miglioramento, molti investitori stranieri tornerebbero a comprare il mercato nipponico e questo è un fattore a supporto. Gli investitori internazionali hanno infatti venduto aggressivamente il mercato negli ultimi mesi e il positioning è tornato a livelli pre-Abenomics. Questo contesto giustifica ancora un approccio prudente e selettivo.
A cura di Anima