Usa vs. Europa, ripresa a due velocità

Sull’onda dei lockdown anti Covid-19, tutte le aree economiche del mondo stanno vivendo una grave recessione economica. “Mentre alcuni stati dell’Unione Europea avevano già dovuto affrontare delle recessioni tecniche negli ultimi anni, negli Stati Uniti il primo trimestre del 2020 ha prodotto la brusca interruzione della fase di espansione economica più lunga della storia, durata oltre dieci anni. L’entità dell’attuale rallentamento della crescita è comunque paragonabile in entrambe le aree geografiche, tuttavia la risposta alla domanda su chi si riprenderà più rapidamente a nostro avviso è molto chiara: gli Stati Uniti”. E’ l’avvertimento di Michael Blümke, portfolio manager del fondo Ethna-Aktiv di Ethenea.

Che poi spiega: “Sono soprattutto i punti di forza degli Stati Uniti, da un lato, e i punti deboli dell’Unione Europea, dall’altro, che ci portano a fare questa, forse ovvia, affermazione. Ma anche le rispettive valute e il diverso peso dei vari settori economici svolgono un ruolo importante. Nonostante un sistema bipartitico spesso conflittuale, gli Stati Uniti hanno processi decisionali più semplici e diretti in materia di politica monetaria e fiscale e possono contare su centri di potere fortemente centralizzati. In termini relativi, le imprese beneficiano di un sistema fiscale favorevole, limitata regolamentazione e un mercato del lavoro molto flessibile. Nonostante la massiccia riduzione delle tasse sugli utili societari entrata in vigore all’inizio del mandato di Donald Trump, oggi si discute più di ulteriori riduzioni fiscali che non di fare retromarcia su questo generoso dono elettorale. Anche se nelle elezioni del prossimo novembre i democratici dovessero aggiudicarsi la presidenza e la maggioranza in entrambe le camere, non ci sarebbero grandi cambiamenti in questo atteggiamento estremamente market friendly”.

In Europa, al contrario, “abbiamo un’unione economica e monetaria (ma non politica), caratterizzata da cicli economici diversi e parzialmente asincroni, oltre che da fondamentali macroeconomici molto diversi. Gli interessi diversi e in alcuni casi divergenti degli stati membri complicano sostanzialmente qualsiasi decisione e, anche durante questa crisi, rendono praticamente impossibile attuare una politica fiscale e monetaria tempestiva e adeguata. In Europa, il consenso politico comporta sempre una perdita di tempo e qualità e di solito sfocia nel consueto tirare a campare”.

Secondo Blümke, l’attuale bilancio dell’Ue non è assolutamente sufficiente per far fronte alle sfide poste dalla crisi Covid-19. “Sebbene il pacchetto fiscale proposto per la zona euro rappresenti un primo passo verso un’unione fiscale e una maggiore solidarietà tra gli stati membri, resta da vedere se e quanto rapidamente tutto questo diventerà realtà. Se il pacchetto sarà attuato, le riforme strutturali nazionali da tempo necessarie saranno ulteriormente ritardate. Sarà anche un test decisivo per i rappresentanti eletti nei paesi contributori netti, che, alle prossime elezioni, saranno ritenuti responsabili delle misure adottate. Questo potrebbe essere un tema, per esempio, per le elezioni del 2021 in Germania. Naturalmente non possiamo dimenticare, accanto alle misure paneuropee, i pacchetti di stimolo, relativamente ampi, che sono stati adottati dai singoli stati. Tuttavia, essi non sono né coordinati a livello paneuropeo né guardano a obiettivi che superino i confini dei singoli paesi. E, dato che hanno dimensioni diverse, è probabile che facciamo aumentare ulteriormente le divergenze tra gli stati”.

Ciò che offre agli Stati Uniti un ulteriore vantaggio è lo stato del dollaro Usa come valuta di riserva globale. La ricerca internazionale di beni rifugio implica che gli Stati Uniti possono finanziare il proprio deficit più facilmente, senza dover accettare un alto rischio di svalutazione. Ciò manterrà bassi i costi di finanziamento sia per il settore pubblico sia per quello privato. Il Vecchio Continente, d’altra parte, ha ancora il problema che la sua valuta è troppo forte per alcuni paesi e troppo debole per altri. La moneta unica non può svolgere la sua funzione di bilanciamento per tutti gli stati.

Infine, continua l’esperto, “il predominio degli Stati Uniti nel settore tecnologico è decisivo anche per la velocità della ripresa economica. A questo proposito, va notato che un gran numero di società sono state molto meno vulnerabili durante la crisi rispetto ad altre e che si sono trovate perfino nella situazione di poter beneficiare del nuovo contesto. I servizi di cloud computing e di pagamento, per esempio, hanno ricevuto ulteriore slancio nell’era del distanziamento sociale”.

Per riassumere, gli Stati Uniti hanno un vantaggio strutturale che molto probabilmente permetterà loro di superare la crisi attuale più rapidamente di quanto farà l’Europa. Tuttavia, raccomandiamo cautela nel trarre conclusioni sugli sviluppi futuri dei corsi azionari partendo da queste considerazioni. Nel lungo termine, inteso come orizzonte temporale ben superiore ai 12 mesi, questi vantaggi si rifletteranno sicuramente in rendimenti degli indici azionari più elevati. Nel breve termine, tuttavia, occorre tenere conto di quanto questa crescita futura sia già stata prevista e sia già scontata nei prezzi. In altre parole, una stima generale basata esclusivamente sul differente contesto delle due aree, senza tener conto dei prezzi attuali, potrebbe rivelarsi rischiosa.

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