Chetan Ahya, capo economista di Morgan Stanley, è ottimista e stima che in 4 trimestri il Pil globale dovrebbe tornare vicino ai livelli pre-crisi Covid. La sua convinzione è che la scoperta di un vaccino entro l’autunno, una crescita dei consumi superiore all’occupazione e le politiche fiscali molto accomodanti (come quelle americane) possano accelerare notevolmente i tempi di ripresa, permettendo un rimbalzo a “V” dell’economia.
Gianni Bizzarri, Amministratore Delegato di Banca Ifigest e fondatore di Fundstore – marketplace specializzato in fondi – ritiene che “in un contesto così incerto stupisca l’andamento controcorrente delle Borse, in particolare, di quella americana”. Per Bizzarri “l’andamento del Nasdaq è veramente incomprensibile. Il divario tra economia reale e finanza in questo momento è molto ampio. La mia impressione è che i mercati siano troppo compiacenti e che la Borsa americana sia sopravvalutata, vista anche la situazione politico-sociale negli Usa. Una motivazione è che il mercato si è riempito di piccoli investitori ‘fai da te’ che comprano e vendono senza un’analisi approfondita e sui trend del momento. Ad oggi il Nasdaq sembrerebbe il vero Hedge al coronavirus con i titoli tecnologici che continuano ad essere attraenti”.
Un esempio di quanto affermato è il caso Tesla. L’azienda di Elon Musk ad oggi rompe il muro dei 1.000 dollari ad azione e capitalizza 190 miliardi: ben otto volte superiore ai ricavi del 2019 pur senza fare un euro di utile, con il titolo che, negli ultimi tre mesi, ha guadagnato il 177%. Tuttavia molti titoli, che hanno prospettive ancora rialziste, sono ad oggi sopravvalutati, con rapporti prezzo-utile fino a 50 volte. Non mancano infatti i dubbi fra gli analisti, diffidenti per questo divario tra mercati e economia reale.
Secondo Andrea Conti, responsabile macro research di Eurizon, i listini mondiali ritroveranno i massimi in anticipo rispetto all’economia reale, mentre gli utili della borsa Usa matureranno con più calma. A suo parere tutto questo “fumo” è sollevato dai tanti investitori che sono disposti ad accettare profitti più bassi (accettando di pagare azioni con multipli P/E alti), perché in questo momento non c’è molto di meglio, dato che gli strumenti a reddito fisso sono ai minimi.
“Questa è una grande sfida per tutto il settore del risparmio gestito e dell’asset management, che ha visto una notevole impennata nella raccolta di denaro anche in Italia”, aggiunge Bizzarri, sottolineando come “i gestori siano in fermento e questo sia un periodo di grandi cambiamenti strutturali, con la crisi che sta accelerando i tempi. Il focus è sempre più sul cliente e sulla personalizzazione dei prodotti”.