Axa Im: la Grecia si salva così

Questa settimana, la Grecia ha emesso obbligazioni per una somma pari a 8 mld di euro, che hanno attirato una domanda superiore a 2,5 volte l’offerta, rassicurando il mercato circa il rischio di default per il paese.
Da oltre un anno ormai, la Grecia sta affrontando la crisi più grave da quando il paese è entrato a far parte dell’Area Euro nel 2001. Dopo un primo warning agli inizi del 2009, quando S&P ha declassato il rating del debito sovrano greco, i timori sono riemersi l’autunno scorso, quando la Commissione Europea ha espresso un’opinione negativa sui progressi realizzati dalle finanze pubbliche elleniche.
Oggi la Grecia si trova con le spalle al muro, costretta a correggere le proprie finanze pubbliche per riguadagnare la fiducia persa. In questo contesto il report di Axa Investment Managers analizza il modello di crescita squilibrato che ha condotto il Paese all’attuale collasso.

In Europa, la Grecia è infatti una delle economie che sta cercando di recuperare rispetto alle altre, registrando un aumento della crescita superiore a quello dei suoi partner, con il Pil che è cresciuto ad una media del 3,8% annuo tra il 2000 e il 2008. Questo incremento, tuttavia, non è stato affiancato da progressi significativi in materia di finanze pubbliche.
Durante gli ultimi anni, i problemi strutturali sono stati mascherati dall’espansione del credito, dai tassi d’interesse bassi e dal boom del settore immobiliare. La dinamica di crescita, unitamente ai fiacchi incrementi di produttività e ad una diminuzione della competitività hanno generato un deficit estero crescente (-14% nel 2008). Con la crisi, la Grecia è anche entrata in recessione a partire dal 4° quarter ‘08. Per il 2009 si stima invece che il Pil abbia subito una contrazione dell’1,3%. Benché tale contrazione sia stata meno forte rispetto a quella dei partner, a differenza di
molti paesi dell’Area Euro, la Grecia non sembra ancora essere uscita dalla recessione. In effetti, nel novembre 2009, la CE ha previsto un calo dello 0, 3% del Pil per il 2010, ancora prima che le fosse presentato il programma di consolidamento fiscale.
La CE ha quindi avviato una procedura per deficit eccessivo contro la Grecia nell’aprile 2009, per la seconda volta da quanto è entrata a far parte dell’Uem,(la prima procedura, avviata nel 2004 è stata chiusa nel 2007), e l’autunno scorso, la Commissione ha espresso un parere estremamente negativo sul programma di consolidamento fiscale greco. In effetti, il disavanzo pubblico del 2009 è stato fortemente rivisto, dal 6,7% al 12,7% del Pil, rimettendo in discussione l’affidabilità dei
dati statistici del paese. Il servizio del debito ha raggiunto il ivello record del 6% del Pil mentre il deficit primario è sceso all’8,2%. In assenza di misure correttive, il debito pubblico raggiungerebbe il 135% del Pil entro il 2011.

A gennaio, il governo ellenico ha presentato un nuovo programma di consolidamento fiscale alla CE, prevedendo una riduzione del deficit all’8,7% a partire da quest’anno e abbracciando il criterio del -3% a partire dal 2012. Questa correzione dovrebbe avvenire tramite un aumento di utili per 7 mld di euro e una riduzione delle spese di 3,6 miliardi. Nel complesso, gli
sforzi di consolidamento fiscale dovrebbero ammontare al 4% del Pil solo nel 2010. Questa drastica correzione è realmente possibile? Secondo Axa è difficile crederlo.
Certamente, in una fase di consolidamento precedente, tra il 1986 e il 1995, la Grecia era riuscita ad ottenere un aggiustamento di 12 punti del Pil, cifra comunque di due volte inferiore rispetto allo sforzo previsto per il 2010. Inoltre, in particolare a causa della crisi, secondo l’OCSE, la crescita potenziale diminuirà dal 3,8% per anno previsto prima della crisi, ad appena il 2,2% dopo il 2011, e
questo potrebbe rendere più complicato il risanamento delle finanze pubbliche. In effetti, anche se le autorità greche sembrano fermamente impegnate ad attuare le riforme strutturali, queste ultime sono piuttosto ambiziose e non perfettamente credibili.

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