Mercati emergenti, Schroders: cinque motivi per cui scegliere un gestore attivo

A cura di Kirsty McLaren, Investment Director, Emerging Market Equities di Schroders

Molti investitori sono attratti dalle società dei mercati emergenti per i tassi di crescita elevati e il potenziale di rendimento, ma la domanda è: come investire in questi Paesi? Soprattutto per i mercati emergenti, riteniamo sia sensato scegliere un gestore attivo, per cinque motivi.

1. I gestori attivi nei mercati emergenti possono capitalizzare sull’evoluzione dell’indice

Nei mercati emergenti le opportunità sono in continua evoluzione. Negli ultimi 30 anni la situazione è cambiata enormemente, con l’apertura dei mercati agli investitori stranieri e il miglioramento dei regimi operativi e normativi.

La Figura 1 mostra come l’indice Msci Emerging Markets si sia trasformato in questo arco temporale. Il principale cambiamento è rappresentato dalla Cina, che è passata dallo 0 al 36% a fine 2019, mentre il peso dell’America Latina si è ridotto di oltre il 20%.

Perché è importante? Viste le possibili evoluzioni future, la capacità degli investitori attivi di anticipare i cambiamenti dell’indice e di investire fuori da esso può fare la differenza. Ciò nella pratica significa che spesso i fondi attivi possono entrare in un mercato in anticipo rispetto alla sua inclusione dell’indice, visto che questo tipo di evento è ben pubblicizzato dai provider degli indici come Msci e un gestore attivo è libero di investire quando ritiene più opportuno, senza aspettare una specifica data.

2. Il dominio degli investitori retail

Anche se non è sempre così, generalmente gli investitori istituzionali hanno più tempo e risorse da dedicare alla valutazione degli asset rispetto a quelli retail. Una maggiore percentuale di investitori informati (come gli investitori istituzionali) in un mercato rende quel mercato più efficiente e riduce le opportunità per gli investitori attivi.

La percentuale di investitori istituzionali, internazionali e domestici, è in media più bassa nell’azionario emergente rispetto a Usa o altri Paesi sviluppati, e in alcuni casi, come in Cina, molto più bassa. La più alta percentuale di investitori retail nell’azionario emergente rappresenta un fattore positivo per i gestori con un processo di investimento solido basato su una ricerca fondamentale.

3. Le performance nei mercati emergenti sono eterogenee, un’opportunità per i gestori attivi

Un elemento da sottolineare è che la parola “emergenti” riguarda il mercato azionario più che il Paese di per sé. I mercati emergenti sono infatti molto diversi e si trovano in fasi di sviluppo differenti. Basti pensare che includono il Qatar, dove il Pil pro-capite è più alto che negli Usa, e il Pakistan, dove il Pil pro-capite è invece circa un cinquantesimo di quello statunitense.

In parte a causa di tale diversità, in questi mercati lo spread dei rendimenti è costantemente ampio. Ciò offre ai gestori attivi opportunità di generare rendimenti superiori alla media, grazie anche al fatto che su molti di questi mercati la ricerca è inferiore rispetto ai mercati sviluppati.

4. Una migliore integrazione dei criteri Esg

I criteri ambientali, sociali e di governance sono oggi più importanti che mai, soprattutto nei mercati emergenti. La disclosure delle società nei mercati emergenti è in alcuni casi bassa e poco regolamentata. Gli standard variano notevolmente e gli azionisti di minoranza possono avere una priorità inferiore, il che spesso porta a performance più deboli dei prezzi delle azioni.

Riteniamo che l’integrazione dei fattori Esg rappresenti un valore aggiunto per i gestori attivi, che incontrando le società possono capire le problematiche specifiche e come vengono gestite.

5. Le performance dei fondi attivi sui mercati emergenti sono migliori

Secondo i dati di Copley Fund Research su un orizzonte di 5 anni a dicembre 2019, circa due terzi dei gestori attivi ha sovraperformato rispetto ai prodotti passivi a cui gran parte degli investitori ha accesso, al netto delle fee di gestione istituzionali. La base è un campione di 222 fondi azionari attivi sui mercati emergenti, per un totale di 350 miliardi di dollari di asset gestiti.

Tuttavia, non è semplice come sembra. È necessario detenere un fondo per più di un anno, preferibilmente tre anni, prima di vedere delle performance affidabili.

Naturalmente, gli investitori retail pagano commissioni più elevate rispetto a quelli istituzionali, il che riduce la performance netta dei fondi attivi rispetto a quelli passivi. Tuttavia, le fee più elevate non rendono di per sé gli Etf performer migliori. Ad esempio, un investitore retail statunitense che avesse scelto in modo casuale un fondo attivo sui mercati emergenti negli ultimi cinque anni avrebbe ottenuto performance superiori in metà dei casi circa.

Di conseguenza anche per gli investitori retail, nonostante le commissioni più elevate, e con una certa due diligence, ha senso scegliere un gestore attivo nei mercati emergenti, soprattutto in un contesto in cui qualsiasi sovraperformance può rappresentare una parte significativa dei ritorni totali.

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