Oro frenato dallo stallo Usa sui nuovi stimoli

A cura di Wings Partners Sim

Entrati ufficialmente nel periodo di scambi più rarefatto dell’anno, i mercati mostrano una certa reticenza a mantenere i progressi fin qui archiviati, scontando le molteplici tensioni sul fronte geopolitico (soprattutto tra Cina e Usa che si apprestano a rivedere i termini dell’accordo commerciale proprio in questi giorni in un contesto di rapporti tutt’altro che facili) e la fase di stallo decisionale in Usa in merito al nuovo pacchetto di aiuti.

Il nodale dato sul mercato del lavoro venerdì porta un risultato migliore delle aspettative con l’aggiunta di 1,76 milioni di nuovi posti di lavoro in luglio ma non riesce a nascondere l’evidente rallentamento nella ripresa occupazionale che conta solo 9,4 milioni di posti di lavoro recuperati sino a ora rispetto agli oltre 21,2 milioni persi nel periodo tra marzo ed aprile. Pesa sull’umore degli investitori anche la prospettiva sempre più concreta di nuovi interventi restrittivi tesi a limitare la diffusione del virus, dopo il record i di casi registrato su base nazionale nel week-end che ha portato il numero delle infezioni a superare quota 5 milioni, il che equivale a una persona infetta ogni 66 abitanti.

I mercati azionari seppur non troppo esaltanti riescono a chiudere la settimana in positivo, con l’S&P 500 che capitalizza un rialzo del 2,4% ed il Nasdaq in progresso del 2,5%; nel frattempo Apple con una capitalizzazione che tocca in chisura di settimana 1,9 trilioni di dollari riesce praticamente a eguagliare la capitalizzazione dell’indice Russel 2000 che rappresenta le piccole e medie imprese, un record senza precedenti almeno negli ultimi 40 anni di storia.

L’evidente esitazione a Washington nel varare un nuovo piano di stimolo, malgrado le reiterate minacce da parte di Trump di ricorrere autonomamente ad un ordine esecutivo, si ribadiscono sia sul dollaro, in progressiva ripresa in queste ore, che sull’oro che dopo il record in area 2.070 dollari sta ora consolidando in zona 2.030 dollari l’oncia.

Di contro la ripresa del biglietto verde e la contestuale riapertura di molti siti produttivi in Cile innescano una violenta fase di prese di beneficio sul rame nella giornata di venerdì, con il metallo rosso in caduta libera ed a tratti sotto quota 6.300 dollari prima di recuperare qualche posizione questa mattina all’apertura dei mercati londinesi.

La fase di avversione al rischio sul rame condiziona negativamente tutto il comparto con il piombo sul limitare dei 1.900 dollari, zinco tornato sotto quota 2.400 dollari e l’alluminio che si allontana dalla soglia psicologica dei 1.800 dollari; per quanto riguarda quest’ultimo metallo il pronosticato rialzo dei premi in Usa a seguito della reintroduzione dei dazi sulle importazioni canadesi si concretizza nell’arco di poche ore, con il Midwest che si porta in chiusura di settimana a 16-17 centesimi per libbra contro gli 11-12 centesimi della precedente rilevazione, un rialzo del 43,5% che non ha precedenti nella storia recente.

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