Inflazione, dai big data la prospettiva di un trend rialzista

A cura di Monica Defend, Global Head of Research di Amundi

L’inflazione negli Stati Uniti e nella zona Euro rimarrà bassa nell’immediato futuro, anche se si profila un certo rischio rialzista nel 2021 per via dell’interazione tra effetti di base multipli e gli shock nelle componenti sottostanti (alimentari, energetici esclusi, servizi). Data la situazione, sarà possibile una graduale normalizzazione dell’inflazione di pareggio. L’incertezza rimarrà elevata per via della percentuale ancora limitata dei prezzi che viene utilizzata per calcolare l’inflazione complessiva. La raccolta completa dei prezzi ritornerà lentamente alla normalità e nei prossimi mesi rivelerà il volto della “vera inflazione”.

Il costo della manodopera rappresenta un rischio potenziale che potrebbe alterare questo scenario (di bassa inflazione) e causare un aumento destabilizzante dei rendimenti obbligazionari. Il quadro del mercato del lavoro è incerto; mentre secondo Eurostat il salario orario ha registrato un brusco aumento nel primo trimestre, la retribuzione per lavoratore della Bce si è abbassata. In futuro il costo salariale unitario potrebbe aumentare per via di un calo della produttività (misure di distanziamento sociale), anche se, nel caso di un aumento duraturo della disoccupazione, le pressioni sui salari potrebbero essere ribassiste. Anche le dinamiche valutarie avranno un ruolo importante e conterranno l’inflazione in caso di protratto vigore dell’euro.

Nei mercati emergenti, il Qe ha stabilizzato le condizioni finanziarie nonché i mercati valutari e quelli del reddito fisso. Quando inizierà la ripresa, l’inflazione potrebbe essere un sottoprodotto della massiccia liquidità (attraverso gli stimoli della politica e la monetizzazione del debito) e i politici dovranno fare molta attenzione a non ricorrere eccessivamente alla leva monetaria in quei Paesi, come la Turchia, in cui l’inflazione è già alta. In Indonesia, le banche centrali hanno varato un programma di condivisione degli oneri con il Ministero delle Finanze: i mercati hanno reagito con prudenza, anche se i dettagli pubblicati non sono particolarmente preoccupanti. Dato l’outlook ancora fluido e la scarsa visibilità sulle ripercussioni strutturali del Covid-19, è difficile fare previsioni sulle dinamiche macroeconomiche. Visti i pochi dati quantitativi a disposizione, abbiamo adottato tecniche di ricerca innovative sui big data.

Gli indicatori ad alta frequenza (dati sulle serie storiche raccolti su una scala estremamente dettagliata) potrebbero darci delle indicazioni per individuare in modo tempestivo i cambiamenti e anticipare i trend. In particolare, abbiamo condotto un esercizio sull’inflazione finalizzato a prevedere una potenziale sorpresa al rialzo in cui sono state raccolte tramite Google Trends serie storiche settimanali di parole rilevanti riferite all’inflazione (ad es. Ipc, oro&inflazione, petrolio&inflazione); in questo modo abbiamo creato il nostro Inflation Focus Track Index interno (si veda il grafico). Abbiamo osservato quanto sono popolari queste parole sul web, calcolato la loro potenza statistica così da prevedere la dinamica dei prezzi, e definito, infine, un quadro di riferimento in cui abbiamo mappato i periodi di tempo in cui sul web la focalizzazione sull’inflazione era alta oppure bassa.

Le recenti politiche non convenzionali, la monetizzazione del debito e i piani fiscali di Trump hanno rinfocolato alcuni timori riguardo all’inflazione. Gli stessi timori erano già presenti nel 2017, ma sono state ridimensionati dalle preoccupazioni riguardo alle guerre commerciali e alla pandemia scoppiata nel marzo di quest’anno. Le attuali rilevazioni dell’indice sull’inflazione sono strutturalmente più alte rispetto a cinque anni fa per via degli stimoli politici. Questo trend probabilmente continuerà in un quadro dominato dalle aspettative di un’inflazione elevata sul lungo termine, anche se sarà soggetto a preoccupazioni temporanee o cicliche riguardo alla crescita. Segnaliamo tuttavia una stabilizzazione temporanea della focalizzazione sull’inflazione per via della recessione in atto e dei timori di nuovi lockdown.

Per concludere, le aspettative d’inflazione negli Usa sono state riviste, ma vi sono delle incongruenze se confrontiamo il tasso swap sull’inflazione a 5 anni in dollari e il NY Fed number. Da ultimo ci attendiamo una normalizzazione graduale dell’inflazione di pareggio. In Europa non vediamo pressioni sui prezzi tali da indurre la Bce a modificare la sua politica di allentamento, ma anche nel caso in cui esse dovessero materializzarsi, la nostra opinione positiva sull’oro e sui titoli ciclici fungerà da copertura.

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