Jackson Hole, Powell: “Occupazione in primis”. La view di Saverio Berlinzani

Il primo simposio di Jackson Hole virtuale ha sancito una svolta della Federal Reserve relativa alle future strategie di politica monetaria. “Si tratta di un cambiamento epocale, che sostanzialmente si concentra sugli obiettivi dell’occupazione anziché fissarsi esclusivamente sul livello dell’inflazione, una grande novità, se ci pensiamo bene, perché finalmente si guarda al mercato reale e non a un “numeretto” che risulta ormai obsoleto alla luce degli accadimenti degli ultimi dieci anni, conditi da una deflazione persistente un po’ ovunque”. Ad affermalo è Saverio Berlinzani, consulente finanziario e patrimoniale, trader indipendente nel mercato valutario e fondatore del sito Saveforex.it, che di seguito illustra nel dettaglio la propria view.

Powell ha chiaramente ricordato che l’economia è in continua evoluzione e il Fomc si deve preparare, per raggiungere i propri obiettivi, ad affrontare le nuove sfide che via via si presentano.

Il Presidente ha voluto ricordare Volcker che gettò le basi per il lungo periodo di stabilità economica, noto con il nome di Grande Moderazione. All’inizio degli anni 2000 la maggior parte delle banche centrali ha adottato il target di inflazione del 2% come modello da seguire, mentre solo con Ben Bernanke l’obiettivo dell’inflazione era già di fatto considerato in modo maggiormente flessibile. La discesa dei tassi di crescita dal 2000 in poi rispetto agli anni precedenti rifletteva il rallentamento della crescita della popolazione insieme al suo invecchiamento, e parallelamente il calo della produttività, hanno spinto per il cambiamento che oggi viene di fatto ufficializzato.

Il calo dei tassi reali ha profonde implicazioni sulla politica monetaria, nel senso che la Fed ha meno possibilità di sostenere l’economia nelle fasi di recessione, non avendo spazio per tagliare ulteriormente i tassi e il risultato è una crescita più bassa unita a maggiore disoccupazione.

La ridotta reattività dell’inflazione rispetto alla rigidità del mercato del lavoro, ovvero l’appiattimento della curva di Philips, ha contribuito a mantenere bassa l’inflazione stessa.

Il documento approvato quindi dalla Fed, all’unanimità, durante il Simposio intitolato “Navigating the decade ahead” introduce di fatto maggiore flessibilità al tasso d’inflazione e ai suoi target, ovvero dei valori che possono oscillare intorno al 2% (average inflativo target). Ciò significa che se per un lungo periodo di tempo l’inflazione è rimasta sotto al 2%, la politica della Fed sarà orientata a lasciar correre l’inflazione al di sopra del 2% per un periodo altrettanto lungo. Ed è su questo punto che si incardina poi l’obiettivo vero della Banca Centrale Usa che diventa quello di sostenere l’occupazione senza il timore che ciò possa provocare impennate dell’inflazione, che era poi la paura che le banche centrali avevano in passato.

Che significa tutto ciò ? Che la Fed vuole inflazione e per ottenerla, non c’è molto altro da fare se non farsi aiutare dall’indebolimento del dollaro, che potrebbe generare un aumento dei prezzi importati e favorire un incremento dell’export.

Ma gli altri saranno d’accordo? La Bce accetterà di buon grado una rivalutazione dell’Euro in aree comprese tra 1.20 e 1.30? Qualche report di grande banca d’affari suggerisce che potremmo addirittura vedere 1.5000 su Eur/Usd nel medio termine. Questa è la vera incognita cari amici, per il resto aspettiamo, il tempo ci dirà chi avrà avuto ragione.

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