Le assicurazioni non possono permettersi di ignorare il cambiamento climatico

“Il riscaldamento globale è ormai innegabile e nessun settore è più esposto ai suoi rischi di quello assicurativo. Non si tratta solo dei costi crescenti derivanti dalle richieste di risarcimento per danni alle cose causati da condizioni climatiche sempre più avverse. Gli assicuratori investono sui mercati finanziari i premi che riscuotono per ottenere rendimenti sufficienti a finanziare le passività. Le stesse società oggetto di investimento sono esposte al rischio climatico, in particolare in riferimento all’esigenza di decarbonizzazione nella transizione verso un’economia a basse emissioni. Tutto questo causa un doppio impatto sugli assicuratori e deve perciò essere affrontato con urgenza. In primo luogo, ci sono i costi: il conto sempre più alto delle richieste di risarcimento per danni causati da tempeste o inondazioni fa sorgere la domanda su cosa sarà assicurabile in futuro. Le imprese vicine alla costa o nelle pianure alluvionali potrebbero essere escluse dalla copertura assicurativa”. E’ quanto sottolinea Ed Collinge, Global Head of Insurance Strategy di Robeco. Di seguito la sua visione sulle prospettive del settore assicurativo.

Il problema ben più grande, però, riguarda le destinazioni degli investimenti delle assicurazioni. Queste tendono a investire in un ampio spettro di azioni e obbligazioni per ripartire i rischi e raccogliere il maggior rendimento possibile all’interno dei propri budget di rischio. Il che include aziende che sono più esposte ai rischi del cambiamento climatico rispetto ad altre, oltre a quelle che affrontano i rischi derivanti dalla necessità di passare a un modello di business a più basse emissioni di carbonio, come i fornitori di combustibili fossili e utility. Le sfide derivanti dal cambiamento climatico per gli assicuratori sono diverse e provengono da più fronti, ma allo stesso tempo essi sono in una posizione privilegiata per poter essere parte della soluzione. In primo luogo, possono scegliere quali società e progetti assicurare. In secondo luogo, possono influenzare il cambiamento attraverso il puro e semplice peso dei loro investimenti, limitando al contempo la loro esposizione al rischio climatico nel processo.

L’Eiopa, l’autorità di regolamentazione assicurativa in Europa, afferma che oltre il 10% degli asset in cui sono investiti gli assicuratori europei è legato a settori esposti agli effetti della transizione in risposta al cambiamento climatico. Ma potrebbero esserci molti altri perdenti nei vari settori a causa degli effetti non prevedibili e non quantificabili di questo cambiamento. Ed è qui che potrebbe risiedere il rischio reale. Le autorità che si occupano della regolamentazione stanno ora iniziando a fare stress test sugli assicuratori per verificare la loro capacità di pagare i sinistri futuri. “Quando le imprese dispongono di asset a lungo termine per far fronte alle passività di lungo termine, dovrebbero considerare se il cambiamento climatico potrebbe avere un impatto sulla loro capacità di detenere tali asset in quel lasso di tempo o sui loro flussi di cassa attesi”, nota l’Eiopa.

È inoltre importante distinguere tra portafogli azionari e a reddito fisso, poiché le strategie obbligazionarie più difensive comportano un minor rischio di investimento climatico, un minor potenziale di rendimento e una minore influenza sull’azienda (che avviene attraverso il voto, e che può essere esercitato solo per le partecipazioni azionarie) rispetto a un portafoglio più aggressivo. Gli assicuratori tendono a preferire i portafogli difensivi che possono essere fino al 90% focalizzati sul reddito fisso, quindi questa può essere una considerazione importante. Le società che offrono soluzioni che contribuiscono a raggiungere gli Sdg potranno essere vincitrici nel futuro e candidate d’investimento interessanti. Sulla stessa linea, le aziende dei settori con impatto positivo sugli Sdg hanno maggiori probabilità di ricevere upgrade di rating e meno probabilità di essere declassate rispetto alle aziende dei settori ad impatto negativo.

Alcuni portafogli mirano fin dall’inizio a una minore impronta di carbonio rispetto al benchmark, come quelli che investono in aziende che danno un contributo positivo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdg) dell’Onu. Molti dei 17 obiettivi sono legati alla lotta contro il riscaldamento globale, mentre il 13esimo (azione per il clima) lo persegue direttamente. Anche i portafogli passivi possono ridurre l’intensità delle emissioni di carbonio grazie all’enhanced indexing, che rimuove i titoli a maggiori emissioni dal benchmark di riferimento, ma senza creare un significativo scostamento dallo stesso. Infine, l’active ownership attraverso il voto e l’engagement può essere uno strumento potente. Robeco è regolarmente impegnata al fianco delle compagnie petrolifere e del gas per accelerarne la transizione dai combustibili fossili alle forme di energia rinnovabile.

Nel complesso, le sfide derivanti dal cambiamento climatico per le compagnie assicurative sono evidenti, ma allo stesso tempo le stesse si trovano in una posizione privilegiata per essere parte della soluzione. Se scelgono di ridurre la loro esposizione alle compagnie che contribuiscono al cambiamento climatico o le incoraggiano attivamente ad apportare profondi cambiamenti ai propri modelli di business, potrebbero agire come una potente forza innovatrice. È anche importante ricordare che le opportunità finanziarie legate al cambiamento climatico abbondano, in quanto le autorità di regolamentazione incentivano sempre più gli investimenti in aziende che effettuano cambiamenti positivi, e questo lascia ben sperare.

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