Obiettivo inflazione: l’analisi di Gam Sgr sull’obbligazionario governativo Usa

“La correzione delle obbligazioni inflation linked legata alla pandemia Covid-19 ha per certi versi ricalcato quanto successo nel 2008. La forte contrazione della domanda dovuta al lockdown e il crollo del prezzo delle materie prime hanno innescato il sell-off dei governativi indicizzati sui timori di un prolungato periodo di deflazione. Il tasso di breakeven del Tip decennale americano ha toccato il minimo a metà marzo al livello di 0,5% mentre quello del governativo australiano è addirittura arrivato a zero, stimando quindi l’assenza di una qualsiasi spinta inflattiva per il prossimo decennio. Naturalmente si è trattato solo di una temporanea dislocazione di mercato. Le vendite forzate da parte degli investitori hanno prosciugato la liquidità e a pagarne le conseguenze sono stati ovviamente i prezzi, anche quelli delle asset class più liquide”. E’ l’analisi di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr.

“Superata la fase acuta della crisi, il calo dall’1,4% allo 0,5% si è rapidamente invertito – continua Mauri Brusa – grazie soprattutto alle misure senza precedenti messe in campo dalla Federal Reserve per incrementare la liquidità e contrastare i timori di recessione. Negli ultimi due mesi abbiamo assistito però a una accelerazione del movimento rialzista, grazie al miglioramento del quadro macro, per quanto riguarda sia il mercato del lavoro che i consumi”.

In prospettiva, secondo l’esperto, anche se il Covid ha avuto conseguenze sui tessuti produttivi ancora difficili da quantificare, ci sono diversi elementi che potrebbero ulteriormente spingere al rialzo le attese d’inflazione: “Il recupero del prezzo del petrolio da livelli estremamente bassi, l’aumento dei disavanzi di bilancio e del rapporto debito/Pil, che potrebbe indebolire ulteriormente il dollaro Usa, la tendenza alla “deglobalizzazione” iniziata con la guerra commerciale Usa-Cina e che ora ha, nella possibile seconda ondata del virus, un’ulteriore motivazione al rimpatrio delle catene produttive”.

Nell’immediato, conclude Mauri Brusa, “è alquanto improbabile che tale rialzo delle stime d’inflazione abbia un qualche impatto sulle decisioni di politica monetaria, anche perché la Fed ha recentemente annunciato che punterà a un obiettivo d’inflazione media del 2%, invece del precedente target fisso al 2%. Questa maggior flessibilità permetterà alla banca centrale di focalizzarsi maggiormente sul sostegno dell’attività economica e dell’occupazione lasciando fluttuare l’inflazione in un range che dovrebbe essere del 1,5%-2,5%. Inoltre, l’emissione record di titoli a lunga scadenza (e quindi duration elevata) da parte del Tesoro americano, combinata con il livello estremamente basso delle cedole, rischia di rendere il governativo nominale molto più sensibile che in passato alle fluttuazioni dei tassi d’interesse. In quest’ottica i Tips, esposti alla componente reale del tasso ma protetti dal rischio inflazione, malgrado la recente performance presentano ancora spazio per un ulteriore rafforzamento“.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!