Mercati, le banche centrali (per ora) contano più di elezioni Usa e Covid

“Dopo una settimana turbolenta in riferimento alla politica Usa e alla Presidenza di Donald Trump, gli ultimi sondaggi mostrano Joe Biden in decisivo vantaggio nella corsa alla Casa Bianca. Con un numero di seggi al Senato per i quali il risultato del voto è troppo incerto per fare previsioni, i mercati hanno assegnato una probabilità implicita del 60% circa a una svolta Democratica, includendo anche la possibilità che i Democratici possano ottenere seggi sufficienti per ribaltare l’ostruzionismo, il che potrebbe implicare cambiamenti molto più radicali per la prossima Amministrazione. Detto ciò, molto può ancora succedere da qui al 3 novembre e vale la pena ricordare che, come oggi, in questa stessa fase nel 2016 Trump era indietro nei sondaggi a doppia cifra rispetto a Hilary Clinton. Tuttavia, sembra che il momentum si stia muovendo in direzione avversa per il Partito Repubblicano e che una non-vittoria di Biden dipenda soltanto da Biden stesso. Di conseguenza, è possibile che i Democratici lo vorranno tenere il più tranquillo possibile, evitando che si scontri con il ‘tweeter in chief’ in questa specifica fase”. E’ quanto sottolinea Mark Dowding, Cio di BlueBay, nel suo consueto commento alla settimana sui mercati. Di seguito la sua analisi.

Cavalcando l’onda democratica

Nonostante il contesto politico, gli asset finanziari sono stati relativamente calmi questa settimana, anche mentre Trump era ricoverato in ospedale. Sembra che gli investitori stiano iniziando a guardare oltre le elezioni verso un vaccino e una traiettoria di crescita più positiva nel 2021, con le banche centrali che continueranno con le loro politiche monetarie ultra-accomodanti a livello globale.

In condizioni normali, la minaccia di una “ondata blu” Democratica dovrebbe pesare sulla propensione al rischio, ma non riteniamo ciò sia così evidente quest’anno. Quando Trump venne eletto nel 2016 si è stimato che l’implicito cambiamento nelle politiche rispetto a Obama abbia spinto al rialzo i titoli azionari del 10% circa, grazie alla promessa di minori tasse. Di conseguenza, la minaccia di una maggiore tassazione con Biden potrebbe essere utilizzata per spiegare un’inversione del 10%. Tuttavia, nel breve-medio termine, il timore di un aumento delle tasse verrà controbilanciato dalla promessa di una spesa pubblica più elevata nel 2021.

In caso di una vittoria schiacciante per i Democratici, l’Amministrazione Biden potrebbe controllare un pacchetto di misure fiscali di 5.000 miliardi di dollari, un valore decisamente superiore a quello dell’attuale richiesta di 2.200 miliardi, che i Repubblicani non intendono approvare. Si tratta di una somma enorme (basti pensare che il Pil Usa è di circa 20.000 miliardi di dollari) e quindi sarebbe comprensibile se i mercati volessero guardare al di là dell’attuale impasse politica, consapevoli che un’ulteriore spesa fiscale non è poi così distante.

Intanto i dati economici continuano a essere positivi. Anche se la seconda ondata di casi continua a crescere e continuano a essere introdotte nuove restrizioni, ciò non ha ancora portato a un deterioramento del sentiment negli Usa. Di conseguenza, sia l’ondata Democratica che la seconda ondata di casi sembrano in crescita, ma i mercati restano tranquilli al momento e gli asset rischiosi hanno visto un positivo inizio del quarto trimestre.

Il pacchetto fiscale dell’Ue non è in dubbio

Le notizie in Europa sono state abbastanza tranquille questa settimana. Nonostante la minaccia di un possibile ritardo nella ratifica dell’iniziativa fiscale dell’Ue, il programma Sure, a nostro avviso è sicuro (!) che passerà, ed è improbabile che qualsiasi ritardo avrà un impatto sul dispiegamento dei fondi.

I Pmi del settore dei servizi hanno registrato un calo notevole in Spagna e in Francia, in risposta ai nuovi lockdown. Nonostante ciò, gli spread sui titoli sovrani continuano a restringersi, riflettendo la speranza che la Bce annuncerà ulteriori misure accomodanti prima della fine dell’anno, ampliando il suo programma di acquisti di asset.

Riteniamo ci sia il rischio che tali speranze vengano disattese e, con i rendimenti ai minimi nell’Eurozona (l’Indice Euro Aggregate di tutti i titoli di Stato europei investment grade, dei bond corporate e delle obbligazioni cartolarizzate è sceso sotto lo 0,0% questa settimana), la Bce potrebbe preferire rimandare al 2021 la decisione su ulteriori stimoli. Sulla base di ciò, riteniamo che sia improbabile che i rendimenti dei Bund scendano ulteriormente in questa fase. I rendimenti europei hanno sovraperformato, anche mentre i Treasury erano in rialzo settimana scorsa.

In riferimento ai Treasury Usa, siamo dubbiosi riguardo al fatto che la Fed permetterà ai rendimenti di salire di molto, soprattutto considerando la probabile assenza di ulteriori stimoli fiscali prima delle elezioni. Se gli investitori dovessero spostarsi dai Treasury e dal fixed-income in generale, è possibile che i bond a 10 anni salgano all’1%. Detto ciò, la bassa inflazione, l’abbondanza di liquidità e la Fed “colomba” potrebbero facilmente riportare i rendimenti allo 0,6% a nostro avviso.

Valute emergenti in rafforzamento

Nel frattempo, le trattative su Brexit restano al centro dell’attenzione nel Regno Unito. Al di là dei titoli di giornale, la nostra convinzione di fondo è che vi sia il desiderio di raggiungere un accordo di base molto presto, e siamo fiduciosi che entrambe le parti scenderanno a compromessi per raggiungere questo obiettivo, che potrebbe realizzarsi addirittura entro la prossima settimana.

Altrove, una forte propensione al rischio ha innescato un rally negli asset e nelle valute dei mercati emergenti negli ultimi giorni. La relativa forza della Cina sta sostenendo il sentiment sui mercati asiatici e supportando i prezzi delle commodity, favorendo così le economie basate sullo sfruttamento delle risorse. Manteniamo una view positiva sul renminbi cinese, sul peso messicano e sul rublo russo rispetto al dollaro statunitense. Allo stesso tempo, abbiamo una posizione lunga sulla sterlina e la corona norvegese contro l’euro.

In un momento in cui a nostro avviso i movimenti dei tassi nei principali mercati dovrebbero rimanere piuttosto contenuti, le politiche divergenti e la performance economica stanno creando un contesto di crescenti opportunità nei tassi di cambio relativi tra le diverse valute.

Il rally degli spread

Anche gli spread sui bond societari hanno registrato un rally a inizio ottobre. Le obbligazioni high yield erano finite sotto pressione a settembre, con gli spread dell’indice che si era ampliato di 50 punti base. Tuttavia, ora questo andamento si è completamente invertito e gli spread sono tornati sui livelli di fine agosto. Gli spread dei bond investment grade sono rimasti molto più stabili, con le obbligazioni corporate europee che hanno sovraperformato, sostenute dagli acquisti della Bce e da un outlook per l’offerta in calo.

Rispetto alla fine del 2019, gli spread sui titoli high yield si sono allargati di circa 130 punti base, contro i 25 punti base di quelli investment grade. All’opposto, un indice di debito bancario CoCo si è allargato di 150 punti base. Con le valutazioni attuali, non vediamo molto valore nel credito di alta qualità, dato che gli emittenti che rientrano negli acquisti della Bce scambiano su livelli di spread molto compressi.

Siamo anche cauti nell’investire in obbligazioni con rendimento più elevato, poiché ci aspettiamo che i tassi di default resteranno elevati per i prossimi 12-18 mesi per via delle ricadute della recessione da Covid-19. Tuttavia, continuiamo a vedere del valore in aree come i CoCo bancari, le obbligazioni corporate ibride e altri segmenti del mercato del credito, e crediamo che gli spread dovrebbero proseguire il rally, grazie alle prospettive di miglioramento dell’outlook nel 2021.

Finché c’è musica si balla, ma è in arrivo un temporale

Guardando avanti, sembra che le elezioni Usa e il coronavirus continueranno a restare sotto i riflettori per i mercati nel prossimo mese. Ci eravamo chiesti se la propensione al rischio sarebbe rimasta contenuta nel periodo precedente al voto per via dell’incertezza. Tuttavia, i movimenti dei prezzi nella scorsa sono stati molto indicativi.

Da molti punti di vista, la malattia di Trump e le prospettive di un’‘onda blu’ avrebbero potuto essere un catalizzatore per un’inversione del sentiment di rischio, ma ciò non è avvenuto. Con la liquidità che attende “in panchina” e gli investitori pronti a comprare su ogni ribasso, sembra che i mercati siano riusciti a scavalcare il “muro della preoccupazione”. Probabilmente è in arrivo un temporale, ma per ora la musica è accesa e si continua a ballare.

Si ha sempre di più l’impressione che l’attuale Presidente degli Stati Uniti ormai non conti più molto. Per Trump, questa consapevolezza potrebbe essere ancora più difficile da affrontare di quanto lo sia stata la malattia da Covid-19.

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