L’orso ormai ferito mostra gli artigli, tanto aggressivi da spingere i suoi avversari a proporre l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla sua capacità di esercitare il potere. L’orso Trump sembra turbato da una campagna che gli sfugge di mano. Ondate di sondaggi anti-repubblicani si infrangono su un presidente già indebolito. Un maremoto democratico, ora possibile, potrebbe dare ai Democratici il potere in Senato, oltre alla Presidenza e alla Camera dei Rappresentanti.
Da quando è stato dimesso, Trump si lascia andare a sfoghi e attacchi di ira costanti, cambiando parere senza soluzione di continuità. Dopo aver annunciato di voler chiudere la porta ai laboriosi negoziati sul nuovo piano di stimoli fa marcia indietro e comunica l’attuazione di misure mirate alle piccole imprese e alle famiglie in difficoltà. La decisione del comitato di campagna bipartisan di organizzare un dibattito virtuale il 15 ottobre ha praticamente fatto uscire l’inquilino della Casa Bianca dai gangheri. In una campagna già povera di scambi diretti con la popolazione potremmo assistere a un ennesimo voltafaccia.
Eppure, i mercati finanziari sembrano immuni ormai di fronte al carattere vulcanico del Presidente americano. Del resto, negli ultimi giorni è diminuita parecchio la volatilità delle azioni, segno che il nervosismo presidenziale non si trasmette agli investitori, probabilmente perché una chiara e difficilmente contestabile vittoria democratica diventa ogni giorno più credibile. Simile scenario potrebbe mandare i bears – gli “orsi” come vengono definiti gli investitori pessimisti – in letargo già a novembre, siano essi animali politici o finanziari. Ma il ricordo dell’elezione a sorpresa del 2016 non dovrebbe farci dimenticare che non bisogna precipitarsi e vendere la pelle dell’orso prima che sia stato ucciso.