Regole bond, in tutela dei grandi affari… istituzionali

di Pompeo Locatelli

…a danno dei piccoli risparmiatori, si disse all’epoca, occorre alzare una muraglia tra i prodotti destinati al largo pubblico e quelli per gli investitori istituzionali. La logica, a prima vista, è inattaccabile. Salvo che la Muraglia è destinata a sbriciolarsi nel corso del tempo: tali bond, infatti, possono essere ceduti al largo pubblico dopo un certo periodo, in cui è stata testata la presunta pericolosità. Il che non convince: nessun bond, per rischioso che sia, è destinato a saltare nel breve termine, non fosse che per l’elementare considerazione che la liquidità incassata via obbligazioni fornisce comunque prezioso ossigeno alla società.
I problemi, come dimostra proprio l’esempio della vecchia Parmalat, possono manifestarsi assai più avanti, quando gli “istituzionali” hanno già incassato un pingue profitto. Gli esempi non mancano. Prendiamo l’obbligazione convertibile Bulgari, indicizzata al valore delle azioni. Il prestito al valore nominale emesso all’inizio della scorsa estate sotto la regia di Goldman Sachs presentava senz’altro condizioni vantaggiose: un prezzo massimo di conversione dei titoli Bulgari a 5 euro ciascuno (il 28% in più della chiusura al 10 giugno 2009, contro un valore di mercato oggi superiore a 6 euro), durata quinquennale anche se è prevista la richiesta anticipata di rimborso, una cedola semestrale corrispondente a un valore annualizzato del 5,37%. Insomma, un ottimo affare anche a non tener conto dell’appeal speculativo dell’emissione: nel 2014 infatti, in caso di conversione integrale del bond la famiglia Bulgari rischia di perdere la maggioranza a meno che non scatti il paracadute di un robusto buy back, a protezione del prezzo delle azioni sottostanti il prestito. Un buon affare, insomma.
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