Aumenta la presenza delle banche estere nei settori strategici

Presentato oggi l’Annual Report Aibe, che da 1o anni monitora la presenza e il contributo delle banche e degli intermediari finanziari esteri al sistema economico-finanziario italiano.

I principali dati

Le filiali di banche estere in Italia sono 78 a fine 2019. Le banche estere detenevano in portafoglio, a fine 2019, poco meno del 3% dei titoli, con una prevalenza di titoli del debito pubblico, ed intermediavano circa l’11% dei depositi da clientela.

Crediti alla clientela

Secondo un’indagine condotta da Abi su dati Banca d’Italia, nel mese di dicembre 2019, i prestiti – concessi dal sistema bancario – a soggetti residenti in Italia ammontano a 1.681 miliardi di euro, di questi 1.274 miliardi di euro sono specificatamente rivolti a famiglie e società non finanziarie (circa il 76% del totale). Nel medesimo periodo, secondo fonti Banca d’Italia, la quota di mercato delle banche estere – in termini di impieghi complessivi alla clientela – si è attestata pari al 15,6%, in lieve crescita rispetto al dato di fine 2018.

La composizione dei settori non ha evidenziato variazioni significative: famiglie e società non finanziarie sono rimaste i clienti predominanti delle banche estere, con una quota di mercato, rispettivamente pari al 22,9% con riferimento alle famiglie e al 14,9% con riferimento alle società non finanziarie.

L’attrattività del sistema-Italia e il ruolo degli investitori esteri sul debito pubblico

A fine 2019, gli investimenti diretti esteri (Ide) in Italia evidenziano un flusso in entrata di circa 26,6 miliardi di dollari, con un peso dell’1,3% sul Pil e meno del 2% a livello mondiale. Il rapporto tra stock di Ide e Pil (22%) evidenzia come l’Italia sia ben distante dai competitors europei.

Secondo il rapporto Aibe Index, l’indice sintetico realizzato da Aibe con la collaborazione del Censis, l’Italia si posiziona all’ 8° posto (rispetto ai 10 principali paesi a livello internazionale) in termini di capacità di attrarre investimenti esteri. Le debolezze evidenziate dal rapporto sono ben note e riguardano la burocrazia, la giustizia, il fisco, incertezza del quadro normativo.

Nel corso del 2018 è proseguita la crescita del debito pubblico italiano (2.410 miliardi di euro a fine 2019, con una crescita – in rallentamento rispetto all’anno precedente – dell’1,2% su base annua). A fine dicembre 2019, lo stock di debito pubblico detenuto da investitori non-residenti è risultato pari a circa 760 miliardi di euro (32% del totale), in aumento di circa 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Secondo i dati di Banca d’Italia, nella prima metà del 2020 lo stock era diminuito fino a 688 miliardi di euro, soprattutto in febbraio e marzo, a seguito di importanti deflussi in conseguenza dell’incremento della volatilità sui mercati finanziari con lo scoppio della pandemia. I deflussi si sono sostanzialmente arrestati nel mese di aprile.

Il sostegno agli investimenti

Il 2019 si è caratterizzato per una significativa contrazione dei prestiti sindacati, del mercato dell’M&A e del comparto del private equity e del venture capital. In leggera ripresa le cartolarizzazioni. In ciascuno di tali segmenti banche e intermediari esteri hanno svolto un ruolo primario a supporto degli investimenti delle imprese italiane.

Nel 2019, il mercato italiano dei prestiti sindacati è calato – in termini di controvalore emesso – da 67 a 40 miliardi di euro. I bookrunner esteri hanno partecipato al 73% dei collocamenti (68% nel 2018), in via esclusiva (11% del totale) o in consorzi internazionali con banche domestiche (62% del totale). Nel corso del 2019, i bookrunner stranieri hanno supportato principalmente le imprese italiane attive nei settori dell’automotive, dei macchinari industriali e dell’Utility & Energy.

Nel 2019 il mercato italiano del private equity e venture capital ha registrato la chiusura di 370 operazioni, per un controvalore complessivo di circa 7,2 miliardi di euro, in calo rispetto ai 9,8 miliardi del 2018. Con riferimento alle risorse investite, gli investitori esteri hanno contribuito per circa 4 miliardi di euro (sui 6,7 complessivi), in calo nei volumi e per incidenza rispetto all’anno precedente.

La raccolta ha subìto un forte calo, con valori dimezzati, a 3,4 miliardi di euro, rispetto al dato del 2018 (7,4 miliardi), che ha interessato sia la raccolta indipendente, sia i fondi pan-europei con base in Italia.

Nel comparto delle cartolarizzazioni si è confermato il trend di crescita dell’anno precedente, sebbene i volumi complessivi delle operazioni di Abs e Mbs (poco meno di 8 miliardi di euro) siano ben al di sotto dei volumi pre-crisi finanziaria del 2007. Tutte le operazioni realizzate nel mercato italiano, tranne una, hanno visto la presenza di operatori esteri con ruolo di bookrunner.

Nel 2019 il mercato italiano dell’M&A ha subìto una significativa contrazione, da 94 a 52 miliardi di euro, mantenendosi positivo solo il trend dei volumi, con il numero delle operazioni che ha toccato il massimo assoluto, a 1.085 transazioni completate. Le operazioni cross-border in entrata sono state 317 (30% del totale), per un controvalore di circa 18 miliardi di euro (34% del totale, in aumento di circa 14 punti percentuali rispetto al dato del 2018). Tre delle prime 10 operazioni più rilevanti sono state deal “estero su Italia”. Gli advisors esteri sono stati coinvolti nell’81% delle operazioni (in valore).

L’Export Finance: le garanzie finanziarie a supporto della crescita delle imprese italiane all’estero

Secondo i dati del gruppo Sace, nel 2019 le garanzie finanziarie prestate a supporto della crescita delle imprese italiane all’estero sono diminuite da 18,8 a 11 miliardi di euro, mentre nel primo semestre 2020 si sono attestate a 4,2 miliardi, verosimilmente anche in questo caso risentendo in modo negativo della contrazione del commercio mondiale conseguente all’esplosione della pandemia. Sul totale delle risorse impiegate, le attività di Sace a sostegno dell’export (8,1 miliardi di euro) incidono per circa il 74% del totale, dato in leggera crescita rispetto al 2018. Il restante 26% è rappresentato dalle risorse finanziarie a sostegno dell’internazionalizzazione, equivalenti a 2,8 miliardi di euro di valore. Il 56%delle garanzie concesse ha sostenuto prestiti erogati da operatori stranieri (6 miliardi di euro), per lo più provenienti da Francia (28% delle garanzie finanziarie), Regno Unito (7%) e Spagna (6%).

Le garanzie finanziarie sul credito all’export concesso da intermediari esteri, sebbene in forte calo in valore (da 6,7 a 5,2 miliardi di euro), rappresentano circa il 64% del totale garantito sul credito all’esportazione e circa il 47% delle risorse totali impiegate da Sace. Con riferimento all’internazionalizzazione, le garanzie concesse agli operatori stranieri sono diminuite da 2,2 miliardi a 974 milioni di euro e hanno rappresentato, nel 2019, il 34% del totale garantito per l’internazionalizzazione, ovvero il 9% delle risorse totali impiegate da Sace.

Il mercato dei capitali di debito e di rischio

Nel 2019 il mercato dei capitali di debito e di rischio hanno registrato un trend crescente, che ha altresì confermato il ruolo primario degli intermediari esteri a supporto delle operazioni di collocamento di titoli da parte di emittenti domestici.

Con specifico riferimento alle emissioni di strumenti di debito, i bookrunner esteri hanno assistito, in via esclusiva o in consorzi internazionali, circa il 91% delle operazioni in valore (81% nel 2018). Se consideriamo le tranche di maggior valore (almeno 1 miliardo di euro), si evidenzia che i bookrunner stranieri sono stati coinvolti in 31 delle 34 operazioni, per un valore totale di circa 63,7 miliardi di euro, pari al 45% del totale. L’incremento di operazioni rilevanti ha certamente contribuito allo sviluppo di tale mercato, che resta comunque sotto-dimensionato rispetto a quello di Paesi competitors, quali Francia, Germania e Regno Unito.

Sul mercato dell’equity, nel 2019 il controvalore degli scambi effettuati è risultato pari a circa 7,1 miliardi di euro (+2,1 rispetto al 2018), frutto di 55 operazioni (51 nel 2018). Gli operatori esteri sono stati coinvolti in 33 operazioni (60% del totale in volume, ma ben il 97% in valore). Tutte le operazioni di maggiore dimensione sono state assistite da bookrunner esteri, talvolta all’interno di consorzi internazionali che hanno visto la presenza anche di operatori domestici.

I dati riferiti al primo semestre del 2020 evidenziano come i mercati dei capitali abbiano continuato a crescere: tra gennaio e giugno 2020 sono state collocate 106 tranche di emissioni di debito, per un controvalore complessivo di circa 105 miliardi di euro. La pandemia ha verosimilmente modificato le decisioni di funding delle imprese: operazioni di espansione e crescita strategica sono state rinviate, mentre – all’opposto – possiamo ipotizzare che sia cresciuta la domanda di liquidità e credito di breve termine per fare fronte a disequilibri di bilancio conseguenti alla recessione.

Sul mercato dell’equity, il primo semestre 2020 ha registrato un controvalore per nuove operazioni pari a 4,2 miliardi di euro, con una crescita della dimensione media delle operazioni e la conferma del ruolo degli operatori esteri, che sono stati coinvolti in 15 delle 19 operazioni chiuse.

Si conferma il peso degli investitori istituzionali esteri nel segmento Star di Borsa Italiana e su Aim Italia. In quest’ultimo comparto, in particolare, gli operatori esteri rappresentano il 77% del numero complessivo degli investitori istituzionali, con una quota di mercato rispetto al valore degli investimenti pari al 46% (in calo rispetto al 52% dell’anno precedente).

Nel primo semestre 2020 il mercato italiano del private debt valeva, in termini di risorse raccolte, poco meno di 200 milioni di euro, sostanzialmente in linea con i volumi complessivi del 2019 (385 milioni di euro): la componente estera ha una quota di mercato del 51%.
Nel mercato italiano dei Minibond, infine, i fondi esteri detenevano, a fine 2019, una quota di mercato dell’11% (in calo rispetto al 25% del 2018), soprattutto per effetto di una maggiore offerta domestica e il peggioramento delle condizioni economiche del nostro Paese che, ancor prima dello scoppio della pandemia, evidenziavano il rischio di stagnazione e performance più basse rispetto ai principali competitor.

Il risparmio gestito

Nel 2019 la massa gestita (Assets Under Management, Aum) dagli operatori dell’industria del risparmio gestito in Italia è aumentata del 2% circa su base annua, passando da circa 2.017 a 2.307 miliardi di euro, conteggiando gestioni collettive, gestioni di portafoglio. Il patrimonio riconducibile a gruppi esteri è pari a circa 743 miliardi di euro, rappresentando così poco meno di un terzo del totale.

Nei fondi pensione (circa 66,4 miliardi di euro di Aum) la quota di mercato riconducibile a soggetti esteri è pari al 58% (38 miliardi di euro), ed è particolarmente elevata (73%) nei fondi negoziali.

Il credito specializzato: credito al consumo, leasing e factoring

Con riferimento al settore del credito specializzato (credito al consumo, leasing e factoring), i dati sul 2019 evidenziano una sostanziale conferma della quota di mercato detenuta da operatori esteri. Nello specifico, nel mercato del leasing essa è aumentata di poco più di punto percentuale (al 27%), a parità di controvalore (7,6 miliardi di euro).

Nel mercato del factoring il turnover riconducibile ad operatori esteri (42,6 miliardi di euro) rappresenta circa il 17% del valore complessivo del mercato, quota che scende di circa un punto percentuale se si osserva lo stock di crediti outstanding a fine anno (poco più di 10 miliardi di euro, rispetto ad uno stock complessivo pari a 66,3 miliardi di euro.

Nel credito al consumo, infine, la quota dei soggetti esteri è pari al 46% in termini di flussi complessivi di credito erogato (35 miliardi di euro a fronte di un totale di mercato pari a circa 77 miliardi di euro).

La penetrazione delle banche estere in un campione di Paesi europei

Sulla base dei dati Dealogic, la penetrazione delle banche estere nei mercati del debito e dei capitali in un campione di quattro Paesi europei (Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) evidenzia risultati non dissimili da quanto rilevato sul mercato italiano.

Con riferimento alla quota di debito pubblico detenuto da soggetti non residenti, i dati riferiti al quinquennio 2015/19 evidenziano un calo dell’esposizione estera, con un’inversione di tendenza nel 2019, più marcata in Spagna e Italia. Rispetto ai Paesi competitor analizzati, l’Italia presenta il dato più basso (circa 32%) di quota di debito pubblico detenuta da operatori esteri. Solo il Regno Unito ha un dato simile (36%), mentre Francia, Spagna e Germania sono rimaste stabilmente sopra il 50% (valore medio 59% a fine 2019).

Relativamente ai prestiti sindacati, il ruolo degli operatori esteri si conferma significativo in tutti i mercati geografici considerati: la loro quota di mercato in ciascun Paese analizzato è, in media, superiore al 70%. Il mercato italiano, anche in considerazione del calo delle operazioni rilevato nel 2019, è ampiamente sotto-dimensionato rispetto ai competitor: il mercato francese e quello tedesco, ad esempio, sono oltre 3,5 volte quello italiano e si caratterizzano per una dimensione media dei collocamenti più elevata.

Per quanto riguarda il mercato dei capitali di debito, il 2019 ha visto un’espansione di tutti i mercati dei Paesi esaminati, più rilevante nel Regno Unito che risulta nettamente il più grande. L’Italia si presenta ancora in posizione sotto-dimensionata, con la sola Spagna a registrare un mercato dei capitali di debito meno esteso di quello italiano. Più simili sono i dati sulla dimensione media delle singole operazioni e, soprattutto, la rilevanza della quota di mercato detenuta da operatori esteri. In media, la quota di bookrunner non residenti è pari all’88%, con un peso particolarmente elevato dei consorzi internazionali, che vedono presenti grandi banche d’investimento che operano su scala mondiale. Non mancano, infatti, all’interno di tali consorzi, banche e finanziarie nord-americane e asiatiche.

Infine, nel mercato dell’equity, il 2019 ha visto variazioni dimensionali più limitate, per lo più con un’espansione delle emissioni, con l’eccezione della forte contrazione del mercato tedesco e, in misura meno marcata, di quello inglese. La quota di mercato media detenuta dai bookrunner esteri è ovunque significativa (valor medio pari al 91%): in particolare la quota detenuta dai soli bookrunner stranieri è pari a circa il 36%.

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