Da Ethenea dieci previsioni sui mercati finanziari per il 2021

Nel 2021 i tassi resteranno bassi, ma si manifesteranno anche alcune inversioni di tendenza che impongono grande attenzione alle scelte di investimento: in particolare, le banche centrali potrebbero rallentare i piani di QE e lo spread potrebbe rialzare la testa. In scia a questo scenario, ecco di seguito l’outlook in dieci punti dei senior portfolio manager di Ethenea: Volker Schmidt, Michael Blumke e Christian Schmitt.

Liquidità in contrazione sul mercato dei capitali 

Nonostante la massiccia iniezione di liquidità da parte delle banche centrali, la liquidità sui mercati sta diminuendo. Negli ultimi anni le banche centrali hanno ripetutamente acquistato obbligazioni attraverso i loro programmi di quantitative easing. Tuttavia, hanno anche ridimensionato ripetutamente questi programmi. Nel marzo 2020, quando la Bce ha effettuato solo acquisti su piccola scala e la Fed non ha agito come acquirente, ci sono state conseguenze drammatiche quando la diffusione del coronavirus ha innescato una fase di panic selling. In quel momento, i consistenti acquisti delle banche centrali e il basso livello delle scorte delle banche di investimento hanno creato una situazione di bassa offerta, che spinge significativamente al rialzo i prezzi delle obbligazioni quando gli investitori istituzionali, quali le compagnie di assicurazione, i fondi pensione o i fondi di investimento, devono comprare per impiegare la nuova raccolta.

Questa situazione proseguirà anche nel 2021, perché la Bce continuerà il suo Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) almeno fino a giugno 2021, mentre sono già stati approvati e sono in corso di implementazione i programmi della Fed, che effettua gli acquisti in modo opportunistico nei periodi di debolezza e può accelerarli se necessario.

Ancora obbligazioni a rendimento negativo

Viviamo ormai da molto tempo in un contesto di bassi tassi di interesse e la Bce ha introdotto i tassi negativi per i depositi delle banche commerciali già nel 2014. Nemmeno le obbligazioni emesse da emittenti sicuri sono state risparmiate e infatti nel 2016 i tassi dei titoli governativi tedeschi a 10 anni per la prima volta finirono sotto lo zero. All’inizio di novembre 2020, i bond a tassi negativi in circolazione superavano i 17 trilioni di dollari: un ammontare tale che certamente non potrà scomparire in tempi brevi. Quindi le obbligazioni a rendimento negativo rimarranno anche nel 2021. I tassi di interesse bassi probabilmente dureranno per molto più tempo, poiché si tratta dell’unico modo per finanziare l’escalation del debito nazionale. Tuttavia, anche in un contesto simile, esistono opportunità per un gestore attivo di guadagnare molto con poco.

Primi passi indietro delle banche centrali 

I governi e le banche centrali stanno cercando di mitigare l’impatto economico della pandemia di coronavirus con una serie di misure. Il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) per acquisti accelerati di obbligazioni e il programma di ricostruzione dell’Ue “Next Generation Europe” sono gli interventi più noti su questa sponda dell’Atlantico. Inoltre, ci sono in ballo diversi programmi di sostegno nazionali. Anche negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha già acquistato più di 1,8 trilioni di dollari in titoli di Stato e il governo degli Stati Uniti sostiene i consumatori e le aziende con sussidi di disoccupazione e agevolazioni fiscali programmate e non programmate. Molte di queste misure saranno ancora con noi nel 2021. Tuttavia, sarà interessante vedere quando e in che modo le banche centrali e i governi si faranno da parte. Vedremo sicuramente i primi passi in questo senso il prossimo anno.

Alti livelli di indebitamento faranno ripartire lo spread 

A causa delle misure di politica fiscale volte a contenere l’impatto economico della pandemia di coronavirus, il debito pubblico in molti paesi è salito a livelli record e continuerà a crescere. Negli Stati Uniti, il deficit fiscale dell’anno fiscale che si è concluso a settembre era già di 3,1 trilioni di dollari: 2,2 trilioni di dollari in più rispetto all’anno precedente. Nell’Unione europea, parte dell’elevato debito pubblico viene trasferito a livello comunitario. L’Ue diventerà il più grande emittente di obbligazioni nei prossimi anni nell’ambito del programma di ricostruzione “Next Generation Europe”. Tuttavia, la crisi del coronavirus e la recessione economica stanno anche ponendo un enorme onere sui bilanci dei singoli stati. Gli investitori sono ancora disposti a trascurare questo aspetto dal momento che le banche centrali sono pronte a finanziare le lacune. Nel momento in cui la ripresa economica continuerà nel 2021, le differenze tra aree o paesi economici diventeranno evidenti. A quel punto, gli investitori considereranno con maggiore attenzione anche queste differenze nei loro investimenti.

L’Institute of International Finance (IIF) ha calcolato che l’emissione di obbligazioni globali ha raggiunto il record di 12,5 trilioni di dollari nel secondo trimestre del 2020, con il 60% delle obbligazioni sovrane emesse. Nel 2019 il volume era ancora di circa 5,5 trilioni di dollari a trimestre. Le aziende hanno anche accumulato enormi livelli di indebitamento. Attualmente un default di massa è scongiurato grazie ai pacchetti fiscali. I governi stanno assumendo livelli crescenti di indebitamento per stabilizzare la domanda e mantenere a galla le aziende particolarmente colpite attraverso sussidi o prestiti.

La corsa dell’oro potrebbe fermarsi 

Dopo essere rimasto fermo per anni, l’oro è tornato sotto i riflettori con un forte movimento al rialzo. Dal nostro punto di vista, ci sono buone ragioni per aspettarsi una prosecuzione di questo rally nel lungo termine. Sullo sfondo di tassi di interesse nominali semi-fissi molto bassi e di continui tentativi di spingere l’inflazione con misure monetarie, i tassi di interesse reali resteranno bassi anche nel prossimo futuro e forse diminuiranno ulteriormente. Il conseguente graduale deprezzamento delle valute gioverà all’oro nella sua funzione di mantenimento del valore. Un processo che sarà soltanto accelerato dai programmi di quantitative easing sempre più ampi e, con ogni probabilità, irreversibili delle banche centrali. Tuttavia, questo sviluppo non è una strada a senso unico. La recente volatilità del prezzo dell’oro ne è una buona prova.

Declino dei fondi-benchmark 

La crescente popolarità dei prodotti passivi, testimoniata da ulteriori aumenti della loro quota di mercato, non può essere negata ed è anzi ben giustificata. Soltanto il gestore attivo, che offre valore aggiunto per il cliente al netto dei costi, ha una ragion d’essere nel lungo termine – e soltanto un manager molto flessibile e attivo può soddisfare questo requisito. A nostro avviso, la maggior parte dei prodotti relativamente orientati al benchmark sarà sostituita nel tempo da offerte ai margini esterni dello spettro passivo-attivo. Tuttavia, riteniamo prematuro presumere che questo sviluppo si tradurrà in una completa “passivazione”. Riteniamo che la domanda di soluzioni di fondi intelligenti, che in primo luogo abbiano flessibilità e un sufficiente grado di libertà, e in secondo luogo siano disposti e in grado di trarne vantaggio con profitto, resterà presente e crescerà anche con l’eliminazione delle offerte semi-passive.

Il multi-asset come soluzione per i clienti retail 

È risaputo che la diversificazione del rischio, ovvero la proverbiale suddivisione delle uova in diversi panieri, migliora la performance di portafoglio in relazione al rischio. Ma è anche importante che i panieri non cadano per terra tutti insieme: la diversificazione di successo può anche essere applicata alle diverse asset class. Per molti anni, e giustamente, le soluzioni multi-asset sono cresciute nei portafogli degli investitori privati. Questo concetto è oggi più rilevante e necessario che mai, ma è ovviamente legato al tipo di mix. È quindi importante offrire agli investitori privati soluzioni che non solo evitino i rischi ma consentano anche di sfruttare attivamente le opportunità, e che lavorino anche in un contesto di mercato inedito, caratterizzato da tassi di interesse molto bassi.

Bassa inflazione su beni e servizi, alta sugli investimenti 

C’è stato un tempo in cui l’inflazione – positiva o negativa – rappresentava una seria minaccia per i paesi industrializzati occidentali. Nella prospettiva del 2020, sembra che quest’era si sia conclusa con il volgere del millennio. Ciò è particolarmente sorprendente se si considera la politica espansiva delle banche centrali dopo la crisi finanziaria globale. La correlazione piuttosto stretta tra le misure monetarie e l’inflazione di fondo nel XX secolo avrebbe dovuto generare aspettative di inflazione significativamente più elevata a partire dal 2008-2009. Eppure non è successo quasi nulla ai prezzi del paniere di beni e servizi su cui si basa la misurazione dell’inflazione. Al contrario, l’espansione monetaria ha avuto un effetto molto inflazionistico sull’andamento dei prezzi nella maggior parte delle asset class.

È a dir poco improbabile che nel 2021 si verificheranno aumenti dei prezzi sostenuti sui mercati globali dei beni. Sembra quasi certo, tuttavia, che continuerà a sussistere un’ulteriore pressione al rialzo dei prezzi delle principali classi d’investimento in tutto il mondo, date le continue iniezioni di liquidità.

Coesistere con il Covid-19

All’inizio del 2020, il nuovo coronavirus era stato classificato come un fenomeno cinese transitorio, ma dopo poche settimane la pandemia dominava già ogni aspetto della vita in tutto il mondo. Oggi abbiamo imparato molto sul virus e, in molte aree del mondo, ci stiamo adattando alla nuova situazione, mentre è in corso uno sforzo globale senza precedenti per sviluppare un vaccino efficace e sistemi di cura adeguati per combattere la pandemia. I risultati provvisori di questo impegno sono incoraggianti, ma non possiamo sottostimare la strada che resta da fare. Al momento, solo una cosa sembra essere chiara: il Covid-19 non sarà affatto finito entro la fine del 2020. La pandemia avrà un impatto importante anche su, almeno, il prossimo anno.

Titoli value ancora in sofferenza 

Il raffronto tra gli stili di investimento value e growth è una vecchia storia, ma ormai da 14 anni i titoli growth sono strutturalmente in vantaggio nella corsa alla miglior performance. E nonostante i ripetuti annunci sulla fine di questa era, i titoli growth hanno proseguito la loro overperformance rispetto ai titoli value, soprattutto nel 2020. Con la conseguenza che la cosiddetta trappola del valore, che vede gli investimenti bloccati su titoli i cui prezzi non recuperano, sembra essere più grande che mai.

Anzi, i driver di lungo periodo – un’economia globale che cresce lentamente, nel bel mezzo di un’inversione di tendenza tecnologica, e un contesto di tassi d’interesse bassi, nulli o negativi – induce persino gli investitori value a dubitare che la tendenza si invertirà in maniera sostenibile nel 2021. La performance relativa di entrambi gli stili di investimento sarà certamente una delle domande più interessanti per il prossimo anno. La risposta, però, dipenderà più dalla psicologia degli investitori che dall’andamento dei fondamentali.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!