Tre lezioni sulla gestione azionaria apprese negli ultimi cinque anni

“Nel settembre 2015, insieme ad alcuni colleghi e co-gestori di cui apprezzo moltissimo le qualità, abbiamo preso in mano la gestione delle strategie European Equity e Europe ex-Uk Equity. Da allora, abbiamo riprogettato i nostri processi, ottimizzato le modalità di proposta dei prodotti e migliorato le nostre dinamiche di collaborazione. È un buon inizio, ma davanti a noi abbiamo ancora molti altri traguardi da raggiungere. Questo mese, vorrei dunque soffermarmi su tre insegnamenti chiave che abbiamo appreso negli ultimi cinque anni di lavoro”. Lo afferma Ben Ritchie, Head of European Equities di Aberdeen Standard Investments. Ecco le cinque “lezioni” dell’esperto in fatto di gestione azionaria.

1. Mettere in atto le proprie strategie

Innanzitutto, ho capito quanto sia fondamentale avere una strategia chiara e nutrire piena fiducia nel piano a lungo termine che ci si pone. È vero che strategia è una delle parole più abusate nel linguaggio odierno, tuttavia per me ha un significato specifico.

Essenzialmente, comporre una strategia significa operare una serie di scelte che guidano il modo in cui verrà gestito il proprio business. L’insegnamento più importante che ho ricevuto a questo proposito lo devo a un anziano professore di università. Stavo piuttosto maldestramente tentando di sostenere le mie ragioni in materia di gestione aziendale e lui fece un’osservazione illuminante: “Devi sempre ricordarti, Ben, che tutti hanno una strategia, e talvolta è persino uguale alla tua. Ma la domanda è: chi è in grado di tradurla in realtà? Questo è il punto”.

Aveva ragione. In fin dei conti, la maggior parte dei colleghi, in quasi tutte le aziende, ha gli stessi dati a disposizione e osserva gli stressi trend e le stesse dinamiche di settore. Eppure, non tutti sono in grado di compiere scelte chiare e di mettere in atto con successo strategie basate su quei dati. Coloro che ci riescono si distinguono nettamente dalla massa.

2. Trarre forza dal lavoro di squadra

È fondamentale circondarsi di collaboratori intelligenti e dotati di talento che possano contribuire a migliorare la nostra stessa performance. In secondo luogo, è molto importante coltivare una cultura del lavoro di squadra. Nel corso degli anni, ho imparato che altre persone possono saperne più di me, talvolta molto più di me. È quindi fondamentale circondarsi di collaboratori intelligenti e dotati di talento che possano contribuire a migliorare la nostra stessa performance.

Personalmente, trovo molto stimolante lavorare in piccoli di gruppi di costruzione del portafoglio o “capsule” come siamo soliti chiamarli. La collegialità ci offre opportunità di confronto, discussione e condivisione delle informazioni che possono rendere le nostre scelte d’investimento più efficaci.

Ragionare in team ci permette inoltre di suddividere tra noi il carico mentale talvolta associato a un lavoro in cui, per sua stessa natura, molti fattori sfuggono al proprio controllo. Nel contempo, i team sono abbastanza piccoli da consentirci di agire in modo deciso e tempestivo quando se ne presenta la necessità. Questa modalità di lavoro si presta inoltre a una chiara tracciabilità dei risultati. La competenza del gruppo, ancorché piccolo, e l’eterogeneità delle opinioni migliorano la qualità del processo decisionale.

La cultura della collaborazione è molto sentita anche nel nostro team più ampio dedicato ai mercati europei. Ho la fortuna di lavorare, anche in questo caso, con un gruppo di persone estremamente competenti. Nella loro veste di analisti settoriali, rappresentano una vera e propria fucina di idee per la costruzione dei portafogli. Di fatto, senza la piattaforma di ricerca, il singolo fondo non potrebbe funzionare.

Se osserviamo i dati storici, la ricerca immancabilmente aggiunge valore. Il track record delle raccomandazioni degli analisti è solido. Ricordo che quando abbiamo iniziato, cinque anni fa, la performance non era delle migliori. Eppure, il back-testing dimostrava che gli esiti della ricerca erano eccezionali. Il problema era a valle: le idee giuste non entravano nei portafogli o, quando lo facevano, non erano nelle giuste proporzioni. La soluzione? Seguire la ricerca. Spesso i gestori di portafoglio sbagliano proprio in questo: ignorano gli analisti o sono troppo lenti nell’adottare le migliori idee suggerite.

Questo non significa che il confronto e la discussione non siano importanti, anzi. Ma l’esperienza mi ha insegnato che l’onere della prova ricade sul gestore. È compito suo spiegare perché non intende acquistare un titolo con una forte raccomandazione, non spetta all’analista doverlo convincere con le sue motivazioni. È psicologicamente impegnativo, ma non c’è altra strada!

3. Non restare fermi a guardare

Il terzo e ultimo insegnamento riguarda l’innovazione: è fondamentale non perderla mai di vista. Il nostro settore è l’unico in cui viene considerato un bene il fatto di non cambiare i processi adottati. Spesso veniamo apostrofati con la domanda: “Ma allora avete cambiato il vostro processo?”, come a suggerire che cambiare sia qualcosa di terribile. Viviamo in un mondo in cui l’innovazione procede a una velocità fulminea, in cui il ritmo del cambiamento non fa che accelerare. Eppure, nel settore degli investimenti, molti ritengono che adattarsi ed evolversi rappresentino un problema e non una soluzione.

Ho ben chiara in mente la differenza tra coerenza della filosofia d’investimento (che deve rimanere pressoché costante, purché sia improntata a criteri logici e fondata su evidenze empiriche favorevoli) e coerenza del processo. Il processo rappresenta il modo di esecuzione rispetto al perché della filosofia d’investimento. Di conseguenza, ritengo che vi siano ampi margini per migliorare i nostri processi, ivi compreso il modo in cui ci rapportiamo alla ricerca sui fondamentali o utilizziamo i dati e gli strumenti quantitativi nell’ottica di una ottimizzazione dei risultati. Inoltre, il costante sviluppo della nostra comprensione dei fattori Esg (ambientali, sociali e di governance) ci aiuterà a migliorare la valutazione dei rischi e delle opportunità associati a un investimento.

Nel contempo, approfondire la psicologia umana e costruire set di regole per gestire reazioni comportamentali innate sono la chiave per rendere più efficace il nostro processo decisionale. Tutto questo si affianca ai miglioramenti esperienziali che possiamo apportare ogni giorno. Ecco perché sono ottimista riguardo alle nostre prospettive di lungo termine.

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