Economia, mercati finanziari e risiko bancario: come sta cambiando l’Italia

L’economia italiana subirà una contrazione di almeno il 2% nel quarto trimestre, legata all’imposizione dei lockdown soft messi in atto nel mese di novembre. Questi dati sono sostanzialmente in linea con quelli dell’economia europea ma risultano migliori rispetto a quelli di Francia e Spagna, che hanno avuto restrizioni più prolungate e soprattutto la Spagna ha una maggiore esposizione sul settore dei servizi, mentre l’Italia ha una maggiore esposizione sul settore industriale. L’andamento dei Pmi conferma questo: il Pmi manifatturiero di novembre è ancora sopra quota 50 (51,5) a differenza di Francia e Spagna; gli indici di ottobre per i servizi e composito segnalavano già contrazione (rispettivamente 46,7 e 49,2) ma molto meglio di Francia (46,5 e 47,5) e Spagna (41,4 e 44,1). La contrazione di novembre sarà recuperata parzialmente in dicembre e più pienamente nel primo trimestre 2021, posto che si eviti una terza ondata dopo le feste. L’economia italiana tornerà ai livelli pre-pandemia non prima del 2022; supporto fiscale continuo ancora per gran parte del prossimo anno, potenzialmente lasciando il posto al recovery fund verso la fine dell’anno”. Lo afferma Massimiliano Schena, Direttore Investimenti di Symphonia Sgr. Di seguito la sua analisi.

Per quanto riguarda invece i mercati finanziari del nostro Paese, vediamo una forte sovraperformance del Ftse Mib rispetto allo Stoxx 600 nel rally sui vaccini e nella rotazione settoriale, grazie alla composizione favorevole (finanziari, industriali ciclici, energie alternative, vedi Enel) e alle valutazioni depresse, ma finora è stata solo recuperata la sottoperformance da marzo a ottobre. Nutriamo al contempo poca preoccupazione per lo spread Btp-Bund grazie al ridotto premio per il rischio politico domestico e al supporto europeo Pepp+recovery fund; poca difficoltà per il funding dello Stato, grazie alla fame di rendimenti ed alle agenzie di rating più accomodanti.

Risiko bancario

È evidente che in Italia è in corso una nuova ondata di consolidamento del settore bancario, conseguente anche alla crisi economico-finanziaria generata dalla pandemia. Questo deriva anche dal fatto che il settore bancario deve fronteggiare delle problematiche sia cicliche che strutturali e l’M&A è probabilmente una delle poche soluzioni per creare valore. I segnali sono arrivati prima dall’acquisizione di Ubi da parte di Intesa San Paolo e poi dall’Opa del Credit Agricole sul Credito Valtellinese (tra l’altro è probabile che quest’ultima offerta debba essere alzata). Va in questa direzione anche la notizia che Mustier dalla prossima primavera non sarà più alla guida di Unicredit.

Mustier era in disaccordo con il CdA sulle linee strategiche da seguire per la crescita di Unicredit e probabilmente uno degli aspetti di scontro è stata proprio l’espansione in Italia. A questo punto Unicredit ha due possibilità:
• un’offerta su Banco Bpm simile a quella fatta da Intesa su Ubi;
• una più probabile acquisizione di Mps, togliendola dal controllo statale: per mettere in pratica questa operazione lo Stato dovrà però renderla appetibile, un po’ nello stile di quanto fatto con l’intervento di Intesa sulle popolari venete (si parla di un aumento di capitale di Mps precedente all’acquisizione da 3 miliardi di euro e una garanzia sulle cause legali).

Se Banco Bpm non finisce nell’orbita Unicredit è probabile che guardi ad una aggregazione con Bper. A favore di una eventuale operazione Banco Bpm-Bper si è espresso Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol, principale azionista di Bper (con il 20% del capitale).

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