Usa, la doppia vittoria dei Democratici rilancia gli indici azionari

A cura di Wings Partners Sim

Mentre la presidenza Trump si avvia ad un inglorioso epilogo, con crescenti pressioni bipartisan per la rimozione del presidente in carica (ormai solo per qualche giorno) che contemplano anche il ricorso al 25° emendamento o all’impeachment (e la tardiva ammissione di sconfitta e contestuale condanna dei recenti fatti occorsi a Washington sembra aver contribuito poco a placare gli animi, anche se alla Casa Bianca si ventila già l’ipotesi di un auto-perdono presidenziale) i mercati già guardano avanti alla prossima amministrazione, di solido timbro democratico, e alla prospettiva di una pioggia di stimoli di natura fiscale all’orizzonte.

Così gli indici azionari americani si riportano sui massimi di periodo, con circa il 70% delle società quotate allo S&P 500 ieri in rialzo (e tra queste Tesla, che conferisce così oggi a Elon Musk il titolo di uomo più ricco al mondo), il Nasdaq che progredisce di oltre il 2% e il sotto indice Dow Jones Trasportation Average (un buon indicatore dell’attività economica) che segna un nuovo record storico.

Difficile che il sepppur importante dato atteso oggi, ovvero quello sul mercato del lavoro Usa (con un saldo di nuovi occupati previsto a 100mila ma suscettibile di un consuntivo anche più deludente) possa fare deragliare l’entusiasmo mostrato dai mercati in questo avvio di 2021, più probabile però che a questo scopo possa contribuire maggiormente il recente innalzamento dei rendimenti sui Treasury decennali (attualmente in area 1,09%) e il parallelo rafforzaamento che stiamo vedendo nelle quotazioni del dollaro in queste ore (1,2230 contro euro) senza dimenticare che l’amministrazione Biden si, è candidata a implementare stimoli senza precedenti, ma anche una battaglia durissima contro la pandemia dal Covid-19 il che di converso potrebbe provocare, attraverso l’istituzione di lockdown generalizzati e restrizioni di vario genere, un indebolimento dell’attività economica americana nel breve.

Materie prime, la riscossa del petrolio

Nell’ambito delle materie prime, reazioni dissonanti tra i vari comparti, con il petrolio che si avvia a chiudere la nona settimana su dieci in rialzo (circa un 5% su base settimanale) complice anche la mossa dei sauditi nel calmierare la produzione nei prossimi mesi. Ad aiutare le quotazioni del greggio anche l’avvio di quel periodo che vede ribilanciare il peso delle materie prime nel Commodity Index, con un flusso in acquisto di contratti sul greggio stimato in 9 miliardi di dollari nei prossimi 5 giorni a partire da oggi secondo Ctigroup.

In dubbio invece la possibilità che l’oro riesca a chiudere la sua sesta settimana consecutiva al rialzo, dato che dopo l’exploit di inzio settimana, le quotazioni del metallo prezioso stanno subendo pesanti prese di beneficio che hanno ricondotto i prezzi questa mattina sotto quota 1.900 dollari l’oncia, con l’indubbio contributo generato dalla forza relativa del dollaro e dall’andamento dell’antagonista storico, ovvero i decennali Usa.

Infine abbiamo i metalli non ferrosi, e la narrativa rimane la medesima dei giorni scorsi, ovvero un rame iperbolico che questa mattina all’apertura del comparto Lme svetta sopra quota 8.200 dollari salvo dare qualche segnale di rintracciamento come è ormai uso nel corso della mattinata europea, seguito da un nickel che ieri si porta sui massimi da 16 mesi con un picco a 18.200 dollari.

Tuttavia l’andamento di questi due metalli (che fanno parte del comparto definito “green” uno dei maggiori beneficiari delle politiche si stimolo non solo americane ma anche cinesi) stride nettamente con quello del resto del comparto che mostra invero poca attidudine a seguire al rialzo i due metalli anzicitati e anzi in queste ore subisce l’apprezzamento del biglietto verde, con diffuse prese di beneficio particolarmente evidenti sullo zinco in queste prime ore della mattinata, con le quotazioni del metallo in flessione di circa 50 dollari a tonnellata a 2.850 dollari.

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