I ritardi di vaccini e stimoli Usa ora preoccupano i mercati

A cura di Wings Partners Sim

La battuta di arresto manifestata dai mercati a inizio settimana si fa più significativa questa mattina con pesanti prese di beneficio alla chiusura delle contrattazioni sui listini asiatici; a minare l’umore degli operatori non solo i potenziali ritardi nell’implementazione del nuovo piano di stimolo americano da 1,9 trilioni (che potrebbe ora scivolare a marzo) ma anche la determinazione manifestata da Pechino nel voler calmierare gli eccessi speculativi sui mercati, come conferma l’inattesa restrizione di liquidità attuata dalla PBoC questa mattina attraverso operazioni sul mercato aperto.

In assenza del costante apporto finanziario emanato dalle due più grandi economie mondiali l’attenzione torna inevitabilmente a incentrarsi sulla situazione macroeconomica e sanitaria a livello globale, con ben pochi spunti di rassicurazione tanto che la stessa Oms ha recentemente affermato che la copertura della attuale campagna vaccinale non sarà sufficiente a fermare la trasmissione del virus almeno nel prossimo futuro. Piano vaccinale che oltretutto rimane in predicato dopo le recenti notizie che spaziano dalla minaccia europea di bloccare le esportazioni della Pfizer fino alla bassa incidenza dimostrata dai recenti ritrovati (Moderna ha ammesso una scarsa efficacia sulla variante sud africana, AstraZeneca rileva una efficacia ridotta all’8% su pazienti over 65).

Mercati azionari in lettera quindi, anche se alle prime battute europee i listini esordiscono sulla parità; prese di beneficio anche nel comparto delle materie prime, di pari passo ad un visibile rafforzamento del dollaro in queste ore (1,2130 contro euro) e qui ancora una volta essenzialmente a causa della virata cinese. Se il petrolio quindi continua ad arretrare attestandosi come Wti questa mattina sotto quota 53 dollari al barile (la prospettiva di movimenti limitati durante il capodanno lunare cinese che inizia il 28 del mese e che rappresenta il movimento di persone più ampio su base mondiale nei 40 giorni che lo caratterizzano impatta sulle prospettive di consumi del Dragone) i metalli non ferrosi cedono il passo a prese di beneficio con il rame che ancora ieri ancorato a quota 8.000 dollari apre la sessione all’Lme approssimandosi a quota 7.900 dollari.

In netta controtendenza sempre lo stagno, migliore del comparto in questo primo scampolo d’anno con un progresso di 1.500 dollari a tonnellata a far data dalla chiusura del 2020 supportato anche dal drastico calo delle scorte all’Lme, diminuite del 44% rispetto alla rilevazione emanata il 4 gennaio. Rimane supportato anche il piombo complici segnali di tensione sul mercato americano, legati alla chiusura di uno degli impianti di riciclaggio di batterie più importanti del paese posseduto dalla Clarios in Sud Carolina (circa 135mila tonnellate la produttività nominale annua).

L’alluminio dal canto suo beneficia seppur parzialmente dalla forte cancellazione di materiale avvenuta ieri all’Lme (84mila tonnellate) riuscendo a mantenere la soglia dei 2.000 dollari a tonnellata; in flessione invece il contratto su alluminio secondario con le quoatzioni del Din226/A380 consegna Europa che scivolano in un range compreso tra 1.940 e 2.000 dollari (contro i recenti picchi in zona 1.980-2.050 dollari che hanno anche rappresentato, con un incremento capitalizzato a far data dal 15 novembre pari al 20%, il massimo raggiunto dalle quotazioni di questo materiale a far data dal giugno 2015). A contribuire ala rinnovata debolezza dell’alluminio secondario, largamente utilizzato nel settore automotive, la rilevazione di qualche giorno fa pubblicata dalla Automobile Manufacturers Association che ha attestato un calo nelle vendite europee pari al 24% nel 2020, il più cospicuo nella storia.

Infine, malgrado le sorti dell’Lme rimangano ancora in dubbio specie se guardiamo al buco normativo che regola i rapporti nei servizi finanziari tra Uk ed Europa dopo la Brexit (e senza al momento concreti segnali di voler in alcun modo tornare al tavolo negoziale), la Borsa inglese non demorde e lancia un nuovo contratto dedicato proprio all’Europa incentrato sui premi europei dazio pagato; il lancio di questo contratto, previsto il 14 giugno (e che va a mettersi in diretta concorrenza con quello omologo quotato al Cme dal 2016) avverrà in tandem con il lancio di un contratto sul litio (idrossido monoidrato) regolato su base cash sulle rilevazioni effettuate da Fastmarkets (così come avviene per il contratto sui premi alluminio).

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