All’epoca la tecnologia era vista come un segmento accorpato alle telecomunicazioni e non degno dei più prestigiosi analisti bancari che si occupavano invece di società più prestigiose del settore industrial, chimico o petrolifero. Passando per la bolla del 2000, quando avere un sito internet “.com” era sinonimo di innovazione e permetteva a società senza alcun merito di raccogliere investimenti, salvo poi rivelarsi per l’appunto una bolla speculativa.
Il Nasdaq è oggi il mercato più importante in America per volume e per scambi ma anche per i nomi delle società che ospita, proprio quelle realtà tecnologiche che oggi sono le più importanti per dimensione al mondo, e che sono parte della nostra vita quotidiana: Apple, Google, Amazon tra i giganti, ma anche i nuovi entranti come AirBnb che si è quotata alla fine del 2020. L’indice Nasdaq 100 che raccoglie le 100 società per capitalizzazione presenti sul mercato, esclusi titoli finanziari, è diventato il simbolo della rivoluzione tecnologica, cresciuto al punto che il Dow Jones, l’indice dello sviluppo industriale americano, delle famiglie industriali più potenti del mondo, arranca alle spalle della nuova rivoluzione industriale, quella della tecnologia. L’indice infatti ha sovraperformato negli ultimi anni sia il Dow Jones che l’S&P 500, fenomeno che ha portato persino la Federal Reserve americana ad includere il Nasdaq 100 all’interno dei suoi report e delle sue considerazioni sullo stato dell’economia americana. Insomma una storia di successo, una vera storia americana.
La storia non si ripete ma spesso fa rima: è un vecchio mantra dei trading floors, e se il Nasdaq 100 è oramai un indice tra i più importanti al mondo, la rivoluzione continua sul Nasdaq, dove trovano la loro naturale collocazione moltissimi Etf specie di natura settoriale o tematica. Sono quegli Etf che vengono creati per soddisfare una precisa e specifica esigenza degli investitori, che selezionano società basate su temi importanti come green economy oppure investimenti sostenibili permettendo agli investitori di scegliere nel dettaglio il settore dell’economia sul quale vogliono mettere i propri soldi. Quello che sta succedendo è giusto l’inizio di una rivoluzione più grande, il cosiddetto “direct indexing”, dove ogni singolo investitore anche con pochi soldi ha la possibilità di costruire il suo indice d’investimento e vederlo listato, magari proprio a fianco di quelle società che un tempo non erano degne di stare a New York e che oggi invece sono diventate le società che ogni analista vuole mettere nel suo portafoglio.