La view macro e l’asset allocation di Allianz GI per i prossimi mesi

“Con l’avanzare del 2021, in tutto il mondo il numero dei vaccinati continua ad aumentare, ma ci sono tuttavia importanti differenze tra un’area geografica e l’altra, ed è opinione comune che il processo potrebbe essere più veloce. In ogni caso c’è la speranza di una luce in fondo al tunnel della pandemia che si riflette anche sul piano economico, sebbene anche in questo caso il quadro non sia omogeneo”. L’avverimento arriva da Hans-Jörg Naumer, Director, Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors, che diseguito detaglia la propria view.

I nostri dati aggregati hanno registrato il settimo rialzo mensile consecutivo, trainato essenzialmente dalla Cina e da altre economie asiatiche nonché dal settore manifatturiero. Dall’altro lato i dati macroeconomici relativi agli USA e al Regno Unito si sono indeboliti, non da ultimo per gli effetti negativi della pandemia. Nell’Eurozona, con ogni probabilità il recente sorprendente miglioramento non verrà confermato nel breve termine a fronte dell’inasprimento delle misure restrittive.

In tale contesto, ci attendiamo un andamento altalenante della performance economica mondiale: nell’ultimo trimestre del 2020 e in questo primo trimestre 2021 la crescita dovrebbe attestarsi sotto il potenziale, mentre per il resto dell’anno possiamo sperare in un trend di incremento superiore al potenziale a seguito dell’avanzamento delle campagne di vaccinazione. Nel complesso confermiamo uno scenario di crescita “a radice quadrata invertita.

Le banche centrali mondiali nel frattempo ricorrono a tutti i mezzi disponibili per contrastare le ripercussioni economiche e finanziarie dello shock globale a livello di domanda e di offerta. Insieme alla politica fiscale, la politica monetaria lavora per “reflazionare” l’economia, e vi sono buone possibilità di scongiurare la deflazione”.

In tale contesto, ci attendiamo un andamento altalenante della performance economica mondiale: nell’ultimo trimestre del 2020 e in questo primo trimestre 2021 la crescita dovrebbe attestarsi sotto il potenziale, mentre per il resto dell’anno possiamo sperare in un trend di incremento superiore al potenziale a seguito dell’avanzamento delle campagne di vaccinazione. Nel complesso confermiamo uno scenario di crescita “a radice quadrata invertita”.

Le banche centrali mondiali nel frattempo ricorrono a tutti i mezzi disponibili per contrastare le ripercussioni economiche e finanziarie dello shock globale a livello di domanda e di offerta. Insieme alla politica fiscale, la politica monetaria lavora per “reflazionare” l’economia, e vi sono buone possibilità di scongiurare la deflazione. Questi sforzi sono stati recentemente ricompensati in particolare dai titoli governativi americani, poiché le scadenze più lunghe sono salite in linea con l’aumento delle attese inflazionistiche. Ma ciò non prelude a una prossima conclusione della seconda fase della financial repression, soprattutto se le banche centrali continuano a comprare titoli di Stato come se non ci fosse un domani. La “fiscal dominance” della politica monetaria risulta sempre più evidente. Nel 2020 la Bank of England (BoE), la Federal Reserve (Fed), la Banca Centrale Europea (BCE) e la Bank of Japan (BoJ) hanno acquistato rispettivamente il 50%, il 57%, il 71% e il 75% di tutte le obbligazioni governative emesse da febbraio. Quindi, la ricerca di rendimento prosegue. Speriamo in una proficua stagione dei dividendi.

Allocazione tattica, azioni e obbligazioni

  • Le valutazioni azionarie variano a seconda dell’area geografica, e in alcune aree, come negli USA, sono decisamente elevate. In base ai criteri dello storico dell’economia Charles Kindleberger, la situazione attuale presenta alcuni aspetti caratteristici di una bolla, ma non tutti. Valutando la ricorrenza nell’utilizzo di termini correlati ad un boom, ad esempio nelle notizie di Bloomberg, i toni con cui si descrive la forza della ripresa economica appaiono ancora piuttosto moderati.
  • Inoltre il livello delle valutazioni deve essere interpretato alla luce dei rendimenti bassi/negativi delle obbligazioni.
  • L’economia globale sembra avviata verso una ripresa, che tuttavia non si presenta priva di ostacoli. Le politiche monetarie e fiscali hanno favorito questa traiettoria e continueranno a offrire il loro sostegno, se necessario con misure ancora più espansive.
  • In base ai flussi di capitali accumulati nei fondi del mercato monetario dallo scoppio della pandemia, le riserve di liquidità degli investitori internazionali sono elevate e probabilmente verranno impiegate nella ricerca di rendimento restando in modalità “risk on”, anche per ovviare ai tassi bassi/negativi.
  • Nel complesso sembra che le azioni siano sovrappesate rispetto alle obbligazioni.

Azioni

  • Le attese sugli utili societari dei prossimi 12 mesi sono elevate, ma non eccessive. L’andamento delle revisioni è positivo: nelle ultime settimane gli analisti hanno effettuato molte più revisioni al rialzo che al ribasso. Inoltre, queste attese non si concentrano su pochi comparti, ma sono distribuite su più settori.
  • Le valutazioni invece variano nettamente da un settore all’altro. I titoli tecnologici si posizionano in cima alla lista, mentre finanziari e utility sono rimasti indietro.
  • I livelli di copertura misurati in base ai rapporti put-call sul mercato delle opzioni segnalano uno spiccato ottimismo degli investitori, che rende vulnerabile il quadro tecnico delle azioni. Inoltre, stando all’American Association of Individual Investors, una percentuale maggiore di investitori ha una visione “bullish” sulle prospettive future.
  • Nel lungo periodo il tema della sostenibilità non può più essere trascurato. Gli investitori dovrebbero considerare i principi ESG nelle proprie decisioni di investimento.

Obbligazioni

  • Nonostante la graduale ripresa dell’economia globale dalla peggiore recessione del secondo dopoguerra, le banche centrali globali mantengono una linea ultra accomodante per limitare i danni economici della pandemia nel medio-lungo termine. Tale approccio, insieme alle persistenti spinte disinflazionistiche, ha inizialmente sostenuto i mercati delle obbligazioni governative (core). Tuttavia, nel corso del 2021 la diminuzione degli effetti della COVID e una graduale reflazione (l’auspicabile ritorno a salutari pressioni inflazionistiche che preservano l’economia dalla deflazione) potrebbero ridurre questo effetto.
  • Dato il contesto, nei prossimi mesi i rendimenti dei titoli governativi dovrebbero rimanere ancora su livelli nel complesso modesti, nonostante il moderato aumento dei rendimenti a lungo termine (a partire dagli USA).
  • I fattori ciclici suggeriscono che nel medio periodo proseguirà la tendenza verso lo steepening delle curve dei rendimenti delle obbligazioni governative negli USA e nell’area euro.
  • I bond governativi dei Paesi periferici sono tuttora sostenuti dai massicci acquisti della BCE e dai primi passi verso una politica fiscale europea comune (Recovery Fund). Dovrebbero essere quindi evitate battute d’arresto legate all’aumento dei rischi fiscali, alle spinte recessive causate dalla COVID-19 e alla debolezza delle economie interne.
  • I fondamentali delle obbligazioni societarie (investment grade e high yield, senza distinzioni di merito di credito) restano critici a causa del contesto economico fragile, dell’aumento dei tassi di default e dell’elevato indebitamento (soprattutto negli USA). Tuttavia, tale debolezza dovrebbe essere compensata dal continuo sostegno della politica monetaria, soprattutto per quanto riguarda i titoli investment grade.
  • Le obbligazioni dei mercati emergenti in valuta forte e in valuta locale restano vulnerabili a causa delle conseguenze economiche e finanziarie del coronavirus. Tuttavia, l’asset class è favorita dalla ricerca di rendimento, soprattutto nelle fasi di minore volatilità. In termini di fondamentali i Paesi emergenti dell’Asia si confermano i più solidi.

Valute

  • Il dollaro USA ponderato per l’interscambio risulta ancora sopravvalutato nei confronti sia delle valute dei Paesi industrializzati sia di quelle delle aree emergenti.
  • La politica della Fed dovrebbe continuare a indebolire la divisa statunitense, poiché è ancora molto più espansiva rispetto a quella di altre banche centrali. Ulteriori stimoli fiscali potrebbero pesare ulteriormente sul deficit di bilancio, mentre si assottigliano le probabilità di una “sovraperformance” economica relativa rispetto ad altri Paesi.
  • Inoltre, le fasi di rialzo dell’economia globale corrispondono di norma a una flessione dell’USD, dato che si attenua la ricerca di “porti sicuri”.
  • Nel complesso risulta preferibile sottopesare il dollaro USA.

Materie prime

  • Stando al piano originale, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e di altri Paesi produttori di greggio, tra cui la Russia (Opec+), avrebbe voluto ridurre i tagli alla produzione, attualmente pari a 7,7 milioni di barili al giorno, a 5,8 milioni barili. Tuttavia, alla luce del cauto ottimismo sul futuro dell’economia, a partire da gennaio 2021 l’Opec+ aumenterà la produzione di 500.000 barili al giorno, riducendo i tagli a 7,2 milioni barili.
  • Secondo le stime dell’Opec+, nel 2021 la domanda di petrolio dovrebbe risalire solo lentamente a causa dei nuovi lockdown imposti in Europa e negli Stati Uniti e del rallentamento della ripresa economica mondiale. Occorre inoltre considerare che il possibile incremento dell’offerta da parte di alcuni Paesi (tra cui Libia e Iran) potrebbe determinare una pressione sui prezzi, anche perché le scorte globali sono già elevate.
  • Di conseguenza, il mercato del petrolio sarà ancora caratterizzato da un eccesso di offerta, anche se le notizie positive sui vaccini anti Covid-19 sostengono il sentiment. In tale contesto la domanda dovrebbe stabilizzarsi, soprattutto nella seconda metà dell’anno.
  • In generale, la debolezza del dollaro è favorevole alle materie prime poiché queste ultime sono scambiate in USD e quindi dovrebbero raggiungere prezzi più elevati in dollari.

Tema di investimento

  • Come mostrano i nostri studi più recenti, negli anni negativi per il mercato azionario i dividendi hanno contribuito a stabilizzare la performance complessiva, riuscendo a compensare in parte o persino completamente le perdite dei corsi azionari.
  • Fra l’inizio del 1975 e la fine del 2020 i dividendi hanno contribuito al rendimento complessivo annualizzato delle azioni dell’MSCI Europe per il 35% circa. Ma anche in altre aree, come l’America settentrionale (MSCI North America) o l’Asia-Pacifico (MSCI Pacific), i dividendi hanno rappresentato rispettivamente il 26% e il 36% della performance complessiva, quindi circa un terzo.
  • I dividendi inoltre oscillano meno degli utili societari, come indicato dalle nostre analisi. Confrontando dividendi e utili dei componenti dell’indice S&P 500 dal 1960 a oggi, si nota che infatti gli utili aziendali sono stati molto più volatili dei dividendi. In particolare, negli ultimi 10 anni la volatilità degli utili si è attestata intorno al 25% annualizzato, risultando molto più elevata rispetto a quella dei dividendi, pari a poco più del 4% p.a.
  • Nel mezzo della seconda ondata di financial repression, i dividendi acquistano un’importanza sempre maggiore nella ricerca di rendimento in presenza di un perdurante contesto di tassi bassi/negativi.

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