Esplode la volatilità sui tassi. Le Banche Centrali hanno un problema.

Le dichiarazioni dei membri della Bce restano volte a chiarire più o meno gli stessi concetti: la Schnabel ha dichiarato che il Governing Council si assicurerà che che non vi sia un inasprimento indesiderato delle condizioni finanziarie. Un aumento troppo brusco dei tassi reali, anche sulla scorta di miglioramenti delle condizioni macroeconomiche, può mettere in pericolo la ripresa. Il capo economista della Bce Lane, in un altra sede, ha poi dichiarato che la Banca Centrale sta monitorando attentamente l’evoluzione dei tassi nominali sulle parti lunghe delle curve, perchè eventuali miglioramenti del quadro macro e ripresa delle aspettative di inflazione migliorino anche le condizioni finanziarie, attraverso un calo dei tassi reali.

In altre parole all’interno della Bce c’è assoluto accordo che le condizioni finanziarie non si devono inasprire. Ma per la Schnabel è sufficiente che non salgano i tassi reali, mentre Lane li vorrebbe vedere scendere. Sembra che ci sia quindi un po’ di dibattito nel Council sull’effettiva entità dell’inasprimento in atto, anche se vi è unanimità che di inasprimento si tratta, visto che i tassi reali stanno salendo.

Sta di fatto che il movimento sui tassi non si è fermato, i rendimenti hanno continuato a salire costantemente durante la mattinata. Così l’azionario si è messo in stato di attesa, con le perdite dei settori rate sensitive a pareggiare i guadagni delle banche.

I tassi Usa

Caratteristica del movimenti sui tassi è stata la marcata sottoperformance, in particolare in Usa, del bucket a cinque anni, una tendenza che si era già notata i giorni scorsi, ma che oggi è diventata plateale.
In secondo luogo, in Usa la salita dei rendimenti è stata interamente causata da una salita dei tassi reali, mentre le attese di inflazione si sono moderatamente ridimensionate. In Europa, se non altro i breakeven hanno assorbito parte del movimento dei tassi reali.

Le reazioni del dollaro e dell’oro…

Quindi, il brusco aumento dei tassi reali USA, anche il relativo a quelli EU, avrà dato supporto al dollaro, giusto? Sbagliato. Il Biglietto verde è stato debole per tutta la seduta. Chi ha invece reagito coerentemente all’aumento di tassi nominali e reali sono stati i metalli preziosi, pesantemente offerti.

… e quelle dei mercati azionari

Quando l’azionario ha capito che la cavalleria non arrivava, perchè a Francoforte sono troppo impegnati a discutere, mentre a New York cambiano tattica, ha iniziato a spaventarsi veramente. I rendimenti hanno iniziato a salire in maniera aggressiva, gli spreads ad allargare ancora per bene, in parte come reazione al fatto che i tassi core si avvicinano allo zero (e quindi l’attrattività dei periferici scema) in parte come  stop loss di posizioni messe in piedi post Draghi, per i BTP.

Le banche hanno perso parte della loro forza, travolte insieme agli altri settori in denaro dalla risk aversion generale. Le commodities si sono girate, e i preziosi hanno accentuato le perdite. Ad un certo punto i tassi salivano così forte in US che il Dollaro ha infine reagito recuperando parzialmente. Probailmente anche il dilagare della risk aversion lo ha aiutato, insieme con i flussi in uscita dalle divise emergenti, le più danneggiate da un brusco aumento dei tassi USA e globali.

Sta di fatto che, con buona pace della Schnabel e di Lane, sono saliti in Europa sia i tassi nominali, che quelli reali, e non di poco (nel riquadro è indicato per una serie di paesi selezionati, e le scadenze canoniche in arancione il rendimento e in rosso – perche salgono quasi tutti – la variazione in basis points).

“A mio modo di vedere, a questo punto, dichiarazioni sul monitoraggio e guidance sui tassi hanno pressochè esaurito i loro effetti –  avverte Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners Sgr – con la price action odierna, il mercato dei bonds sembra dire alle banche centrali: Basta con le chiacchiere. Se avete qualcosa da fare, fatelo. Se no, lasciatemi andare a prezzare il quadro macro che stanno prezzando azionario e commodities”.

“In altre parole, o si passa ad un modello giapponese di controllo dei tassi sulla curva, o per lo meno si mostra coi fatti (i.e. acquisti) che si vuol contenere la salita dei rendimenti, o si lascia liberi i mercati di prezzare le loro attese. Continuare a sottolineare i rischi di un inasprimento delle condizioni finanziare fa solo danni”, fa poi notare Sersale.

Ma è davvero materiale questo rischio imposto dai rendimenti a ciclo e quindi azionario? In linea teorica, quanto dice la Schnabel mi pare sensato. Se i tassi reali restano invariati, il tightening è ridotto. E anche Bullard non ha tutti i torti. E’ assurdo pretendere che i rendimenti reali sul long end restino gli stessi di sei mesi, fa se ci attendiamo che la ripresa nella seconda parte dell’anno sia forte.

Ma ci sono tre punti da considerare, conclude Sersale:

1) L’attuale situazione sui risk asset poggia, almeno in parte, sulla prospettiva di QE al ritmo attuale ancora per trimestri, e tassi stabili fino al 2023. Ma i recenti movimenti hanno portato il mercato dei tassi USA  a prezzare un rialzo dei tassi l’anno prossimo e altri 2 nel 2023. Questo è tutto un altro discorso rispetto alla guidance FED, che sta quindi venendo sfidata dal mercato. E il corollario è che se effettivamente questo deve essere il percorso dei Fed Funds,  allora la consecutio temporum delle azioni impone un tapering che inizia in tempi non troppo lunghi ,per finire prima del primo rialzo, come di prammatica, e quindi un annuncio a breve (mentre Powell ha detto che manca ancora tantissimo)

2) Come al solito, più che il livello conta la tendenza. A questi ritmi, quanto ci metteremo a prezzare un rialzo per fine anno? Li si che parliamo di serio inasprimento della politica monetaria. Non credo che la Fed possa essere troppo Zen, su questo. E’ anche vero che la guidance Fed può essere sfidata dal mercato fino ad un certo punto. Però anche la visibilità della Fed sui prossimianni non può essere considerata vangelo.

3) infine, in generale un rialzo di 50 bps dei rendimenti arrivato in un mese ha un impatto diverso di uno compiuto in sei mesi.

In sostanza quindi esiste un problema di credibilità delle banche centrali, e uno di impatto di un violento movimento dei tassi sulle condizioni finanziarie.

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