Perché Atene non può fallire

di Fabrizio Tedeschi

L’elettore tedesco si chiede perché debba pagare i debiti del suo omologo greco, il quale apparentemente sta meglio di lui: va in pensione a 50 anni, mentre lui lavora fin quasi a 70; tutte le sere mangia pesce in faccia al mare e al sole, mentre lui, al freddo della notte nordica, va a wunster e crauti. La cosa non è così facile da digerire. Eppure dobbiamo salvare la Grecia, con la Germania in testa. Perché? Perché altrimenti falliremmo anche noi; noi italiani prima dei germanici, ma anche loro non se la caverebbero bene. La Grecia è entrata nell’euro; la sua insolvenza costituirebbe sempre il default di un paese dell’euro. Il primo effetto sarebbe un indebolimento dell’euro nei confronti delle altre monete. Questo sarebbe tollerabile se non portasse con sé un processo di aumento dei tassi e inflattivo. Infatti altri stati dell’euro, e qui l’Italia sarebbe in testa, dovrebbero aumentare i tassi dei loro titoli per il maggiore rischio percepito dal mercato. Oltre all’aumento dell’esborso per le casse statali, ci sarebbe un forte rischio d’incremento dell’inflazione, con conseguenti politiche restrittive. In sintesi, un vero disastro, un’altra tegola su un’economia zoppa. Ovviamente non si considera neppure l’idea che tutta la costruzione dell’euro si sfasci, ma un effetto domino dovrebbe essere valutato. La vittima successiva sarebbe il Portogallo: si attacca sempre la catena nei suoi anelli più deboli. E dovremmo salvare anche lui, pena la caduta di Spagna e probabilmente anche dell’Italia, perché a quel punto le risorse sarebbero finite e non ci sarebbe più difesa.
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