L’Europa ha rimandato il problema

di Corrado Capacci

La “crisi Greca” che i mercati stanno vivendo da un trimestre a questa parte ha causato un’importante reazione delle autorità politiche e monetarie europee; di fronte alla spirale negativa che minacciava la stessa costruzione della moneta unica e, di rimando, la natura stessa della Comunità Europea si è trovato (in più passaggi e non senza fatica) un accordo con il quale sostanzialmente si forniscono al governo greco i mezzi finanziari per affrontare le scadenze e i deficit previsti nei prossimi due-tre anni (110 miliardi di euro, di cui 80 dai paesi Ue e 30 dal Fondo Monetario, concessi il 2 maggio) e si stende una “rete di protezione” sotto tutti gli altri paesi a rischio (pacchetto da circa 1 trilione di euro annunciato il 9 maggio).
Queste misure non sono affatto risolutive del problema sottostante (eccesso di deficit dei governi e carenza di crescita delle economie), ma servono a guadagnare tempo durante il quale si potrà operare per migliorare la situazione e riconquistarsi la fiducia perduta dei mercati. Rimane però ferma la convinzione nei mercati che il caso Grecia sia di difficile soluzione.
L’economia greca, infatti, ha una ristretta base industriale e non può beneficiare del recente movimento al ribasso dell’euro; le esportazioni extra UE della Grecia sommano solo il 2,7% del Pil contro il 13,8% della Germania, il 9,4% dell’Italia, il 5% della Spagna ed il 19,4% dell’Irlanda.
Il recupero di competitività necessario a dare impulso alla crescita deve pertanto arrivare dalla deflazione interna (sostanzialmente tagli ai salari), ma questo avrà un impatto depressivo sulla crescita e verosmilmente sul gettito fiscale, innescando un circolo vizioso da cui è difficile, se non impossibile, uscire. Ma se la Grecia è una “causa persa” perché gli altri paesi europei hanno messo sul piatto 80 miliardi di euro per semplicemente “tamponare” la situazione per i prossimi due-tre anni?
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