Mps striglia Fitch: chi ha ragione?

L’agenzia internazionale Fitch taglia il rating di Mps ma la banca senese non ci sta e in un inedito comunicato (nel quale si precisa che è il primo di tale sorta) contesta le decisioni dell’agenzia di rating.

Il debito sotto la lente di Fitch è sia quello di lungo termine, passato al gradino A- dal precedente A, con outlook stabile, che quello di breve, sceso da F1 a F2. Per Monte dei Paschi la decisione però non è “coerente con la situazione aziendale e la sua dinamica”. Il ragionamento dell’istituto senese è semplice: l’ultima rating action di Fitch risale a giugno 2008, e da allora a oggi “la Banca ha evidenziato performance reddittuali e patrimoniali in netto miglioramento anche rispetto al proprio contesto competitivo e tale andamento si è ulteriormente rafforzato negli ultimi mesi”.

“In particolare riguardo i tre punti sottolineati da Fitch (redditività, asset quality e capitale) dal 2008 ad oggi – si legge nel comunicato – la Banca ha recuperato e chiuso il gap nei confronti del sistema”. E ancora: “In termini di redditività nel 2008 il rapporto tra risultato operativo e totale attivo risultava inferiore al sistema. A distanza di un anno e mezzo tale gap è stato praticamente annullato, grazie alla crescita dei ricavi primari ed alla riduzione dei costi”. In due anni, “il Gruppo Montepaschi ha conseguito risultati in miglioramento anche in termini di qualità del credito: il costo del credito si è ridotto a 77 bps nel corrente anno e la copertura delle sofferenze è rimasta sostanzialmente stabile nonostante il difficile contesto di mercato”. Anche per quanto concerne il capitale, “il Gruppo ha rafforzato la propria posizione patrimoniale, allineandosi ai livelli del sistema. In particolare il Tier 1 è passato dal 5.1% di Dicembre 2008 al 7,8% corrente (c8,2% includendo i benefici derivanti dall’estensione dei modelli AIRB alle 1.000 filiali ex Antonveneta e dalla riduzione del floor dal 90% all’85%), registrando un incremento di 270bps (120 bps organici e 150bps derivanti dalla sottoscrizione del Tremonti bond)”.

Il ragionamento della banca è questo: nell’ultimo anno indicatori e requisiti sono migliorati e il gap con le banche italiane si è ristretto. Confrontandoli con il 2008, a livello assoluto, il confronto è a luci e ombre: sono migliorati i coefficienti patrimoniali, su cui l’istituto ha lavorato parecchio (ma restano tra i più bassi tra le banche quotate), ma l’utile si è praticamente dimezzato. Il trend, in realtà, è comune a tutti gli istituti bancari, reduci da un 2009 horribilis che ha falciato gran parte degli indicatori finanziari a causa della crisi. La ripresa, lenta, è in corso, e Mps in questo ha lavorato bene, archiviando un semestre (2010) al di sopra delle attese.

Torniamo ai numeri: a giugno 2008 il margine della gestione finanziaria e assicurativa era a pari a 2,4 miliardi di euro, per salire, al 30 giugno 2010, a 2,8 miliardi. L’utile era pari a 522 milioni, oggi è sceso a 261 milioni di euro. E’ cresciuta la raccolta diretta: da 139 miliardi a 158,2 miliardi. E indiretta: da 122,6 a 134 miliardi. Segno più anche per i crediti verso la clientela: da 139 a 152 miliardi. E’ cresciuto il patrimonio: da 14,1 a 16,3 miliardi. Il rapporto tra crediti in sofferenza e crediti verso la clientela è passato dal 2,2% al 3,28%, quello relativo agli incagli dall’1,44% al 2,8%. In crescita il cost/incombe ratio, da 58,9 a 60,2. In calo la redditività: il Roe è sceso dal 10 al 3%. Bene il Tier 1 ratio, passato dal 5,1 al 7,1%.

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