È già casta padana
Da venerdì 17 settembre il percorso della grande trasformazione della [a]Lega Nord[/a], divenuta ormai irrimediabilmente parte integrante dei Salotti Buoni, è giunto ad un punto di non ritorno. Oltre l’appuntamento che si è tenuto nella città dell’Arena, infatti, i “lumbard” non potranno più tornare indietro per rappresentare ancora il movimento che lotta per la cosidetta “base” dei suoi aderenti e votanti, piccoli imprenditori, artigiani, operai o commercianti. In altre parole: tutto il mondo dei piccoli risparmiatori – il più delle volte tartassato dalle banche – viene lasciato alle spalle e la Lega Nord entra da una della porte principali nei grandi giochi della finanza italiana.
Nel capoluogo scaligero, infatti, è andato in scena la prima parte del rinnovo del consiglio generale della [a]Fondazione CariVerona[/a] che si completerà il 22 ottobre. Un organismo importantissimo non solo e non tanto per le politiche di aiuti alle iniziative della città, ma perché l’ente è azionista – e fra i più importanti e “pesanti” – di [s]UniCredit[/s] con un pacchetto del 4,98%. Il presidente della Fondazione, Biasi, è in scadenza di mandato dopo 17 anni filati alla guida dell’ente ed è stato appena raggiunto da due avvisi di garanzie per brutte storie che riguardano aziende del suo gruppo industriale, finito in liquidazione poche settimane fa perché schiacciato dalla crisi e dai debiti. Già vicino alla ex Dc e molto legato a certi ambienti cattolici, Biasi è a tutti gli effetti uno degli esponenti-simbolo di quella nomenklatura dei poteri Prima Repubblica che la Lega voleva abbattere.
E quindi si poteva legittimamente pensare che i lumbard cercassero di sostituirlo con qualche loro uomo, tenuto conto che proprio il leader del Carroccio [p]Umberto Bossi[/p], ad elezioni appena concluse, aveva preannunciato la conquista delle banche del Nord. Anche perché nell’UniCredit si stanno rafforzando, a scapito delle Fondazioni, gli azionisti libici contro i quali la Lega sogna una nuova crociata, che finora ha fatto una sola vittima, l’“infedele” [p]Alessandro Profumo[/p] costretto alle dimissioni non tanto dai petardi leghista, ma bruciato dal fuoco degli azionisti privati italiani e tedeschi, con la “manona” dietro le quinte dell’inossidabile accoppiata [p]Silvio Berlusconi[/p] & [p]Cesare Geronzi[/p].
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