Perché il dollaro è salito?

Esso ha ben performato contro le maggiori divise contro cui è quotato: cerchiamo di capire insieme il perché. Il fatto che il green back sia salito anche nei confronti del franco svizzero e soprattutto dello yen giapponese ci conferma l’idea che la sua ascesa non sia soltanto dovuta all’avversione al rischio, ma crediamo che essa possa essere attribuita a 4 fattori.

1.Dati macroeconomici deboli all’estero
Dati sostanzialmente deboli arrivano da molte economie. L’Australia, la Svizzera ed il Canada hanno fatto sì che aumentassero gli acquisti di dollari americani. Durante le ultime settimane valute come il dollaro australiano si erano rafforzate sulla scia delle aspettative che le proprie banche centrali avrebbero potuto agire sui tassi di interesse prima della Federal Reserve.

Sebbene questo potrebbe ancora accadere, gli investitori si sono concentrati maggiormente sui dati relativi all’occupazione australiana, non particolarmente brillanti (e che se la Cina dovesse effettivamente rallentare la propria espansione economica potrebbero risentirne, anche se non in maniera drastica) e sulle rilevazioni relative alla produzione manifatturiera in Inghilterra, che hanno mostrato un rallentamento a sorpresa.

Anche il Canada ha riportato una crescita rallentata relativamente ai prezzi delle nuove case, mentre in Svizzera abbiamo assistito ad una discesa dei prezzi al consumo. La Nuova Zelanda infine, sta soffrendo sulle parole del ministro delle finanze, che ha millantato la possibilità di vivere una “double dip recession”.

2. Dati migliori in Usa
Soprattutto relativamente al settore occupazionale, dove il report sui Jobless Claims, ha mostrato un buon 383k, la miglior pubblicazione dallo scorso 13 giugno 2008. Come sappiamo, il vero tallone di Achille dell’economia a stelle e strisce è proprio lo stato del mercato del lavoro, ed il fatto che, anche di fronte all’inclemenza del tempo e del clima, in America siano diminuite le richieste di sussidi di disoccupazione, lascia la Fed un attimino più tranquilla. Come ribadito da Bernanke negli scorsi giorni, fino a che lo stato occupazionale non andrà migliorando, gli acquisti di asset continueranno, ma se i jobless dovessero continuare a migliorare con questi tassi di diminuzione, Il numero uno della Fed potrebbe riconsiderare la propria decisione.

3. Avversione al rischio
Il rally iniziale del dollaro è stato, a nostro avviso, scatenato dall’avversione al rischio. Le speculazioni ed i rumors secondo cui fosse passato a miglior vita il Re dell’Arabia Saudita e le nuove preoccupazioni relative alla situazione dei debiti europei hanno portato molti investitori verso il safe heaven dollaro.

4. Speculazioni sulle dimissioni di Mubarack
Il mercato, è proprio il caso di dirlo, sperava che si potessero calmare le proteste in Egitto, davvero qualcosa di cui non si aveva bisogno in un momento come questo, ma è rimasto fortemente deluso. E come quando si riceve una forte delusione, scottato. Il fatto che Mubarack non abbia rassegnato le dimissioni, ma abbia soltanto trasferito una parte dei propri poteri al vice-presidente Suleiman, ribadendo la volontà di rimanere a palazzo fino a settembre, ha contribuito alla salita che stiamo analizzando.

Ieri si è tenuto anche il meeting della Banca Centrale di Inghilterra, la quale, come da attese ha lasciato tutto invariato, tassi e QE. Questa decisione era già scontata nei prezzi, che non hanno reagito in maniera particolare, come vedremo, ed ora l’attenzione degli operatori si sposterà al rilascio delle minute, che avverrà il prossimo 23 febbraio.

Inoltre, le preoccupazioni circa l’inflazione giocheranno un ruolo importante Come ricorderete, durante l’ultimo meeting, i membri A Sentance e M. Weale hanno votato per un rialzo dei tassi, ed il fatto che l’inflazione sia arrivata al 3.7% (il livello più alto dall’aprile 2010) e che le aspettative su di essa non siano rosee a causa dell’aumento del VAT (Value added tax, la nostra IVA), lascia comunque spazio ad una possibile discesa del pound.

Inoltre dobbiamo considerare la possibile frenata dell’economia, che potrebbe essere legata anche ai forti tagli sulle spese cui potremmo assistere (potrebbero essere i più ingenti dalla seconda guerra mondiale). Importante il report sui prezzi al consumo di martedì prossimo.
Oggi attenzione a trade balance Usa ed alla rilevazione dell’indice dell’Università del Michigan (consensus 75 vs precedente 74.2).

UsdJpy – grafico giornaliero

Passiamo all’ultimo appuntamento della settimana con l’analisi tecnica.
Incominciamo con il cambio eurodollaro dove, osservando un grafico a 240 minuti, ci rendiamo conto quanto la tendenza di breve di inizio settimana sia oramai stata compromessa e quanto poco manchi al test del minimo precedente di lunedì. Crediamo che il cambio infatti si troverà molto presto a fare i conti con lì’ultima area di supporto, compresa fra 1.3515 e 1.3540, prima di un inizio di inversione più decisa.

Finalmente qualche novità sul cambio UsdJpy, dopo settimane di stabilità. Abbiamo assistito ieri infatti, non solo al superamento della linea di tendenza negativa che insisteva da dicembre ma anche al superamento della media a 100 periodi esponenziale su grafico giornaliero, configurazione che attendevamo da parecchio. Quello che manca adesso, come conferma a distanza di mesi, è una chiusura giornaliera al di sopra di 83.20 per liberare il dollaro dal range laterale all’interno del quale si trova da parecchio.

Ricordiamo che, se questo fosse finalmente il momento della rivincita del dollaro, il primo e più importante livello di arrivo sarebbe da considerare 85.90, dove coincidono due fattori piuttosto interessanti: è un’area di massimi coincidenti (almeno 4, su grafico giornaliero, tra agosto e settembre scorsi) ed è esattamente la prima percentuale utile di ritracciamento di Fibonacci (il 38.2%) della tendenza in discesa del cambio compresa fra 95 e 80.25.

Possiamo considerare, passando al cambio EurJpy, ancora importante il livello di supporto di 112.70 nonostante sia stato oltrepassato ieri di qualche punto. Quasi coincidente a questo livello transita inoltre la linea di tendenza positiva che sostiene la salita da inizio mese e che, al contrario di quella sull’eurodollaro, non è stata impensierita.

L’area di livello quindi che si viene a creare utilizzando entrambi gli spunti tecnici, 112.70 e 113, dovrebbe essere considerata la più importante per le prossime ore. Quest’area, tenendo ad eventuali tentativi di rottura, potrebbe condurre, anche rapidamente, all’obiettivo di 114 figura.
Niente da fare per il cable che, nonostante la volatilità all’interno della giornata di ieri, non è riuscito ad allontanarsi stabilmente dai livelli che abbiamo considerato negli ultimi giorni. Ancora ci è possibile guardare a 1.6030 e 1.6015 (nonostante il fugace tentativo di rottura) come livello di supporto e ad 1.6150-60 come resistenza.

Continuiamo a parlare della sterlina per tornare ad osservare, dopo qualche giorno, la situazione del cambio GbpJpy. Con piacere notiamo che l’area di 133 è stata abbondantemente superata, con la volatilità che era possibile attendersi già dai giorni scorsi, toccando con estrema precisione il precedente massimo di riferimento, di novembre, a 134.20. Il punto di rottura, sebbene risulti ora lontano, deve essere molto considerato come livello di tenuta di questa rinnovata pressione rialzista.

Si sono invertite le situazioni su EurChf ed UsdChf. Il primo non è riuscito ad oltrepassare l’area di resistenza a 1.3190 ed è calato seguendo l’indebolimento della moneta unica: ora il livello di supporto a 1.31 potrebbe essere messo alla prova.
Il secondo invece, che sembrava meno strutturato ieri mattina, si è allontanato dalla tendenza ribassista di lungo periodo giungendo sino al massimo di 0.97, oltrepassando così il precedente doppio massimo di gennaio a 0.9680 e fornendo un buono spunto rialzista.

Per chi volesse ulteriori approfondimenti, vi aspettiamo alle 9 puntuali per il nostro Morning Briefing in webinar: http://forexforums.dailyfx.com/analisi-live/244106-analisi-live-del-mercato.html

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