L’Italia punta sulla ricchezza private

Se l’Italia è uscita quasi indenne dalla crisi bancaria è grazie anche alla ricchezza private che, continuando a crescere, ha contribuito alla sostenibilità del sistema ed alla solidità del Paese. E’ quanto emerge da uno studio condotto da AIPB (Associazione Italiana Private Banking) e mirato a tracciare il quadro completo della gestione dei grandi patrimoni, degli stili di investimento e soprattutto del ruolo che i portafogli finanziari delle 611mila famiglie Private italiane svolgono a supporto della crescita del sistema economico del nostro paese.

Ne risulta un quadro interessante che evidenzia come l’Italia rappresenti un livello di ricchezza finanziaria in proporzione al valore delle attività produttive relativamente elevato (294%), significativamente superiore, in Europa, ad altre grandi economie quali Francia (251%) e Germania (235%) (Elaborazione PwC Advisory, stime sui dati OECD e Banca d’Italia). Inoltre, in un contesto in cui la dimensione del debito estero e la sua copertura da parte del patrimonio privato sono riconosciuti ormai quali indicatori della sostenibilità finanziaria di una nazione, si nota come il livello attuale di ricchezza finanziaria in Italia sia in grado di controbilanciare il suo livello di debito pubblico al pari di Germania e Francia. Infatti in Italia per ogni euro di ricchezza finanziaria ne corrispondono 0,67 di debito pubblico, così come in Francia (0,67€) e Germania (0,62€) (elaborazione Fondazione Edison Su dati FMI 2011).

C’è poi la funzione stabilizzatrice per il sistema del credito: Il Private Banking, rappresenta per il sistema bancario un’ampia provvista di liquidità poco sensibile alla volatilità dei mercati che contribuisce a migliorare la resistenza del sistema grazie alla costanza dei flussi generati e diminuendo la necessità di patrimonializzazione richiesto da Basilea3. Infatti il 79% dei ricavi deriva dai servizi che, quindi, non sono legati direttamente alla variazione dei tassi o dei mercati. Inoltre, i ricavi derivanti da consulenza a pagamento, che portano flussi costanti di ricavi in funzione di un servizio erogato in modo continuativo nel tempo, sono in continua crescita (1,0% 2008, 1,5% 2009) (Fonte: AIPB).

In questo contesto, sottolinea il Segretario Generale di AIPB, Bruno Zanaboni, “l’industria del Private può giocare un ruolo decisivo. Innanzitutto tornare alla crescita è realizzabile solo ricominciando a credere nell’atto dell’investire. Bisogna riempirlo di nuovo contenuto e significato. Il Paese ne ha bisogno. Occorre mobilizzare patrimoni privati con nuove forme di finanza per lo sviluppo, con rischi e vantaggi condivisi e suddivisi tra imprese, banche, grandi investitori e famiglie”.

Entrando nel dettaglio dello studio, la ricchezza Private italiana è cresciuta nel 2010, passando a 896 miliardi di euro rispetto agli 868 del 2009, ma in modo più lento rispetto all’Europa, dove raggiunge i 9,6 trilioni di euro, +4,3% sul 2009. Mentre la percentuale di ricchezza gestita da strutture di Private Banking cresce costantemente dal 2007, anno in cui era il 41,9% rispetto alla totalità del patrimonio finanziario delle famiglie potenziali e nel 2010 ha raggiunto quota 47% (421 miliardi). Prevale nettamente il ruolo delle grandi banche commerciali (62,8% delle masse gestite) seguite dalle business unit (15,6%). In confronto con l’Europa l’industria Italiana cresce poco più della media (+6,8% rispetto al 6,2% europeo) e non  per effetto del mercato (2,3% contro 4,7%) quanto per la raccolta netta (4,5% contro 1,5%).

Il patrimonio medio detenuto dalle 611,438 mila famiglie private è di 1,4 milioni: si va dai 720mila euro della fascia tra i 500mila ed il milione di euro di patrimonio (414mila famiglie, pari al 68% sul complesso, che detengono il 33% della ricchezza private) per salire ai 17 milioni della fascia top, cioè quella che possiede oltre i 10milioni di euro (1% pari però al 15% della ricchezza).  secondo l’indagine AIPB l’investimento ideale per i clienti Private è di medio termine (61% del campione), con un  buon livello di sofisticatezza (55%) e accompagnato da informazioni “efficaci”. La clientela italiana privilegia investire una quota superiore del proprio portafoglio in prodotti di investimento, lasciando soltanto l’11,8% in depositi contro il 24% della media europea. Inoltre la percentuale di obbligazioni e titoli di stato nei portafogli delle famiglie private italiane (48,0%) è più del doppio rispetto agli europei (21%).

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!