Prove di rimbalzo

Ieri abbiamo assistito al primo ritracciamento, generale, del mercato da giorni.
Sembra infatti, che per qualche ora si sia arrestata la morsa che ha costretto da settimane i listini azionari a minimi sempre inferiori e alla crescita esponenziale di quei beni considerati un “porto sicuro” in queste situazioni. Abbiamo avuto prima di tutto una chiusura positiva di tutti i listini europei, con guadagni medi intorno al 3% (questa volta non spetta più all’Italia la maglia nera, avendo mostrato il rialzo maggiore con +4.1%) e contemporaneamente la buona notizia proveniente dai listini americani, desiderosi di recuperare parte delle perdite registrate negli ultimi giorni: il Dow ha mostrato +3.95%, mentre il NASDAQ ha compiuto un balzo del 4.69%.

Nel contempo abbiamo potuto osservare un drastico calo, dai massimi raggiunti a 1.1815$/oncia, del metallo prezioso per eccellenza, da sempre considerato il termometro del mercato (ruolo che ultimamente è risultato ancora più confermato).
Ma quali possono essere state le motivazioni di un rimbalzo del genere (che prima di chiamare ripresa vorremo aspettare una serie maggiori di dati positivi)?

Il primo sospettato è il dato proveniente dagli Stati Uniti nel primo pomeriggio di ieri: la rilevazione delle richieste di sussidi settimanali di disoccupazione ha mostrato il dato inferiore da quattro mesi a questa parte. Se il dato fosse stato preso singolarmente, al di fuori del contesto attuale, non sarebbe stato un grande segnale: i dati della passata settimana, però, del mercato del lavoro (disoccupazione in calo al 9.1% e NFP a 117mila), acquistano in questo caso un significato ancora maggiore lasciando intendere un miglioramento del mercato che con qualche conferma potrebbe essere il segnale che si attendeva per cancellare definitivamente la parola “recessione” dal nostro vocabolario.Minor disoccupati vuol dire infatti più spese personali, che a loro volta significano, un po’ semplificando, ripresa dell’economia.

O forse, invece, avrà pesato il continuo apprezzamento dello yuan, passato del tutto inosservato: la valuta cinese, rompendo 6.4 e con il guadagno settimanale maggiore dal 2007, si è portata sul livello più alto degli ultimi 17 anni. Al di la della mera statistica ciò che maggiormente ci interessa è la spinta che potrebbe ricevere la domanda di importazione cinese grazie ad un peso maggiore della propria valuta. Le ripercussioni sull’economia globale potrebbero essere davvero notevoli.

Oppure, molto più semplicemente, quella di ieri è stata una reazione a provvedimenti estremi, figli di condizioni estreme del mercato.
Pensiamo per esempio che oggi, secondo quanto annunciato dall’Autorità Ue per il Controllo dei Mercati Finanziati (ESMA), Italia, Belgio, Francia annunceranno il divieto di vendite allo scoperto.
Un certo peso poi, potrebbe averlo avuto, la notizia che è cominciata a girare in mattina e poi è stata confermata da un’intervista, secondo la quale la Swiss National Bank, sarebbe pronta ad adottare misure estreme per ridurre l’apprezzamento del franco e per la stabilità nel medio lungo termine dei prezzi. La vera novità emersa dalle parole del Vice Presidente della Banca Centrale è che per la prima volta dall’abbandono dell’accordo di Bretton Woods, avvenuto nel 1973, una valuta potrebbe essere collegata ad un’altra con la possibilità di muoversi esclusivamente all’interno di percentuali ben definite, il così detto peg. Non sappiamo quanto questo rappresenti un vero piano di intervento o, piuttosto, un test del mercato: quello che sappiamo è che la reazione è stata repentina e davvero profonda, portando all’indebolimento giornaliero del franco maggiore degli ultimi anni (-5.5% nei confronti della moneta unica).

Fa piuttosto effetto, passando ad osservare i grafici, continuare a vedere il cambio generalmente più utilizzato dal mercato, l’eurodollaro (circa il 30% del mercato dei cambi) muoversi all’interno di canoni ben definiti da settimane, nonostante quello che stanno vivendo altri tassi di cambio. Pensate che le medie mobili, a 21 e 100, su grafico giornaliero si trovano ancora ad una distanza di 35-40 punti.
Nonostante l’incomprensione, questo non fa che facilitare il nostro compito giornaliero di ricercare livelli interessanti, dato che sono rimasti pressoché invariati: troviamo, infatti, ancora 1.3950-1.40 come grande area di supporto (in grado di portare ad una vera svolta di lungo) così come troviamo 1.445 come area di resistenza in grado di riaprire le strade ad una ripresa della moneta unica con un primo livello di conferma posizionato a 1.4530.

Successivamente al movimento repentino dello yen di ieri mattina, a causa di un intervento per limitare il rafforzamento della valuta nipponica appena passato il massimo precedente, non abbiamo più avuto modo di vedere molto sul cambio UsdJpy. Continuiamo a pensare che il transito della media mobile di lungo, su grafico orario, passante oggi per 77.05, possa aprire le porte ad una ripresa. La nostra massima attenzione va indirizzata, anche, verso il minimo del cambio a 76.30, dove sappiamo essere presenti interessi forti della banca, ma oltre il quale si trovano una gran quantità di stop dell’enorme quantità di posizioni lunghe di dollari.

Osserviamo ora il cambio EurJpy, poiché si trova davvero vicino ad un livello di possibile svolta. Ci troviamo infatti a meno di 30 pips dalla trendline negativa che ha origine al 4 di agosto scorso, a 114, e che ha portato i prezzi sui minimi di 108. Il punto di rottura è dato da 109.25 ed il primo obiettivo si potrebbe trovare a 110.35 (38.2% di ritracciamento del movimento considerato).

Il movimento del cable a cui abbiamo potuto assistere da ieri sera è stato perfetto per avere conferma del livello di resistenza ipotizzato a 1.6220. Compiendo un tentativo, mancato, di rottura ha mostrato il pullback in grado di innescare il movimento in calo che, almeno secondo l’analisi, dovrebbe trovare il suo naturale punto obiettivo esattamente a 1.60 (minimo di riferimento precedente).

Diamo ora uno sguardo tecnico al franco, sia contro dollaro che contro euro.
Il cambio UsdChf ha fornito un bel segnale rialzista ieri, andando ad interrompere la tendenza negativa evidente da inizio mese grazie alla media mobile di lungo su grafico con candele orarie. Rotta anche la linea di tendenza negativa che insisteva dal 22 di luglio potremmo andare ad assistere ad una ulteriore risalita dei prezzi sino al livello di resistenza chiave nel breve, 0.7780. Qui si trova una coincidenza dell’ultima delle percentuali di Fibonacci, oltre che vedere due ottime aree di massimo dei primi giorni di agosto.

Il cambio EurChf ha evidenziato la propria propensione rialzista, invece, su un grafico con candele a quattro ore. In questo caso grazie al superamento della media mobile di breve, avvenuto a 1.0535. Se nel breve dovesse tenere il supporto di 1.0730, potremmo continuare a vedere una ripresa del cambio sino a rivedere l’altra media mobile sul medesimo grafico, passante al di sopra di 1.10.

Forse anche qualche segnale di distensione potrebbe arrivare da una commodity currency.
Il cambio AudUsd ha interrotto il percorso ribassista incominciato a cavallo di fine mese, con il superamento a rialzo della linea di tendenza negativa avvenuto ieri in serata a 1.0270. La capacità del dollaro australiano di riprendersi poi oltre 1.04 sarà fondamentale per assistere ad un ritorno sui massimi del cambio.

Il cambio UsdCad non ha variato la propria condizione rispetto a quanto abbiamo potuto vedere ieri in mattinata. I prezzi infatti si trovano equidistanti rispetto al supporto di 0.9750 e alla resistenza di 1.0000.

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