Crisi, il ministro Giulio Tremonti: non c’è alternativa agli Eurobond

Anche stavolta la prende parecchio alla larga, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nell’intervento che chiude l’ultima giornata di lavori al Forum Ambrosetti. Ma finisce col parlare di Eurobond e manovra. “Non c’è alternativa”, insiste riferendosi alle emissioni comunitarie. “Un conto sono gli emendamenti, un conto i provvedimenti”, afferma invece tornando sulla manovra.

Tremonti ragiona sull’Europa e cita quattro luoghi simbolo: Waterloo, Westfalia, Deauville e Versaille. Il tutto per dire che “gli elementi di nazionalismo restano ma solo nei bilanci pubblici, che contengono vizi e virtù dei popoli” e che in Europa emergono “elementi di ottusità” che vanno combattuti. In sostanza, “è necessario ragionare a livello di continente”, ed è “fondamentale chiederci che tipo di modello adottare”. Il modello basato sui beni di consumo o sull’export non basta, occorre un modello che “consideri anche la domanda pubblica. Manca un driver per lo sviluppo economico. Non vedo modelli che funzionano”, dice il ministro.

“Ci hanno detto: dovete liberalizzare. D’accordo. Ma io vedo grandi economie anglosassoni, tradizionalmente liberali, che si sono impiantate. L’economia tedesca è molto più sostenuta dal pubblico di quanto non si creda, ma non è efficace. Bisogna cominciare a immaginare un modello sostenuto da grandi interventi pubblici. Questo vuol dire Eurobond”.

Alcuni sostengono che si tratta di una “trovata italiana”, si sfoga Tremonti. “E allora perché è appoggiata dalla Gran Bretagna e dalla City di Londra? Forse allora va oltre l’interesse del nostro Paese”. Gli Eurobond “saranno assolutamente fatti”, conclude il ministro. I fondi raccolti con le emissioni comunitarie serviranno per grandi lavori pubblici: una piccola somma di denaro, sintetizza il ministro, per opere di ampia dimensione. “Io non penso che ci siano alternative”. I Paesi dell’Unione sono troppo dominati dall’estrema destra, dal protagonismo negativo fine a sé stesso. “Noi, però, dobbiamo consolidare le strutture di finanza pubblica”.

Per quanto riguarda la manovra italiana, il responsabile delle Finanze invita a distinguere tra “discussione politica e veri provvedimenti. Provo fastidio, a volte rabbia, ma mai scandalo di fronte alle idee. Spero che l’opinione pubblica sappia riconoscere la differenza tra un emendamento e un provvedimento. La discussione esiste, è così in tutte le democrazie, vedasi il caso degli Stati Uniti” con il lungo confronto sull’innalzamento del tetto del debito pubblico, o in altri casi lo slalom sul nucleare.

A fine luglio, le misure orientate al pareggio del bilancio al 2014 ottennero il plauso e l’approvazione di tutti, in Italia e all’estero, sostiene il ministro. “Poi, però, si è consumata una serie di fatti che ha modificato tutto, radicalizzando ed evidenziando la crisi italiana. Mi hanno accusato di eccesso di ottimismo. Non accetto questa critica. Come ho detto una volta, la crisi è come un videogame. Uno sconfigge un mostro, è lì che si rilassa, ed ecco che spunta un altro mostro. Ho una chiara idea sulla complessità della situazione. E non credo alle profezie retroattive”.

Sulla manovra di Ferragosto, il ministro dice: “l’abbiamo fatta in quattro giorni, in quel provvedimento ci sono 14 miliardi di tagli e 6 miliardi di tasse. Ho l’impressione che gli argomenti si siano fatti sempre più strumentali”. Il Pil non lo fai per decreto legge, ripete il ministro dopo le ultime dichiarazioni del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e la credibilità del Paese dipende dall’insieme.

“C’è un film di Federico Fellini che s’intitola ‘Prove d’orchestra’. Racconta del disordine in un’orchestra dove tutti fanno quello che vogliono. Nessuno ha la bacchetta magica, ma alcuni hanno la mania di bacchettare troppo”. Insomma, chiude Tremonti, Sarebbe meglio imparare a usare la bacchetta nel modo giusto.

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