L’Oracolo – Pensionati e mazzati

La pensione, un obiettivo idealizzato per la maggior parte dei lavoratori smaronati. Immaginarsi ad agosto in canotta e bermuda, liberi di girovagare senza meta con la sola ansia di non doversi perdere l’ultima partita della squadra del cuore, (sempre che non si tratti del gentil sesso, tipicamente condannato a imperituro impegno, che sia in ufficio o in casa) rende bene l’appeal dello stesso. Un obiettivo che si sta però sempre più trasformando in angoscioso miraggio per la next generation lavorativa; l’ipotesi di ritrovarsi a 85 anni in giacca e cravatta, con però annesso pannolone antiperdite munito di logo aziendale è quanto mai un incubo dal sapore apocalittico.

C’è una cosa però che rende il tutto ancora più amaro; è il sapere che, una volta andati in pensione, presumibilmente non al top della nostra baldanza fisica, lo saremo ancora meno sul piano economico; per dirla in parole povere, è molto probabile che la pensione, più che un premio, si riveli una condanna, specie sul piano monetario. A dirlo non è l’Oracolo, bensì i dati diffusi recentemente dall’Istat, che mostrano circa 8 milioni di pensionati con un assegno inferiore ai 1000 euro al mese (la soglia di povertà prevista dall’istituto è di 999,67 euro al mese in una famiglia di due componenti, sotto la quale, per l’appunto, si è comunemente valutati “poveri”)

Secondo le statistiche, riprese dai principali quotidiani finanziari, circa 3,6 milioni di lavoratori a riposo (pari al 21,4% del totale) percepiscono una o più prestazioni pensionistiche per un importo complessivo inferiore a 500 euro al mese ed altri 4,7 milioni (il 27,7% del totale) ricevono assegni compresi tra i 500 e i 1.000 euro, il tutto condito da circa un 30% di “baby” pensionati con meno di 64 anni.

Un importo decisamente misero che, al netto delle imposte, risulta essere “inferiore del 15% rispetto a Francia, Spagna e Germania, paesi dove non esiste tassazione sulle pensioni, mentre in Gran Bretagna la pressione fiscale è minima e di circa l’1,6%” come ha commentato Carlo Rienzi, presidente del Codacons. Insomma, ancora una volta le famiglie italiane zoppicano.

La realtà vuole che ci sia poco da fare, urge, ed è davvero il caso di dirlo, una concreta presa di coscienza del problema previdenziale (non è un caso che qualche giorno fa sia arrivato il via libera al pensionamento dopo i 65 per le lavoratrici del settore pubblico, a partire dal 2012), con derivante attenzione alle opportunità (sarebbe meglio definirle inevitabili) offerte dalla complementare. Certo, fa specie che siano sempre i soliti a “pagare”, nel vero senso della parola, tanto più quando si sente che, stando a un rapporto dell’Abi , da non confondersi con “l’Associazione Biblica Italiana“, (anche se entrambe si occupano di organismi con finalità di lucro), tra febbraio e aprile 2010 le banche operative sul territorio italiano hanno sospeso mutui per 2,3 miliardi di euro ad oltre 15.000 famiglie, il tutto con un sistema bancario che trasuda liquidità e utili ( Utile Unicredit 2009: 1,7 miliardi di euro; Utile Unicredit 2008: 4 miliardi di euro; Utile Intesa Sanpaolo 2009: 2,8 miliardi di euro; Utile Intesa Sanpaolo 2008: 2,55 miliardi di euro, giusto per citare due gruppetti qualunque). Ma si sa, questo non è un paese per vecchi.

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