Mercati alla ricerca di una direzione

Ci troviamo di fronte a mercati che hanno cominciato a decorrelarsi rispetto a quanto abbiamo seguito fino a qualche giorno fa. L’evidenza più grossa di quanto appena esposto risiede nel fatto che, eccezion fatta per le commodity currencies dell’Oceano Indiano (che hanno perso relativamente meno rispetto ad euro e a sterlina a causa del fatto che la Cina sta mostrando buoni segni di crescita), le valute a più alto rendimento contro il dollaro americano hanno perso terreno, di fronte a borse miste (che fino a ieri hanno sofferto, per poi mettere a segno un bel rimbalzo) e con oro e petrolio che sono saliti in linea generale, non essendo state rispettate le logiche che muovevamo i flussi di investimento fino a questo momento.

Questa si può considerare come la prima settimana dell’anno in cui la liquidità sta tornando sui livelli abituali e tra oggi e la fine della prossima settimana dovrebbe essere possibile arrivare ad avere un’idea fondata su come gli investitori si andranno a muovere durante questo primo trimestre dell’anno. Per ora possiamo soltanto affidarci ai fatti, che ci stanno suggerendo una potenziale attenzione degli investitori ai dati macro, provenienti dalle diverse economie mondiali. Per quanto riguarda l’area euro, gli ultimi dati non sono certo da considerare positivi.

Durante l’ultima settimana abbiamo visto in pubblicazione dati riguardanti la disoccupazione, ancora ferma al 10.3%, le vendite al dettaglio, negative per 2,5 punti percentuali, una fiducia dei consumatori costantemente negativa (sotto la soglia dei -20 punti) e degli ordinativi all’industria tedeschi con segno negativo, fattore comunque di preoccupazione anche per lo Stato che qui in Europa sta andando decisamente meglio di tutti. Di contro, dall’America abbiamo avuto modo di assistere alla pubblicazione di buoni dati soprattutto dal punto di vista del mercato del lavoro (come lievemente anticipato durante l’ultima riunione del FOMC di martedì scorso), con un tasso di disoccupazione che è sceso dal livello di 8.7% a 8.5% e con dei NFP che hanno visto la creazione di 200k nuovi posti di lavoro durante il mese di dicembre.

Dati sicuramente non sufficienti per poter segnare un cambio di rotta deciso, ma che comunque devono essere messi in conto nella programmazione delle scelte di investimento da effettuare, soprattutto nel medio periodo (di fronte ad uno scenario che dovesse continuare su queste linee, le aspettative sui differenziali di tasso di interesse potrebbero invertire i flussi di acquisto fin’ora visti, con un Europa che potrebbe trovarsi costretta ad abbassare i tassi e con un America che potrebbe decidere di uscire dalla strategia “tassi fermi fino a metà 2013” prima del previsto, ma, ripetiamo, sono soltanto ipotesi di scenario per ora). Per quanto riguarda la situazione europea diremmo che non c’è nulla di nuovo da aggiungere (purtroppo o meglio per fortuna). Continuiamo a tenere monitorati i livelli di depositi overnight presso la BCE per capire fino a quando questa ingessatura del credito continuerà a tenere tarpate le ali di una qualsiasi potenziale ripresa.

Passiamo, come di consueto, ad osservare i cambi iniziando dall’eurodollaro. La situazione negli ultimi giorni è andata via via tranquillizzandosi con la moneta unica che fatica a riportarsi su livelli abbandonati sul finire della settimana passata. Con l’ausilio di un grafico orario possiamo osservare un livello che sta rendendo complicata la risalita: parliamo dell’area prossima a 1.2810, toccata con grande perfezione sia ieri sia venerdì poco prima del calo del cambio. Nel trend negativo di medio-lungo in cui si trovano i prezzi, l’altro livello al quale dobbiamo guardare è dato dall’area di doppio minimo vista a 1.2725 e, una volta che questo dovesse eventualmente essere oltrepassato, potremmo solamente trovare il minimo di riferimento precedente a 1.2670.

Appare sempre più ristretto il range coperto dal cambio UsdJpy. 76.75 e 77 figura sono i due estremi di quest’area che resiste da venerdì pomeriggio. Data la vicinanza fra i due, possiamo ipotizzare che la situazione non possa perdurare e quindi cercheremo di prestare attenzione a quale dei due livelli possa essere rotto per cercare di anticipare la direzione assunta dal cambio sapendo che, sino da agosto, ci troviamo sempre molto vicini al minimo raggiunto a 75.55. Il cambio EurJpy, mantiene una price action negativa, incontrando le stesse difficoltà di recupero dell’eurodollaro. Posto che crediamo che il livello di svolta rialzista si trovi tra 99.50 e 100 (suggerito, come visto i giorni scorsi, dal transito della linea di tendenza negativa che insiste da novembre e da un’interessante area di minimi precedenti), nel frattempo è possibile individuare un livello di resistenza a 98.50.

Il cable continua a trovare un suo equilibrio prossimo al livello di svolta di 1.5475. Sembra piuttosto complesso individuare la tendenza che il cambio potrà assumere nei prossimi giorni, consci del fatto che ci si trova molto vicino all’area di svolta di 1.53-1.5350. Forse può valer la pena osservare il cambio in attesa proprio di quest’area per fare del trading. Il cambio EurChf, anche dopo la conferma di attenzione al livello di 1.20 da parte della Banca Centrale, non si allontana dal livello prossimo a 1.2125. Ripetiamo che più il cambio scenderà verso il livello indicato anche di recente, più dovremmo prestare attenzione. La tendenza per il momento sembra di sfida nei confronti di questa idea della SNB dato che, di fondo, il trend rimane negativo.

Il cambio UsdChf ha mostrato ieri mattina l’importanza di un livello precedente andandone a confermare perfettamente il livello: si parla di 0.9465 che anche per le prossime ore potrebbe avere un peso per il nostro trading. Concludiamo con il dollaro australiano che, anche ieri, è andato alla ricerca del massimo di riferimento precedente di 1.0380, senza però raggiungerlo perfettamente. Il vantaggio della valuta australiana potrebbe portare presto il cambio AudUsd a rompere il massimo che tiene da inizio novembre e far così continuare la tendenza positiva dei prezzi, che da metà dicembre sembrano aver ritrovato nuova linfa vitale.
 

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