Quanto vale la politica monetaria

Cos’è la politica monetaria? È l’insieme di strumenti, obiettivi e interventi adottati dalle banche centrali per modificare e orientare l’emissione di moneta, il credito e la finanza, al fine di raggiungere obiettivi prefissati di politica economica. Gli obiettivi si distinguono in finali e intermedi. I primi sono gli stessi della politica economica (prezzi, occupazione, sviluppo). La politica monetaria però si occupa di raggiungerne uno o più manovrando le variabili monetarie (tasso di interesse o quantità di moneta in circolazione). In genere, il principale intento assegnato alla politica monetaria è cercare la stabilità dei prezzi. Infatti il perseguimento di questo è il maggior contributo che può dare alla crescita economica nel medio periodo.

I più importanti obiettivi di politica economica (sostegno dell’occupazione, redistribuzione della ricchezza) difficilmente possono essere raggiunti senza l’adozione di interventi di politica monetaria. È chiaro che la politica monetaria (insieme alla politica dei redditi e dei prezzi, alla politica fiscale, alla politica della spesa pubblica, ecc.) rientra negli strumenti attraverso i quali lo Stato assolve la sua funzione di controllo del sistema economico. Se ad esempio il governo, sia di uno Stato che di un’area economica, come Europa o America, considera la piena occupazione un obiettivo fondamentale di politica economico- sociale, esso dovrà adottare una politica monetaria espansiva, attraverso un aumento della liquidità nel sistema, che consenta un rilancio degli investimenti produttivi. La politica è considerata “espansiva” se si incrementa la dimensione dell’offerta di moneta, attuata con una diminuzione del tasso di interesse, o allentamento quantitativo. Si dice invece essere in “contrazione” se si tende a ridurre il volume dell’offerta di moneta, tramite l’aumento del tasso di interesse. Così, la politica monetaria è descritta come “accomodante” se la banca centrale con un allentamento quantitativo, cerca di rilanciare un’economia “stagnante”.

Quando invece al contrario l’economia tende a “surriscaldarsi” cioè ad avere un tasso di inflazione troppo elevato, allora la politica monetaria messa in atto dall’istituto centrale, è “restrittiva” per arginare appunto la troppo elevata crescita dei prezzi. Gli interventi di politica monetaria modificano quindi la massa monetaria in circolazione (direttamente o indirettamente) e provocando una successione di cambiamenti e di ripercussioni nell’intero sistema economico. Quindi, per semplificare, si può dire che la politica monetaria consiste negli interventi stabiliti dagli appositi uffici della banca centrale al fine di modificare l’offerta di moneta al fine di perseguire determinati obiettivi di politica economica.

La banca centrale: il suo ruolo fondamentale

La banca centrale è l’autorità monetaria per eccellenza. È un ente pubblico indipendente (o quasi pubblico) con un mandato esplicito ed esclusivo di controllare le condizioni del mercato della moneta e del credito di una nazione o di un’area dove circola la stessa valuta. Il principale compito è quello di mantenere la stabilità dei prezzi. La banca centrale è spesso definita come la “banca delle banche”, in quanto vigila, coordina e finanzia le banche commerciali, senza avere normalmente rapporti direttamente con altri clienti al di fuori delle stesse banche commerciali. Stampa ed emette monete e banconote (il “circolante”) e svolge anche un ruolo di garanzia dell’intero sistema monetario e creditizio. Il ruolo che viene accreditato e considerato come fondamentale per una banca centrale, è quello di fornire alle attività economiche, una quantità di moneta sufficiente per permettere di realizzare alle medesime i propri potenziali di crescita e sviluppo. D’altra parte, deve dosare la massa in modo tale che la valuta mantenga un valore il più possibile stabile. Per questo motivo il suo impegno è finalizzato ad impedire che si verifichino situazioni economiche sia inflattive, che al contrario, deflattive. Entrambi questi fenomeni, infatti, sono indesiderati e nocivi. In presenza di inflazione crescente, a titolo di esempio, gli istituti centrali possono innalzare i tassi di interesse per ridurre la massa monetaria acquistata contro titoli di Stato. Oppure nel caso contrario, agiscono fornendo liquidità al mercato e aumentando la riserva frazionaria per ridurre i prestiti delle banche, tramite un allentamento quantitativo, termine spesso usato in inglese quantitative easing. L’insieme dei provvedimenti con i quali l’istituto centrale regola l’approvvigionamento di moneta e gestisce la massa monetaria in circolazione prende il nome di politica monetaria. La conduzione della politica monetaria viene svolta dalla banca in modo tale che l’economia possa crescere e svilupparsi in tutti i settori in modo sano ed equilibrato, cercando al contempo di mantenere stabile l’incremento dei prezzi.

Le reazioni dei mercati alle mosse delle banche centrali

Il corso dei mercati finanziari, dipende tra le altre cose, sia dalle aspettative degli investitori sullo sviluppo economico, sia dalle decisioni prese in ambito di politica monetaria. Come abbiamo visto, una diminuzione della massa monetaria in circolazione causata, da un innalzamento dei tassi d’interesse si ripercuote, ad esempio, sull’andamento degli affari: in genere la borsa perde slancio. Inversamente, con un allentamento della politica monetaria le prospettive economiche si rasserenano, generalmente a beneficio dei corsi azionari. La tendenza dei tassi di interesse indica, quindi, lo stato di salute dell’economia.

Durante le fasi espansive, a causa sia dell’intensificarsi delle pressioni inflazionistiche che della maggiore domanda di credito da parte di imprese e consumatori, si verifica un aumento dei tassi di interesse. Ciò provoca una diminuzione delle quotazioni delle obbligazioni e degli strumenti a reddito fisso in generale, mentre i corsi azionari e le materie prime, pur proseguendo nel loro rialzo, si avvicinano ai loro massimi. A un certo punto, la crescita dei tassi, sulla scia dei rialzi del costo del denaro per reprimere l’inflazione, diviene il maggiore ostacolo alla continuazione dell’espansione ciclica dell’economia, determinando poi l’effettiva diminuzione delle pressioni inflazionistiche e la riduzione della domanda di credito.

Ciò determina la svolta verso l’alto delle quotazioni obbligazionarie, mentre i corsi azionari e le materie prime proseguono il loro ribasso. Il mercato obbligazionario svolge quindi un duplice ruolo anticipatore, sia nei confronti del mercato azionario sia nei confronti del ciclo economico. Ricerche condotte in materia di cicli economici hanno evidenziato, nel passato, come il mercato a reddito fisso americano (attraverso l’indice T-bond), abbia anticipato i massimi e i minimi del ciclo economico con circa 17 mesi di anticipo. Quindi i periodi di politica monetaria espansiva sono associati ad una forte performance dei titoli, ovvero dei rendimenti superiori alla media e con un rischio inferiore alla media. Invece, periodi di politica monetaria restrittiva in genere coincidono con un andamento dei titoli deboli, cioè di rendimenti inferiori alla media e superiori al rischio medio. Le società a bassa capitalizzazione sono più sensibili rispetto alle società a grande capitalizzazione ai cambiamenti dettati dalla politica monetaria.

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