Aste bond e BCE: mercato con più fiducia?

Il mercato ha avuto bisogno di qualche ora per digerire i risultati delle aste sui titoli di stato spagnoli ed italiani e le parole del Presidente Draghi, ma alla fine sembra che il verdetto sia chiaro: l’appetito per il rischio è andato ad aumentare in tarda serata e questo si è riflesso sul dollaro americano, che è stato venduto in maniera generalizzata per procedere all’acquisto di valute a più alto rendimento. Ci arrivano delle eccezioni dalle commodity, dove abbiamo assistito ad una forte discesa del petrolio che dopo aver spazzato via i supporti in area 101.00 è giunto a vedere 98.54, molto vicino al primo punto di attenzione statico passato, passante esattamente 20 punti più in basso, mentre l’oro, dopo gli storni molto meno evidenti che sono arrivati in area 1.634,00, ha ricominciato a salire ed ora si trova all’attacco delle resistenze  (tutta l’area compresa tra 1.650,00 e 1.665,00).

Le notizie più importanti che ci sono arrivate riguardano sia i bid to cover delle aste dei titoli sovrani, sia e soprattutto dai rendimenti battuti, in generale calo rispetto alle collocazioni precedenti. Partendo dal nostro Paese, ieri sono stati collocati 8.5 miliardi di Bot a scadenza un anno, titoli che hanno offerto dei rendimenti al 2.375%, in netto calo rispetto al 5.925% di dicembre. Molto bene anche le aste iberiche, dove sono state collocate le scadenze 2015 e 2016. Rispettivamente abbiamo avuto un bid to cover di 1.80 e di 2.21, con rendimenti ben inferiori rispetto ai precedenti (2015 a 3.384% vs 5.187%). Sul fronte BCE intanto, i tassi di interesse non sono stati variati, decisione presa all’unanimità dal board e la politica monetaria dell’istituto di Francoforte è stata definita da Draghi accomodante, con la precisazione che la Banca si muoverà in caso di necessità sul fronte della politica monetaria. Sono arrivate parole descrittive dello stato dell’economia, ancora in stallo ma che dovrebbe mostrare segni di lieve miglioramento nel corso del 2012, con un’inflazione che dovrebbe rimanere sotto controllo anche se esiste qualche rischio di rialzo a causa dei prezzi delle commodity. Si è parlato in maniera estesa anche delle operazioni di LTRO, che sono state ben accolte dal mondo bancario e che verranno riproposte il prossimo febbraio.

Ebbene, questi rifinanziamenti a tre anni che sono stati richiesti in maniera massiccia dal mondo interbancario sono la prova, secondo Draghi, di come queste misure non convenzionali “stanno fornendo un contributo sostanziale a migliorare la situazione di finanziamento delle banche, oltre che a supportare le condizioni di finanziamento e a dare una mano alla fiducia”. Per quanto riguarda il fiscal compact, di cui ha parlato anche Monti in parlamento dichiarando che una volta che esso dovesse essere siglato, probabilmente assisteremmo ad una reazione di maggior rilassatezza della BCE, Daghi ha preferito non commentare, pur facendo capire che prima si raggiunge un accordo di questo tipo, meglio è (leggasi: firmare a gennaio e non a marzo). Infine, è stata ribadita l’urgenza e l’importanza che il Fondo Salva Stati sia pienamente operativo e c’è stato una sorta di elogio per i Paesi che stanno attuando delle riforme importanti e strutturali. Niente di nuovo insomma, ma questo, congiuntamente al primo fattore analizzato, hanno prodotto i movimenti valutari che vedremo ora.

Dal punto di vista tecnico, concludiamo la settimana con il buon recupero della moneta unica europea, compiuto negli ultimi due giorni di scambi. I motivi del movimento sono già stati esaminati, quello che cerchiamo di capire ora sono le possibilità che questo movimento, di breve, ha di impensierire quello più di lungo. I 200 punti di salita da mercoledì stanno permettendo all’eurodollaro di oltrepassare la resistenza posta a 1.2850 e di poter quindi puntare diretto al secondo livello di attenzione, di poco inferiore a 1.30: su questo livello troviamo il transito della media mobile di breve su un grafico orario (21 exp), notando come da inizio novembre stia delimitando con costanza il movimento in calo, così come possiamo trovare il transito della trendline negativa che insiste sempre dai primi di novembre. Crediamo non ci siano dubbi che il livello che possa portare ad una vera ripresa della moneta unica si trovi qui. Lo spazio che ci separa da questo livello potrebbe essere coperto senza per questo portare ad un cambiamento di tendenza. Il doppio minimo di 1.2665, seppur lontano, servirà ad anticipare eventuali ulteriori cali.

Finalmente il cambio UsdJpy ha interrotto la routine dei giorni scorsi andando a rompere il range conosciuto… di 15 pip! Ovviamente stiamo ironizzando sul fatto che il massimo di movimento atteso per il cambio è davvero limitato. È molto complesso fare trading con queste premesse, anche se l’ulteriore avvicinamento al minimo di riferimento di 76.60 comincia a interessare i trader. Il cambio EurJpy si trova più vicino al prima segnale di svolta rialzista, rispetto all’eurodollaro. La trendline che ha spinto i prezzi in calo da inizio novembre transita a 99 nelle prossime ore. Non dimentichiamo che i successivi livelli di conferma si trovano a 100 e 101 figura. Il movimento del cable di ieri, possiamo considerarlo come una conferma dell’interesse dimostrato dal mercato per l’area di supporto che, nel lungo periodo viaggia compresa fra 1.53 e 1.5350. Nonostante il recupero di più di 90 pip non possiamo considerare fuori pericolo il cambio che si trova ancora troppo vicino al livello di svolta di lungo. Ricordiamo come su quest’area si concentrano i minimi dell’ultimo anno e mezzo di trading.

Anche il cambio GbpJpy ha mostrato un inizio di recupero, che ben presto potrebbe trovarsi a fare i conti con il massimo di ieri a 118.10 e dare vista così ad un possibile doppio massimo. Intorno a questo livello, 118.30 su grafico orario, transita anche la media di lungo periodo, lasciandoci intendere la possibilità di un cambiamento di tendenza oltre la rottura di quest’area. Il cambio EurChf, dopo aver raggiunto il nuovo minimo dal 20 settembre scorso, a 1.2085, ha evidenziato una ripresa sino al livello di 1.2125. Non cambia il pensiero di prestare la massima attenzione a sfidare l’idea molto forte della SNB di difendere il livello di 1.20, come livello di massimo apprezzamento per la valuta di casa anche se, ad onor del vero, quello che ci viene presentato da un grafico, per esempio orario, è un trend ribassista da tre settimane a questa parte. Il recupero di tutte e valute, a discapito del dollaro, ha premiato anche il dollaro australiano che ha mostrato, nella notte, un movimento di nuovo avvicinamento al livello di massimo di riferimento posizionato a 1.0380. Il supporto di breve, al movimento rialzista, si trova a 1.03 ed è suggerito dalla tendline che congiunge i minimi crescenti degli ultimi tre giorni di scambi.

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