Yen e franchi: allarme rosso?

Quella che ci apprestiamo a vivere sarà una giornata, con tutta probabilità, molto movimentata da punto di vista della volatilità. Due i fattori di attenzione. In ordine di importanza mettiamo al primo posto il franco svizzero, che contro euro si sta pericolosamente continuando ad avvicinare a quota 1.2000, pur essendo stati più volte redarguiti dalla Svizzera, che in due occasioni questa settimana, tramite il ministero delle finanze, ha ribadito la forte volontà di difendere quello che è il livello massimo di forza tollerabile per la valuta elvetica al fine di non compromettere ulteriormente le esportazioni verso l’area euro (circa il 70% del totale del Paese) e di non arrivare ad incorrere nel pericolo reale di pressioni deflazionistiche, il mercato sta spingendo a ribasso e, come spesso accade, le parole delle banche centrali ottengono, almeno in un primo momento, l’effetto opposto rispetto a quello desiderato.

Stiamo attenti perché, come ribadito più volte negli ultimi tempi, se dovessimo continuare a vedere pressioni ribassiste che fanno avvicinare le quotazioni al livello incriminato, in caso di una sua rottura potremmo assistere ad aumenti violenti di volatilità verso il basso prima di vedere l’intervento della SNB, che comunque, a nostro parere, possiede la liquidità necessaria per difendere le proprie idee. Il secondo tema scottante del giorno riguarda lo yen giapponese, che contro dollaro americano è sceso in maniera pesante nelle primissime ore del mattino, in concomitanza a movimenti di ribasso sul Nikkei e come conseguenza delle parole del primo ministro Yoshihiko Noda, che ha sollecitato la Banca Centrale nella lotta al rafforzamento dello yen, che di fronte ad un mondo che ci ha comunicato l’intenzione degli States di mantenere i tassi ai livelli eccezionalmente bassi che conosciamo e che sta prendendo continui sberloni sulla guancia europea, potrebbe continuare la sua strada di rafforzamento, andando a mettere in ulteriore difficoltà soprattutto il settore delle esportazioni. Anche qui, di fronte a tali dichiarazioni, sta succedendo l’opposta del desiderata, stiamo attenti dunque alla tenuta dei supporti che vedremo nella sezione di analisi tecnica, una loro rottura potrebbe portare al test dei minimi.

Per quanto riguarda il dollaro americano invece, ieri ha continuato a battere nuovi minimi di breve periodo contro la maggior parte delle valute, segnando quelli mensili contro euro, sterlina e franco svizzero, mentre a due mesi contro le commodity currencies. Ora siamo in fase di distribuzione, questo non significa che vivremo momenti di calma. L’ultimo appuntamento di analisi tecnica della settimana si apre con la continua direzione rialzista dell’eurodollaro che, dopo la sbandata di martedì, ha potuto riprendere il proprio cammino grazie alla Fed. Quello che pensavamo potesse risultare come primo livello obiettivo di 1.32 è stato avvicinato ieri in giornata, con un massimo toccato a 1.3185. Per le prossime ore crediamo possa continuare a rimanere valido, come livello di resistenza, mentre come supporto a questa rinnovata price action positiva troviamo due livelli distinti. Il primo, nonché più vicino, si trova a 1.3050 ed è rappresentato dai massimi del cambio mostrati tra lunedì e mercoledì; il secondo, invece, si trova a 1.30 ed è indicato dal transito della linea di tendenza positiva, nonché dal transito della media a 200 periodi su grafico con candele a 4 ore.

Stupisce il cambio UsdJpy con 250 pip coperti tra martedì e questa notte. Il movimento quasi speculare di salita e successiva discesa riporta i prezzi all’interno di un range più che mai conosciuto, allontanando di fatto la speranza di una ripresa di uno qualsiasi dei trend. 77.30 si è dimostrato un interessante livello di supporto, prima di essere oltrepassato e divenire, così come lo è stato per tre settimane, il livello di più interessante resistenza. Giunti di nuovo a 77 figura possiamo riutilizzare 76.55 come livello di supporto per la giornata. Il cambio EurJpy ha lasciato sul terreno più di una figura da ieri, dopo che a fatica era giunto prossimo al livello di rottura di 102.50. L’evoluzione positiva dei prezzi dipende, a questo punto, dalla tenuta della trendline positiva che ha avuto origine la settimana passata e che indica un supporto dinamico a 101 figura.

Il cable sembra consolidare nei pressi del massimo raggiunto in area 1.57 con alle spalle due importanti livelli di supporto: il primo si trova a 1.56 ed è suggerito anche in questo caso dalla trendline positiva delle ultime due settimane, mentre il secondo è dato dall’area di congestione di 1.55-1.5525, che per varie ragioni continua a risultare interessante.

Specularmente ad un eurodollaro in salita vediamo un cambio UsdChf in calo. Mentre a 0.92 figura è evidente una zona di congestione il prossimo obiettivo a questo calo si trova in area 0.91 figura. Questo rappresenta il 50% di ritracciamento del movimento in salita compiuto dal cambio fra la fine di ottobre e l’inizio di gennaio (0.8575 e 0.9580). Dobbiamo necessariamente essere ripetitivi sul cambio EurChf, dato che non ci sono segnali di inversione di quel trend negativo che da metà dicembre mostra una strada a senso unico. 1.21 è la resistenza da oltrepassare mentre il fatidico livello di 1.20 (di cui anche sopra in apertura abbiamo parlato) risulta per varie ragioni il supporto.  Concludiamo con il dollaro australiano che compie ogni giorno di più un passo per il ritorno a 1.0750. Troviamo vari supporti in questo trend particolarmente positivo: il primo si trova poco al di sotto di 1.06 figura.

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