Mercato poco convinto

Si è appena conclusa una settimana che si sarebbe dovuta rivelare come fondamentale per scoprire le sorti della moneta unica, eppure non ci sembra che il mercato abbia svelato le proprie intenzioni… Una modesta ripresa, giovedì, è stata fortemente contrapposta, venerdì, da un calo che ha riportato la valuta europea sui minimi delle ultime tre settimane di scambi. Forse il mercato non vede ancora la parola “fine” sulla pericolosa vicenda greca? In breve, crediamo di si. Pensiamo che, nonostante i forti sacrifici economici compiuti da una parte del mercato, ci si sia resi conto che la soluzione trovata per scongiurare un default incontrollato della Grecia potrebbe solamente aver spostato temporalmente il problema: è vero che i fondi saranno sbloccati e permetteranno di far fronte alla scadenza da 14 miliardi di euro per il 20 marzo prossimo, ma nel medio e lungo periodo nasceranno nuove incognite.

Qualcuno, infatti, ha già cominciato ad interrogarsi su cosa possa attendere la Grecia. Come può un paese che sta facendo i conti con piani di austerity molto stringenti centrare gli obiettivi imposti da FMI ed Eurogruppo, già difficilmente raggiungibili da paesi che si trovano a livelli decisamente differenti da quello a cui si trova la Grecia (pensiamo al 120% del debito pubblico rispetto al PIL imposto come obiettivo tra otto anni esatti)? In questo medesimo modo potrebbe pensarla l’agenzia di rating Moody’s che ha portato, così come Fitch qualche giorno prima, il rating dello stato ellenico a livello minimimo di C, affermando che questo swap del debito rappresenta un fallimento controllato.

E non sembrano rassicurare nemmeno le richieste del Fondo Monetario Internazionale, che da venerdì sembra premere affinché sia aumentato lo stanziamento per la Grecia dai 23 miliardi prospettati sino ai 28 attualmente necessari (ancora poca cosa rispetto ai mille miliardi di danno stimati al sistema finanziario globale, nel caso in cui si fosse riusciti a salvare lo Stato).
In questo contesto la rilevazione dei Non Farm Payrolls di venerdì, risultata in aumento rispetto le attese a 233 mila unità, e il tasso di disoccupazione stabile al 8.3%, assumono un significato ancora maggiore, dato che la buona tendenza mostrata dall’economia USA potrebbe essere un ulteriore motivo per abbandonare il Vecchio Continente per il Nuovo.

Con ancora troppe incertezze che aleggiano sul mercato, passiamo alla sezione di analisi tecnica che si apre con l’eurodollaro che, come dicevamo prima, si trova in una condizione inversa a quella mostrata sino a venerdì mattina. I prezzi hanno lasciato sul terreno qualcosa come 200 pip con una prospettiva integralmente negativa, data anche la rottura del minimo di riferimento precedente che potevamo osservare a 1.31 e che, per ben tre volte la settimana passata, ha arrestato il dollaro da un ulteriore apprezzamento. Il minimo del 16 febbraio scorso, 1.2975, torna a risultare come punto obiettivo di questo calo che trova in 1.3125 il livello di svolta a rialzo. Abbiamo visto come il cambio UsdJpy continui il proprio percorso in salita amplificato, venerdì, dalla rottura del massimo precedente di 81.85. I prezzi sono giunti a 82.60 che è il livello più alto raggiunto dal 27 aprile scorso. La rottura dell’ultimo livello appena visto, almeno stando alle percentuali di ritracciamento di Fibonacci (era infatti il 61.8% del movimento in calo compreso fra 85.50 e 75.60), dovrebbe avere aperto la strada per un ulteriore salita sino a rivedere livelli prossimi a 85. Questo (81.85) si candida inoltre a supporto per le prossime ore.

Passiamo a dare uno sguardo al cambio EurJpy, che ci permette di notare un livello interessante per le prossime ore. Parliamo di 107.50 dove abbiamo osservato alcuni tentativi di rottura a ribasso mancati e dove possiamo notare, inoltre, il transito del primo supporto indicato dalla teoria dei ritracciamenti secondo di numeri di Fibonacci (in questo caso il 38.2%). Resistenza per le prossime ore è rappresentata da 108, massimo dall’apertura di ieri sera e punto di transito della media di breve su grafico con candele orarie. I 175 pip di calo del cable, compiuti in due giorni dall’area di congestione di 1.5830, hanno permesso un avvicinamento al livello di supporto più importante degli ultimi mesi. Rimordete certamente come nelle settimane passate si sia ampiamente parlato di 1.5650 e di come questo livelli sia stato provato parecchie volte sino da gennaio. Si teme che una rottura possa innescare un ulteriore movimento di ribasso sino a raggiungere 1.5570.

Con tutto quanto visto sull’euro è abbastanza singolare che il cambio EurChf continui a viaggiare in range giornalieri compresi in 10 pip. Ma come diciamo sempre, meglio affidarsi a ciò che si vede tramite i grafici… Continuiamo, quindi, a pensare alla media di lungo, oggi 1.2075, e all’area di congestione, 1.2125, come livelli di svolta rialzista, anche se in effetti appaiono distanti come non mai. Dopo qualche tentativo di rottura, compreso fra mercoledì e venerdì, il cambio UsdChf è riuscito ad oltrepassare il livello statico di resistenza posto a 92. Certo i prezzi in questo momento non vi si trovano lontani, anche se questo movimento ha aperto la strada per un ritorno a 0.93 figura, massimo del cambio di metà febbraio scorso. Concludiamo con il dollaro australiano, che sta avendo anch’esso vita difficile contro il biglietto verde. Non ha fatto bene, in questo caso, leggere che le esportazioni cinesi sono aumentate ad un ritmo inferiore rispetto alle attese oltre che è stata pubblicata la maggior rilevazione del deficit commerciale vista negli ultimi 22 anni. Il cambio si sta pericolosamente avvicinando al minimo di martedì in area 1.0510 sapendo che questo, con facilità, potrà permettere al cambio di giungere sino al successivo 1.0475.

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