CHI METTERA’ I CAPITALI PRIVATI? – Ma poiché il fondo Atlante, che di recente ha rilevato 2,2 miliardi di euro di Npl delle tre ex “good bank” acquisite da Ubi Banca pagandoli il 32,5% del valore lordo di libro (ossia 715 milioni, di cui 200 di finanziamento e fino a 515 milioni di mezzi propri), ha finito le risorse, a pagare il conto potrebbero essere nuovamente le banche “sane” di maggiori dimensioni, in assenza di qualsivoglia investitore interessato a venire in soccorso. Solo dopo l’arrivo di capitali freschi privati, potrà quindi partire la ricapitalizzazione precauzionale.
DEVE CAMBIARE IL MODO DI FAR BANCA IN ITALIA – Un’operazione prevista dalla legge “salva risparmio” con cui lo stato italiano ha stanziato fondi per complessivi 20 miliardi (ma di questi almeno 6,6 miliardi dovrebbero essere iniettati in Mps, a fronte di 2,2 milioni di oneri addossati agli investitori istituzionali privati). A mancare non sono dunque i capitali, quanto la volontà (soprattutto privata) di investirli: per come viene svolta ora in Italia con istituti stretti tra la continua crescita dei crediti deteriorati e l’evoluzione “disruptive” promossa dalla fintech, l’attività bancaria continui infatti ad essere troppo poco redditizia e troppo rischiosa per attrarre investitori. Le banche italiane, popolari e non, saranno in grado di cambiare o dovranno rassegnarsi a un ruolo sempre più marginale?