Addio Lugano bella. Game over per i furbetti

Che tempi quelli degli spalloni. Il denaro passava dall’Italia alla Svizzera romanticamente sui sentieri delle Alpi. Ma di romantico c’era ben poco. Si trattava di soldi per lo più prodotti dall’evasione fiscale che negli anni 60 del secolo scorso era praticata soprattutto dagli industriali. Certo, di là dalla frontiera si portava anche denaro onesto, proprio per rifugiarsi dai mali dell’Italia: i rapimenti, il terrorismo, la paura dei comunisti, l’instabilità politica un fenomeno che l’Italia non si è fatta mai mancare. Bastava far passare la frontiera a un pacco di lirette e la vita sembrava più serena. La solidità del franco svizzero. I banchieri facevano pagare commissioni salatissime solo per aprire un conto, ma quello poco importava.

L’importante era la sicurezza. Negli ultimi anni del 900 si sviluppò la fantasia: professionisti del traffico di valuta affittavano appartamenti costruiti proprio sulla linea di confine, con la casa in Italia, magari, e il giardino in Svizzera; si organizzavano pullman di pensionati in gita Milano-Lugano con pranzo al sacco e dotazione di 19 milioni e 900 mila lire (quota massima consentita per l’esportazione) che veniva poi raccolta da un fiduciario in svizzera. Insomma tra romanticismo ed evasione, tra fantasia e furbizia.

Soprattutto però di là dalle Alpi si sono accumulate fortune nere da ogni parte del mondo, compresa quella dei narcotrafficanti, dei dittatori di ogni razza, del malaffare mondiale. E ora il paese del piccolo bengodi soprattutto per gli evasori e per tutto il resto sta per chiudere i battenti. Per la verità ci vorrà forse ancora qualche anno, ma ormai la sorte sembra segnata. Così ha deciso la signora Eveline Widmer-Schlumpf, presidente del governo di Berna e responsabile delle Finanze che ha messo in discussione l’inviolabilità de segreto bancario, uno dei “must” della Svizzera insieme agli orologi e al cioccolato, ma che ha consentito di “lavare più bianco” ossia di riciclare nel tempo quantità spaventose di denaro. Ma c’è di più.

Anche gli Stati Uniti come hanno già fatto Regno Unito e Germania non possono permettersi di ignorare quell’immenso tesoro accumulato dai loro cittadini nei forzieri delle banche svizzere. E altrettanto ha intenzione di fare il governo di Mario Monti. I conti di quanto sia grande la ricchezza accumulata in Svizzera li ha fatti Vittorio Malagutti in un articolo per Il Fatto Quotidiano: “Si calcola che le 320 banche della Confederazione gestiscano patrimoni per oltre 4.500 miliardi di euro. Più della metà di questo tesoro proviene da Paesi stranieri. La sola Italia avrebbe contribuito con 150 miliardi. Una stima per difetto, probabilmente. I banchieri temono che la semplice possibilità di un accordo sulla tassazione dei capitali esportati illegalmente sia sufficiente a mettere in fuga buona parte dei clienti. E questo sarebbe un problema serio per un’economia come quella elvetica in cui il settore finanziario produce oltre il 10 per cento del valore aggiunto complessivo”.

Peggio ancora, se la signora Eveline Widmer-Schlumpf andrà avanti nei suoi intendimenti il mondo finanziario elvetico subirà una rivoluzione epocale. “Il dovere di diligenza dei banchieri va esteso per evitare che giungano nei nostri istituti di credito fondi stranieri non dichiarati al fisco”. Ecco, testuali, le parole della ministra Widmer-Schlumpf che tre mesi fa hanno acceso le polemiche. “Se una simile riforma andasse in porto”, scrive ancora Il Fatto, “sarebbe una mezza rivoluzione. Adesso i banchieri hanno il dovere di fare ogni accertamento possibile sulla provenienza del denaro depositato dal cliente. Se c’è il sospetto che i soldi siano il frutto di attività criminale allora scatta l’obbligo di denuncia all’autorità anti-riciclaggio. Il governo di Berna, questa la novità, vorrebbe che le verifiche del funzionario di banca fossero estese anche alle questioni fiscali. Non pagare le tasse diventa un crimine e quindi il cliente sospetto evasore va denunciato, proprio come il riciclatore del denaro della droga. E se un Paese straniero dovesse chiedere assistenza in un’indagine, anche amministrativa, su una presunta evasione tributaria, la banca svizzera sarebbe obbligata a fornire le informazioni richieste”.

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