Posta del pf: supermanager, guadagni e polemiche

Se c’è un tema che suscita ogni volta risentimento sia da parte di chi viene tirato in ballo sia da parte di chi legge certe cifre è quello dei compensi ottenuti ogni anno (o al momento della liquidazione) dai grandi manager di banche e imprese italiane. In un Paese dove non si è mai pienamente affermata l’etica calvinista del lavoro secondo cui ciascuno va valutato per quello che vale, ossia in base al valore che ha saputo creare con la propria attività, mentre continuano a esistere, anche se appaiono in declino, salotti buoni, relazioni di potere, cordate di manager e banchieri quando non nomine eminentemente “politiche” (che peraltro non sono mai mancate né mancano tuttora neppure in Paesi come la Francia, gli Stati Uniti o l’Inghilterra la cui stampa sovente “bacchetta” l’Italia su questo e altri temi) chi scrive con eccessiva disinvoltura delle cifre guadagnate (e debitamente segnalate nei bilanci aziendali) dai maggiori capi azienda italiani viene spesso tacciato di populismo da manager e banchieri medesimi, magari nel frattempo assunti a più elevati incarichi pubblici o privati che siano.

D’altra parte il tema per sua natura non smette mai di sollevare la curiosità, a volte “pelosa”, di chi cifre a nove zeri difficilmente può sperare di guadagnarle in tutta la sua vita ma è pronto a censurare severamente l’operato di chi simili compensi porta a casa anche in tempo di crisi. Hai voglia a predicare moderazione, etica e necessità di fare sacrifici a cominciare dai vertici: che ci si chiami Marchionne o Profumo, Passera o Arpe, Geronzi o Nagel ogni volta che sui giornali escono fuori cifre di compensi milionari scoppia inevitabile la polemica, che a volte segue anche quando i manager o i banchieri in questione rinunciano pubblicamente a tali compensi. È capitato a Sergio Marchionne quando qualche settimana fa ha preferito rinunciare (come già nel 2010) agli emolumenti per il lavoro svolto nel 2011 in Chrysler, si è ripetuto con la decisione di Alessandro Profumo di non farsi pagare per il ruolo di presidente appena assunto in Mps.

Chi critica queste decisioni, come fa Mauro, un lettore di BLUERATING, sottolinea di solito come sia fin troppo “facile” fare un bel gesto quando si siano già guadagnate nel corso della propria carriera alcuni milioni di euro. Gli interessati ufficialmente ribattono molto raramente e quando lo fanno ribadiscono di non voler cercare un gesto “populista” ma di voler dare l’esempio che in tempi difficili sono i leader a dover dare per primi l’esempio, come in altri Paesi a cominciare dagli Stati Uniti, dove peraltro i massimi manager e banchieri guadagnano non alcuni milioni di euro, ma decine o centinaia di milioni di dollari negli anni più fortunati, salvo rinunciare per uno o due anni ad ogni compenso in fasi di crisi economica o di ristrutturazione delle proprie aziende. Ai posteri la valutazione, risultati alla mano, di chi avrà avuto ragione.

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