Com’è strana la vita. Soprattutto sotto gli strali di Giove. Solo sei mesi fa il primo ministro greco Papandreou, stretto tra le richieste durissime della Ue capeggiata dai soliti tedeschi e i dubbi del suo popolo davanti al piano di austerity, il primo novembre 2011 pensò di indire un referendum affinché i greci si esprimessero sul piano di aiuti e le misure di rigore concordati con la Ue il 27 ottobre. In sostanza, voleva sapere se ai greci interessava ancora restare nel sistema euro. La reazione dei mercati fu terribile e costrinse Papandreou a rinunciare al referendum. Più che altro, a far fare marcia indietro al primo ministro greco furono le minacce dei vertici comunitari di congelare la seconda tranche di aiuti da 8 miliardi di euro.
Poco dopo Papandreou si dimise, vittima, si disse allora, della politica eurorigorista dei tedeschi. Sono passati sei mesi e siamo tornati al punto di partenza. Però alla rovescia. I tedeschi vorrebbero che i greci, insieme alle nuove elezioni del 17 giugno, votassero per lo stesso quesito che intendeva porre Papandreou: “Cari cittadini, volete restare nell’euro?”. La notizia di richiesta di referendum è stata smentita dal governo tedesco qualche giorno dopo che aveva fatto il giro del mondo. Probabilmente i tedeschi vorrebbero davvero, adesso, quel referendum ma non possono dirlo apertamente: sarebbe una grave ingerenza di uno Stato straniero sugli affari interni di un altro Stato sovrano. La verità è che comunque i greci di fatto voteranno per restare o meno nell’euro.
Se vinceranno i partiti storici, o quantomeno riusciranno ad avere i consensi necessari per formare un governo di emergenza nazionale in grado di rispettare le richieste della Ue, la Grecia andrà avanti; se invece vinceranno le forze emergenti antieuropeiste di estrema destra ed estrema sinistra che alle precedenti elezioni hanno avuto una buona affermazione, allora sarà fatta l’euro-frittata. Ma rispetto a sei mesi fa l’Europa è cambiata e non poco. E sono cambiate anche tante cose sui mercati: la Borsa di Milano ha lasciato sul terreno il 15%, quella di Madrid la bellezza del 25%, un po’ per colpa dello spread, molto per il peggioramento delle prospettive economiche. Francoforte ha invece guadagnato il 7%. Per la famosa legge di Trilussa, non è andata poi così male all’indice Eurostoxx, che raggruppa tutti i Paesi della zona euro, che in questi sei mesi ha registrato un bilancio finale di -1,8%.