Saxo Bank: aspettare, sperare e investire

 La crisi ormai regna indisturbata da più di 4 anni. Una situazione iniziata nel 2007 e che ha avuto il picco nel 2009, cui i governi hanno risposto con una politica definita “aspetta e spera”: cioè rimandare continuamente il confronto inevitabile con il problema della solvibilità, stampando denaro e fingendo che questa fosse la soluzione reale alla crisi. Ogni crisi ha tre fasi distinte: rifiuto, protesta e nuovo mandato per un cambiamento reale. In questo momento, secondo Steen Jakobsen, chief economist di Saxo Bank siamo nel picco della fase. L’esperto della banca danese traccia quattro possibili scenari a fronte di una possibile uscita della Grecia dalla zona euro.

Riduzione dell’“aspetta e spera” (probabilità del 35%): è la conseguenza di un default sregolato della Grecia, che lascerebbe la zona euro senza pagare i propri debiti. Questa situazione porterebbe ad una forte pressione sui paesi periferici e il mercato (future Stoxx50) toccherebbe il minimo del 2009 a 1765. L’investimento ideale prevede un 50% del portafoglio in cash, un 25% in posizioni short su cfd su indici globali o locali e un restante 25% in obbligazioni corporate di alta qualità.

Continuazione dell’“aspetta e spera” fino alla “giapponesizzazione” (probabilità del 45%): sarebbe l’incubo peggiore per la maggior parte delle persone in Europa e vedrebbe i governi continuare a tagliare i tassi e attuare misure di aumento della liquidità; un fallimento non porterebbe necessariamente ad un arresto (basti pensare al Giappone). In questa situazione è necessario avere assett class e un orizzonte temporale che protegga la crescita e rendimenti lenti: 25% su oro/argento, 15% su altre risorse tangibili quali prodotti agricoli ed energetici (etf o cfd su commodity a seconda dell’orizzonte temporale di investimento), 25% in cash, 10% in obbligazioni corporate e 25% in azioni ad alto rendimento.

Germania per la salvezza (probabilità del 15%): per assicurare la sopravvivenza dell’unione attuale, la Germania, che ha sempre finito per supportare la Ue all’ultimo minuto, dovrebbe firmare una garanzia illimitata per il resto dell’Eurozona, misura non consentita dalla costituzione. Se, però, dopo l’uscita di due paesi dall’unione la Germania accettasse la formazione di una fiscalità integrata a livello europeo e la svalutazione della moneta unica, l’Europa sarebbe “salva”. In questo caso, Jakobsen consiglia un portafoglio diviso tra azioni di aziende solide (50%), corporate credits (25%) e bond italiani e spagnoli (25%); inoltre, essere short sul cambio euro/dollaro è un must in questo scenario.

Rivoluzione e guerra (probabilità del 5%): è la situazione meno probabile e prevede una perdita di fiducia nelle banche, nei governi e nella valuta locale, con conseguente avvicinamento al baratto. Non esiste una strategia di investimento veramente buona per questo scenario: comprare fisicamente oro, argento e altre risorse tangibili è l’unica soluzione.

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