Real Estate, Ionta: Miami è la Venezia del 2000

Il 39enne Federico Maria Ionta (nella foto, n.d.r.), amministratore delegato di First-The Real Estate, lo diceva già nel 2008. Con il forte calo della moneta americana e le conseguenze della crisi dei mutui, i prezzi degli immobili apparivano convenienti. Era arrivato il momento di investire. Solo a determinate condizioni, però, e non certo ovunque. Per esempio, Miami era più interessante di New York. E fuori dagli Stati Uniti il discorso portava a Panama.

Noi lo incontriamo quattro anni e svariati investimenti dopo all’Eire di Milano, l’evento dedicato al real estate in corso dal 5 al 7 giugno. Il manager, nato a Roma nel 1973, ci dice: “Non solo non abbiamo fatto male a comprare, ma ci siamo accorti che all’epoca non abbiamo acquistato abbastanza”. E fa una previsione: tra un po’ – uno o due anni – l’Europa sarà quello che gli Stati Uniti erano allora. Conclusione: i mesi a cavallo tra il 2013 e il 2014 potrebbero essere un buon momento per fare shopping nel Vecchio Continente. In Spagna, per esempio, dove adesso c’è l’affanno per la bolla immobiliare esplosa tra le mani delle banche.

Concentriamoci sull’oggi. “Noi abbiamo notato un aumento del numero di italiani che chiedono di investire all’estero. Oltre alla fascia di potenziali acquirenti più preparata, da circa cinque mesi si sta affacciando il piccolo risparmiatore. Il taglio medio per l’investimento in questo caso è di 150mila, ma partiamo dai 130mila”. L’obiettivo è investire in posti che garantiscano certezza del diritto, rapporto di conversione positivo della moneta, regolamentazione edilizia e immobiliare, agevolazioni fiscali e incentivi per l’investimento, oltre al particolare momento storico del Paese prescelto. In una parola, gli Stati Uniti.

In questo quadro, la risposta che ancora oggi dà First-The Real Estate è Miami. E Miami Beach. “I valori sono risaliti”, spiega Ionta. “È di pochi giorni fa una transazione da 25 milioni di dollari”. E chi ha comprato? “Un italiano, attraverso una fiduciaria”. Un italiano famoso? “No”, taglia corto Ionta, che aggiunge: “Comunque nel 2011 il volume delle transazioni è aumentato”.

E Manhattan, come la vede? “Manhattan è conservativa, come Londra. Trovo che abbia già dato. Meglio Miami: è vicina al mare, è la città dove i ricchi dell’America del sud mandano i figli a studiare, è comunque vicina al nord. È la Venezia del 2000. Come seconda opzione, rilancio su Panama. Al terzo posto, direi di aspettare un paio d’anni e magari tra un anno o un anno e mezzo puntare sulla Spagna”.

Da monitorare, poi, quei posti in cui si stanno consolidando ampie fasce di consumatori. Quindi, la Cina. Ma anche il Vietnam. “Alla luce dei nostri requisiti – certezza del diritto, moneta, regolamentazione e momento storico – direi che non è ancora arrivato il momento di entrare per comprare. Semmai, in quei Paesi bisogna vendere. E lo stesso vale per il Brasile e il Messico, che sta crescendo”. Alla larga, poi, dalle mode stile Dubai o Berlino.

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