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La Fsa britannica insieme al Cftc di Chicago (il più importante mercato di materie prime e derivati del pianeta) ha messo sotto inchiesta il mercato del Libor e dell’Euribor. Cosa c’entrano autorità finanziarie con il mercato dei tassi d’interesse? È frutto della ossessiva finanziarizzazione (brutto neologismo) di tutti gli aspetti dell’economia. Il Libor e l’Euribor, la misura media dei tassi d’interesse praticati in un periodo e luogo definiti, sono indubbiamente fondamentali per il costo dei finanziamenti, ma sono divenuti ancora più importanti quali “sottostanti” di tantissimi strumenti derivati. In questo modo la manipolazione dei tassi d’interesse tocca tutti gli strumenti finanziari che abbiano come sottostante diretto o indiretto il Libor o l’Euribor. Le conseguenze non sono di poco conto: vanno dal tasso d’interesse sui mutui di ogni misura, a partire dal credito al consumo, ai derivati coi quali le imprese si tutelano dalle oscillazioni del tasso d’interesse per arrivare a colpire i mercati e gli investitori specializzati in strumenti derivati.

Solo per i derivati sull’Euribor si parla di operazioni per oltre 220mila miliardi di dollari. Le conseguenze di questa manipolazione sono enormi: riguardano i mercati di tutto il pianeta e tutti gli operatori, da chi s’indebita a chi finanzia a chi investe, senza contare l’incidenza che i tassi d’interesse esercitano sui cambi e quindi nei rapporti tra gli stati. Sembra impossibile una simile manipolazione, eppure è avvenuta. Il Libor è frutto della media dei tassi praticati da 16/20 banche, mentre l’Euribor ne coinvolge una quarantina. Balza subito all’occhio la difficoltà di praticare la manipolazione da parte di un solo attore: occorre il concorso di più banche. Questa compartecipazione di più banche non è stata ancora appurata, ma è fin troppo facile prevedere che, se le indagini proseguiranno, altri correi salteranno fuori e dovranno essere sanzionati come Barclays. Un secondo punto rilevante è l’eventuale coinvolgimento di autorità di vigilanza, non per un’omissione di controllo, ma per una vera e propria partecipazione se non gestione della manipolazione. In tutti le leggi sul market abuse vi è un’esenzione all’applicazione delle norme punitive laddove le autorità agiscano per l’interesse della collettività o comunque che le autorità siano chiamate a tutelare.

Nel caso di specie appare difficile individuare questo interesse pubblico. Anzi al contrario. Simili manovre decettive, con ricadute su milioni di persone e di situazioni, minano pesantemente la credibilità del mercato in cui avvengono e dovrebbero allontanarne gli operatori seri e onesti. Per quanto riguarda l’Italia, per ora non vi sono prove o tracce del coinvolgimento d’istituiti od operatori domestici, anche se è lecito più di qualche sospetto. E questo non può riguardare solo le manovre sui tassi d’interesse. È sufficiente guardare ogni giorno l’ altalena dello spread (ormai concentrato quasi per definizione sui bund e sui nostri Btp, ma che riguarda tanti altri strumenti) e i prezzi dei singoli titoli quotati. In particolare si assiste ogni giorno a variazioni percentuali dei prezzi dei titoli bancari, in questa fase di mercato i più delicati, apparentemente immotivate, spesso vicine e a volte anche superiori al 5%. Sono variazioni eccessive. Anche in un mercato “sottile” come quello italiano dovrebbero almeno indurre al sospetto che si tratti di manovre manipolative o, in qualche caso, anche di insider. Vista l’importanza dei settori coinvolti (tassi bancari e primarie aziende nazionali) sarebbe opportuno che l’attenzione su simili situazioni non fosse limitata alle autorità del settore (di solito abbastanza flemmatiche nell’attività investigativa), ma che intervenisse lo stesso governo e non la piccola procura di Trani (magari classificata tra quelle in via di estinzione). Per ora però tutto tace e nessuno si muove.

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