Posta del promotore: la dimensione non è tutto, ma aiuta

Ennio Doris non ha dubbi: in un settore dove il punto di pareggio per le società si è alzato molto negli ultimi anni, situazioni di crisi come quelle di Banca Network Investimenti non rappresenteranno più un’eccezione, anzi, “non vedremo solo Banca Network, ce ne saranno altre”. Anche senza arrivare a casi di dissesto, “i piccoli comunque hanno poche speranze”, secondo Doris, dato che “questo è un mercato di grandi aziende che hanno la possibilità di investire tanto”. Ma non tutti i lettori di BLUERATING sembrano pensarla allo stesso modo del fondatore e azionista di riferimento di Mediolanum, come “Marco” che ribatte: “Too big to fail? L’avevano già detto di altri colossi e puntualmente sono stati smentiti dalla storia. Non ha insegnato niente Lehman Brothers?” Come dire che le difficoltà nell’attuale fase di mercato possono cogliere tanto le piccole come le grandi strutture, e in effetti ci sono diversi esempi a sostegno di questa tesi.

Come la vicenda di Barclays, coinvolta in uno scandalo con l’accusa di aver manipolato la fissazione del tasso Libor e nel frattempo alle prese con un ripensamento strategico della propria presenza in mercati come l’Italia, fino a ieri dichiarati strategici (e su cui si erano più volte annunciati ulteriori piani di crescita). O di Aviva, assicuratore britannico che ha appena annunciato l’intenzione di uscire da un terzo circa delle sue attività ristrutturando 16 delle sue divisioni tra cui alcune partnership in Italia, a causa dell’eccessiva esposizione a bond sovrani europei a fronte di minori e più volatili riserve rispetto ai propri concorrenti. Vicende che dovrebbero far riflettere sul fatto che forse piccolo non è sempre bello, ma certamente neppure la dimensione è l’unica cosa che conta. Anche perché, ricordano a BLUERATING alcuni analisti del settore, in questi anni chi ha cercato attraverso una crescita dimensionale di raggiungere economie di scala “importanti” raramente è riuscito nel suo intento, mentre alcune realtà di nicchia sembrano aver trovato un proprio modus operandi sufficiente a garantire una certa redditività.

Così “Beppe” commenta ironico: “30 anni fa leggevo: in Europa resteranno tre case automobilistiche. Più o meno sempre le stesse profezie”. Già, ma nel frattempo il numero di produttori automobilistici in Europa (e negli Usa) è realmente calato. Su una cosa Doris pare comunque aver ragione e i lettori gliene danno atto: gli investimenti per offrire un supporto alla struttura commerciale in termini di strumenti e competenze a fronte di leggi che cambiano continuamente non sono trascurabili. Il che in un mercato che vede margini reddituali da tempo sotto pressione potrà portare a nuove operazioni di fusione e acquisizione, sia pure con la consapevolezza che le dimensioni non sono tutto, almeno nell’ambito della promozione finanziaria.

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