Rbs non aumenterà i bonus (ma non è detto sia un bene)

RBS RINUNCIA A CHIEDERE BONUS PIU’ ELEVATI – Royal Bank of Scotland Group, il maggior gruppo creditizio britannico tuttora a controllo pubblico (il Tesoro inglese tramite U.K. Financial Investments Ltd controlla l’80% del capitale della banca, salvata dal fallimento nel 2008) ha abbabonato il suo piano per cercare di convincere gli azionisti, ossia il Tesoro stesso, ad approvare bonus variabili pari fino al doppio dei compensi fissi, dopo che il governo inglese aveva fatto sapere di volersi opporre al piano.

 A PAGARE SARANNO I CONTRIBUENTI – La decisione del governo inglese (che l’anno prossimo dovrà affrontare un test elettorale forse decisivo) appare agli occhi di molti operatori squisitamente populistica, dato che per competere con concorrenti come Barclays, la seconda maggiore banca britannica per asset (che giusto due giorni fa ha ricevuto il via libera dagli azionisti a distribuire incentivi variabili per un ammontare fino al doppio dei compensi fissi), dovrà inevitabilmente alzare la componente fissa delle retribuzioni o rassegnarsi a perdere i trader e i banchieri d’affari migliori, in grado di generare maggiori volumi e margini per l’istituto.

COSTI FISSI RISCHIANO DI AUMENTARE – In entrambi i casi a perderci rischiano di essere i contribuenti, ma Rbs potrà almeno dire di ottemperare alle norme dell’Unione europea che nel tentativo di prevenire una futura crisi finanziaria stanno spingendo le banche a ridurre i bonus variabili, ponendo come limite massimo proprio un rapporto di 2 a 1 rispetto alla retribuzione fissa e chiedendo agli istituti di sottoporre all’approvazione dei soci la distribuzione di bonus di ammontare superiore alla retribuzione fissa (come si prepara a fare, tra gli altri, Deutsche Bank). Della serie: la strada dell’Inferno è sovente lastricata di buone intenzioni o, se preferite, il lavoro (e le retribuzioni) non si creano né si difendono per decreto, specie nel caso di mercati aperti alla concorrenza.

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