Loser (Arca Fondi): “Il boom dei Pir non si ferma”

Con l’istituzione dei Pir (Piani individuali di risparmio), “si è dato vita a una nuova asset class capace di creare un circolo virtuoso tra investitori, aziende e distributori di prodotti finanziari. Una leva capace di rilanciare la crescita economica del Paese”. Ugo Loser , amministratore delegato di Arca Fondi Sgr, inttervistato da ASSET CLASS (nella foto la copertina) traccia un bilancio ampiamente positivo dello strumento introdotto a inizio 2017 che prevede la detassazione dei redditi derivanti dagli investimenti che dedicano almeno il 21% del loro portafoglio alle medium e small cap italiane, con l’impegno a non uscire nei primi 5 anni.

Il primo anno dei Pir si è chiuso con una raccolta di 11 miliardi di euro, cinque volte superiore alle attese iniziali. Ma nelle ultime settimane c’è stato un ritorno della volatilità: potrà rallentare la crescita?

Non credo. Il successo dei Pir non
è congiunturale, ma il frutto di un cambiamento del paradigma nel mercato. Sta avvenendo una migrazione importante della ricchezza finanziaria delle famiglie dai titoli di Stato e dalle obbligazioni bancarie verso il risparmio gestito.
I primi rendono pochissimo e lo
scenario non muterà a breve, mentre
i bond bancari, alla luce del bail-in, difficilmente torneranno attrattivi per i piccoli investitori. Grazie all’innovazione normativa dei Piani di risparmio, si incentiva l’investimento di lungo termine
e si creano le condizioni per una diversificazione globale. Infatti i fondi Pir possono investire anche su aziende di grandi dimensioni e su realtà che operano su tutti i mercati e sono poco dipendenti dai consumi interni, fermo restando il vincolo del 21% per le società esterne al Ftse Mib.

Con tanto denaro in arrivo su imprese di ridotte dimensioni e poche aziende quotate non c’è
il rischio che si crei una bolla, destinata a esplodere prima o poi?

I multipli dello Star e dell’Aim non sono distanti da quelli di altri listini dedicati alle medie e piccole aziende. Detto questo, credo che nei prossimi mesi assisteremo a un’accelerazione delle Ipo. Il processo di quotazione non è rapido e il successo di chi è arrivato in Borsa negli ultimi mesi è un incentivo per altre imprese che hanno in animo di aprirsi al mercato.

Qual è la vostra offerta nell’ambito dei Pir?


Abbiamo cinque prodotti in questo ambito: Arca Economia Reale Bilanciato Italia 30, Arca Economia Reale Bilanciato Italia 55, Arca Economia Reale Equity Italia, Arca Azioni Italia e infine Arca Economia Reale Bilanciato Italia 15, che abbiamo lanciato da poco. Per quanto ci riguarda, al momento abbiamo già raccolto oltre 1 miliardo e puntiamo a mantenere una quota di mercato intorno al 10%. Considerato che il mercato nel suo complesso è destinato a crescere, significa che cresceremo anche noi in maniera importante.

Negli ultimi tempi si assiste a un fiorire di Spac nel mercato italiano. È un’opzione che considerate i vostri portafogli?


Siamo prudenti su questo fronte, ma qualche iniziativa che ci piace c’è:
come sempre, dipende dal prezzo di mercato e dalla credibilità dei proponenti. Ragionando in termini generali, i veicoli che si quotano in Borsa per raccogliere capitali, che poi utilizzano per acquisire un’azienda con la quale fondersi (con solo quest’ultima che resta quotata, n.d.r.), sono interessanti per favorire lo sviluppo dell’economia italiana.

Prima ha fatto riferimento alle obbligazioni bancarie, che non torneranno più a inondare il mercato. Come si finanzieranno le banche una volta terminati Qe e Ltro?

Non potendo finanziare le passività, tenderanno a cartolarizzare gli attivi, per esempio le carte di credito, i mutui e i prestiti, ma dovranno farlo con grande attenzione per evitare i problemi che nel 2007-2008 hanno portato all’esplosione del fenomeno subprime.

Arca Fondi è tra le poche sgr che ha il processo di investimento completamente ubicato in Italia. Come è organizzato?

Essere in Italia per noi è fondamentale perché ci consente di dialogare in maniera continuativa con il management, visitare periodicamente le aziende, insomma avere informazioni di prima mano per
poi scegliere i titoli sui quali investire. Abbiamo una struttura con competenze multidisciplinari, dal rischio credito ai modelli di analisi specializzati per settori, oltre a un team che assembla i risultati ottenuti a seconda dei prodotti da strutturare. Ci siamo dotati di un modello di gestione dinamica del rischio, in modo da proporci come fabbrica prodotto focalizzata sulle esigenze dell’investitore retail. Il nostro obiettivo primario è offrire al cliente, di volta in volta, le opportunità migliori che si presentano
sul mercato, nella consapevolezza
che ottenere performance elevate in maniera sostenibile è il modo migliore per consolidare la relazione nel tempo.

Cosa cambia per voi con la Mifid 2?

La direttiva europea porta benefici a chi fa della trasparenza un tratto caratteristico. Inoltre tende a valorizzare le fabbriche prodotto. Dunque ci aspettiamo ricadute positive.

Quale potrà essere a suo avviso la prossima frontiera da sviluppare nel mercato italiano del risparmio gestito?

Mi attendo un decollo della previdenza complementare nel medio termine,
alla luce della sempre minore capacità della mano pubblica di rispondere alle esigenze dei cittadini-contribuenti. Perché ciò avvenga servono però innovazioni normative, a cominciare dall’obbligatorietà della sottoscrizione
di fondi pensione o di Pip da parte di tutti i lavoratori. Una mossa di questo tipo porterebbe subito 25 miliardi di euro aggiuntivi sul mercato.

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